Il saggio concerne il ruolo che la responsabilità da prodotto difettoso è suscettibile di svolgere nel governo dei nuovi rischi insiti nello sviluppo delle tecnologie digitali, tenuto conto di alcuni profili problematici, tra cui il concetto di prodotto (e di produttore), nonché quello di difetto (con le connesse questioni relative all'accertamento dello stesso). L'analisi dei suddetti profili viene svolta, oltre che sulla base della interpretazione della pertinente disciplina, anche alla luce di alcuni recenti esperimenti di soft law. The essay deals with the role that liability for defective product is likely to play in the governance of new risks inherent in the development of digital technologies, taking into account some debated aspects, including the concept of product (and producer), as well as the concept of defect (and its assessment). The analysis of these issues is carried out not only on the basis of the interpretation of the relevant legislation, but also in the light of recent forms of soft law regulations.
Soft law, as law not legally binding in the traditional sense, can be approached in a systematic perspective. Particularly, soft law raises two central issues: the mechanisms of compliance to soft law and its relationship with the law, or, better, with hard law, that is law legally binding. In European Union order the systematic perspective emerges with greater clarity: European soft law regulates relations between the European institutions; it is halfway between the sources of law and institutional gover nance. In the European dimension, soft law is a particular tool that removes an original "vice of competence" of the Union. In this way soft law recalls the implied powers of the European institutions, as it erodes in the same way the spheres of competence of the Member States. But even at national level, the lack of binding force in the traditional sense hides the political force of soft law: soft law represents a typical source for legal order which asks for instruments other than the formal procedures of constitutional institutions.
From Kant's cosmopolitan proposal, over and above its placing w it h in t he more specif ic space of doctrine of right, important elements emerge in connection with the project of a "critiue of reason", considered in all its architectural extension, and therefore, ultimately, in relation to what Kant really means by "human reason". And indeed - this is the hypothesis that guides the present work - precisely starting from what the treatment of cosmopolitan law reveals about the complexity of the concept of reason it becomes possible to understand in a theoretically informed way the meaning of the political-legal proposal that pervades Kant's late maturity. In order to verify this hypothesis, the present paper aims, first of all, to highlight the elements of tension in Kant's text which, if they do not always justify, certainly encourage the proliferation of various, of ten no t reconcilable readings of cosmopolitan law and the theme of hospitality; secondly, it aims to reconsider cosmopolitan law in a broader perspective, linked to the way in which Kant conceives the relationship between humanity and rationality; and finally, in the light of this perspective, to re-examine the antagonistic tension that, within the Kantian concept of hospitality, runs through the relations between visitor and visited, host and guest.
L'indagine è dedicata all'esame della disciplina delle società a partecipazione pubblica ed, in particolare, delle società c.d. "legali", muovendo in prima battuta dall'interrogativo relativo alla rilevanza, a fini "qualificatori", dell'interesse pubblico quale profilo ordinante dell'azionariato pubblico da un punto di vista "politico-economico" – e dunque quale dato di rilevanza meta-postiva – ovvero quale elemento di qualificazione della fattispecie, in senso proprio, delle società medesime. Le riflessioni che ne seguono si sviluppano, in primo luogo, tenendo conto del progressivo affievolimento, nel nostro ordinamento, della distinzione tra "pubblico" e "privato" quali "insiemi regole" il cui presupposto di applicazione è da ravvisare nella "qualità" e nella natura del soggetto agente nei rapporti di diritto privato. Previa analisi diacronica della traiettoria seguita dal legislatore in materia di società pubbliche e previa illustrazione del panorama normativo odierno delle società a statuto singolare, l'indagine si sofferma (i) dapprima, sulla esposizione, in chiave critica, dell'orientamento caratteristico della giurisprudenza e della dottrina amministrativa, nelle quali è invalsa – ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile – la tendenza a riqualificare le società di che trattasi, con assimilazione di esse agli enti pubblici; e (ii) in un secondo momento, ferma la ritenuta non omologabilità delle richiamate tesi "riqualificatorie", si è ritenuto di poter individuare il proprium delle c.d. società legali, a fattispecie esclusiva, negli effetti determinati dalla costituzione legale, da intendere quale sottrazione alla disponibilità delle parti della libera attuazione del programma associativo, nella quale sottrazione è dato ravvisare - anche per effetto dell'interpretazione analogica dell'art. 2451 cod. civ. - l'interesse pubblico sotteso alla costituzione della società medesima. Interesse, questo, al quale deve conformarsi, in termini di coerenza e congruità, in concreto, l'attività sociale e, dunque, l'interpretazione della disciplina di diritto comune societario. ; This PhD thesis deals with the examination of rules regarding State-owned companies, especially the so-called "società legali", i.e. companies which specific statute is entirely (or in part) codified and regulated (for that company) by the Legislator or the Government. The starting point of the enquire is the question about the legal nature of these companies, since their qualification from a politic and economic point of view is important to understand if they have to follow or not special laws. In this framework, the identification of public interest for public shareholders is a decisive element. Reflections follow on the gradual fading of the distinction between "public law" and "private law" as rules whose application does depends on the "quality" and legal nature of the agent. After a diachronic analysis both of the historical evolution of State-owned companies which statute has been regulated by laws, and of legislative and regulatory framework of nowadays State-owned companies, the enquire focuses on jurisprudence and doctrine, underlining the difference between the thought of public and commercial law scholars. In particular, while public law scholars developed the tendency to re-qualify companies assimilating them to public authorities/public bodies, from the private law point of view there is the awareness that this assimilation is not approvable, since the core of the problem lies in the effects produced by the legal set of norms regulating the statute of the State-owned companies, to be understood as a subtraction to shareholders (both public and private ones) of free implementation of the company "programmed activity" as the result of the predominance of public interest, with which the company has to comply. ; Dottorato di ricerca in Diritto ed economia: interessi rilevanti e tutele (XXIV ciclo)
Dottorato di ricerca in Diritto dei mercati: crisi, diritti e regolazione ; La presente ricerca ha ad oggetto la eventuale configurabilità nell'ordinamento giuridico italiano di risarcimenti con funzione anche sanzionatoria e/o deterrente nelle ipotesi in cui la tradizionale funzione compensativa della responsabilità civile rischia di non assicurare un adeguato livello di tutela effettiva alle situazioni giuridiche soggettive lese (illeciti senza danno, microviolazioni, reati bagatellari, danni non patrimoniali). Il tema in esame si inscrive nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale concernente la natura mono o polifunzionale dell'istituto aquiliano. Per procedere allo svolgimento di necessarie riflessioni sul punto, si è preliminarmente focalizzata l'attenzione sugli ordinamenti giuridici che per primi hanno concepito rimedi ultracompensativi nell'alveo della responsabilità civile (Paesi di common law capitolo I, parte I), sull'evoluzione registratasi nel tempo con riferimento alle problematiche e agli inconvenienti che hanno occasionato. Altrettanto indispensabile si è rivelata l'indagine sugli argomenti di segno contrario alla configurabilità dei risarcimenti punitivi e/o deterrenti adottati nelle esperienze giuridiche dei principali Paesi di civil law e le aperture, più o meno significative, che si possono riscontrare in tali sistemi giuridici (capitolo I, parte II). Dato atto delle aperture in chiave punitiva del risarcimento presenti in giurisprudenza alla luce del diritto europeo al fine di garantire l'effettività della disciplina sovranazionale, degli orientamenti della Corte di Giustizia e della Corte di Strasburgo rilevanti per il tema in esame, delle problematiche poste dal diritto unionale e convenzionale, nonché dei tentativi di armonizzazione del diritto della responsabilità civile (v. capitolo II), si è ricostruita la evoluzione storica dell'istituto aquiliano – dal diritto romano ad oggi (capitolo III, parte I) – e notato che le regole della responsabilità civile sono state concepite per riparare un "danno" e quindi il deterioramento o la distruzione di un bene sia esso materiale o spirituale - a differenza di altre forme di tutela civile o pubblicistica - con la conseguenza che la introduzione di sanzioni civili punitive e/o deterrenti richiede necessariamente una espressa previsione legislativa (nazionale o europea) e l'osservanza dei principi di prevedibilità e di proporzionalità (tra risarcimento riparatorio-compensativo e risarcimento punitivo e/o deterrente e tra quest'ultimo e la condotta censurata). Di qui l'analisi delle ipotesi tipiche previste all'interno dell'ordinamento giuridico italiano che rispondono a tale finalità sanzionatoria e/o deterrente (capitolo III, parte I e II) e i relativi corollari sostanziali e processuali muovendo, alla luce della disciplina della fattispecie e della conformazione dell'effetto giuridico, dalla necessaria differenziazione tra risarcimenti con funzione anche punitiva e/o deterrente (capitolo III, parte II) e altre obbligazioni pecuniarie non risarcitorie, misure di coercizione indiretta o istituti sui generis riconducibili alla disciplina dell'arricchimento ingiustificato ovvero di altre obbligazioni indennitarie (capitolo III, parte I). Conclusa l'opera di inquadramento giuridico degli istituti implicati nell'attività di ricerca, sono state esaminate le controverse ipotesi di risarcimenti con funzione anche punitiva e/o deterrente e i profili problematici derivanti dal potenziamento della prevenzione e/o sanzione dell'illecito civile esaminando le aperture de jure condito e de jure condendo prospettabili nell'ordinamento giuridico italiano. ; This thesis is focused on punitive damages in Italian private law in the light of main Common law and Civil law perspectives. The latter object, particularly controversial, is widely discussed in doctrine and recent case law incresased interest in the subject manner. Although Italian private law knows different civil sanctions, there are no specific legislative (formal) provisions on "punitive damages". Neverthless some authors underline that traditional compensatory function of tort law (aquilian liability) could not ensure adeguate and effective protection in many problematic situations concerning infringments of rights. For example, mere compensation is not an effective method to deal with personality right infringements; undercompensation situations could take place in mass tort litigations, lucrative breach of contract or calculative torts; moreover, public enforcement does not produce satisfactory results in all situations of wrongdoing. In this sense, punitive damages could improve private enforcement of tort law, deterring and punishing wrongful conducts in society. In order to find out whether this civil remedy is avaible in Italy, it is firstly necessary to understand the meaning of punitive damages, the main characteristics and issues that it has dued in American and English common law (Cap I, par. II). Secondly it is necessary to focus on the reasons for the non-existence of punitive damages in continental Europe, the debate and possible developments in European civil law systems (Cap. I, part. II). The discussion addresses the positions of the European Court of Human Rights, the legislator of the European Union and the Court of Justice of the European Union on punitive damages, the increased attention and need for effective preventive, dissuasive and proportionate sanctions related to European law and the contribute to the enhancement and harmonization of tort law in Europe (PETL and DFCR) with particular reference to this subject matter (Cap. II). The research diffusely focuses on Italian tort law – from ancient Roman law tradiction to nowdays – and the so called multy-functionality conception that – according to some authors and case law – belongs to the system of tort liability. (Cap. III, part I and II). Under this point of view, it is noticed that in Italian tort law, punitive damages are not ontologically inconsistent with the legal system, but a series of fundamental limits have to be observed. In contrast of common law systems, Italian Courts cannot increase the amount of damages pursuing the aims of deterrence and punishment by introducing punitive damages without a typical legislative provision. It is central to ensure the predictability of decisions (cases and condictions in which such award applies and its amount) and punitive damages must comply with the principle of proportionality (among compensatory damages and non compensatory damages and among these one and the wrongful conduct sanctioned or the seriousness of tort). Consequently the research examinates Italian legislative provisions characterized by punishment and/or deterrence in private law. It is important to underline that not all these provisions concern with tort liability. Some special provisions deal with others civil remedies or others civil punitive and/or deterrent sanctions (Cap. III, part I) with relevant corollaries in order to the substantial and processual discipline. In specific cases the amount of damages (or indemnities) is determined having regard to some profiles referred to the wrongdoer (such as seriousness of the offence, the reiteration of the wrong, the enrichment of the wrongdoer, his economic wealth etc.) and, at the same time, to the victim (economic and non economic losses he/she has suffered) (Cap. III, part II). In these hypothesis tort law, specially with regard to immaterial and non economical damages, could have a deterrent and/or punitive function in addition to the traditional compensatory aim. The research, after reviewing the state of art, ends with the possible future developments.
As a result of the economic crisis caused by the Covid-19 pandemic, the Italian Competition Authority, following other countries, has increased the use of moral suasion. In the context of antitrust law, this observation allows, on the one hand, to assess the impact of alternative instruments to the classic method that is usually applied in antitrust law: legislation, violation, formal warning, sanction. On the other hand, it suggests shifting attention from rules to behaviour, based on the belief that behavioural dynamics between the logical and mandatory contents of the rules and the actual consequences are underestimated. ; As a result of the economic crisis caused by the Covid-19 pandemic, the Italian Competition Authority, following other countries, has increased the use of moral suasion. In the context of antitrust law, this observation allows, on the one hand, to assess the impact of alternative instruments to the classic method that is usually applied in antitrust law: legislation, violation, formal warning, sanction. On the other hand, it suggests shifting attention from rules to behaviour, based on the belief that behavioural dynamics between the logical and mandatory contents of the rules and the actual consequences are underestimated.
Co-operative Law has a long tradition in European countries, like the Industrial and Provident Act in the United Kingdom in1852 or the Prussian Co-operatives Act in 1867. The European Union was no born to create a common law but to remove restrictions on the freedom of establishment. In 2003 the Statute for a European Co-operative Society was approved, but harmonization of European co-operative legislation was never carried out, not even for its most importante distinctive elements. In 2012 the European Commission presented a report about the application of the SCE Statute showing that the SCE Regulation has had relatively little success. The differences between the different legal systems are considerable, both in forma and in content. European Commission expressed its intention not to carry out the harmonization of the European co-operative legislation directly, but to support the harmonization proposals that the co-operative sector presented to it. El derecho cooperativo tiene una larga tradición en los países europeos, desde la Industrial and Provident Act de 1952 en Reino Unido o la Ley prusiana de cooperativas de 1867. La Unión Europea no nació para crear un derecho común sino para surprimir las restricciones a la libertad de establecimiento. In 2003 se aprobó el Estatuto de la Sociedad Cooperativa Europea, pero nunca se ha llevado a cabo una armonización de la legislación cooperativa en Europa, ni siquiera en relación con sus elementos más característicos. En 2012, la Comisión Europea presentó un informe sobre la aplicación del Estatuto de la SCE que mostraba que esta regulación había tenido relativamente poco éxito. Las diferencias entre los diferentes sistemas legales son considerables, tanto formalmente como por su contenido. La Comisión Europea ya manifestó su intención de no llevar a cabo la armonización de la legislación cooperativa europea directamente, pero sí apoyar las propuestas de armonización presentadas por el sector cooperativo.
Il principio di legalità in materia penale è circondato, oggi, da un'aura di paradosso. Per un verso, esso è considerato l'ovvio architrave di un sistema penale che, come quello italiano, si voglia ispirato ai principi della garanzia delle libertà individuali e della separazione dei poteri: pertanto, esso campeggia nei testi costituzionali e nei documenti internazionali sui diritti umani, e nei capitoli iniziali (quelli dedicati ai "principi fondamentali" della materia) di tutti i manuali di diritto penale. Per altro verso, invece, il destino del principio di legalità appare segnato. Il profluvio caotico delle leggi, il disordine delle fonti, la presenza di organismi sovranazionali (in particolar modo l'Unione europea) che riescono a determinare in maniera anche alquanto esigente la produzione di norme penali a livello interno, la crisi della democrazia rappresentativa e la virata verso la democrazia maggioritaria, le incrinature nella separazione dei poteri, l'esplosione del diritto giurisprudenziale anche in paesi di civil law, il diffuso disincanto verso qualche pretesa di oggettività o di razionalità dell'interpretazione giuridica, sono tutti fenomeni che mettono sotto tensione il principio di legalità in materia penale , e che rischiano di confinarlo nel novero dei relitti ideologici, delle mitologie ormai sfatate, delle pretese irrealizzabili. Scopo di questo saggio è provare a riaffermare l'importanza, e la possibilità stessa, del principio di legalità in materia penale. L'assunto di partenza è che, nonostante tutte le circostanze (come quelle sopra esemplificate) che ostacolano il pieno dispiegarsi delle potenzialità garantistiche del principio di legalità penale, la legalità penale sia un valore che non solo merita di essere perseguito, ma che è anche possibile perseguire. Non è un ideale irrealizzabile. E ciò che può essere realisticamente realizzato dell'ideale della legalità penale è, come cercherò di mostrare, strettamente imparentato con alcuni requisiti solitamente associati all'ideale del Rule of Law. Il mio discorso sarà dunque per un verso analitico e ricostruttivo sul concetto di legalità penale, e per altro verso normativo. I due piani di discorso saranno compresenti ma distinti: il lettore li individuerà e distinguerà facilmente.
This handbook is the result of three years of teaching European Union Transport Law to the law students of the University of Roma Tre.The course falls within the "Studying Law at Roma Tre" programme, which includes 14 classes entirely taught in English.Following these lines the handbook is divided into three modules, reflecting areas where the intervention of EU law has been most significant: air transport, rail transport, and passengers' rights. To each module we have annexed the most relevant judgments and decisions by the EU Courts and Commission which we found particularly useful to illustrate, from a practical point of view, the policies underlying EU transport law and the conflicting interests of the various stakeholders.Obviously there are other aspects which are touched by EU law, especially in the field of movement of goods, port infrastructures, and road safety, but we have preferred to focus, at least in this first edition, on the three aforementioned aspects.We hope that this primer – which is made available by Roma TrE-press to the whole European academic community on a freely accessible basis – will contribute to the development of the subject as a course offered to students who are and increasingly will be the main beneficiaries of the growing transport networks in the EU.
The aim of this article is to offer a general overview about how the Globalization is changing the evolution of the National Public Financial Systems. In fact, Financial Law - either for expenditures or for revenues - is not more a domestic topic. According with the globalization of the economic and social relationships, the classical expending and taxing powers, nowadays, are not possible to be exercised under the sole sovereignty of National Parliaments and Governments. A lot of financial rules, finally adopted by the States, arrive to their legal systems through soft law instruments produced on international, public and even private, institutions. The analysis of this phenomenon is here tackled with three practical examples: the so-called cooperative compliance approach to the tax relationships between States and taxpayers, particularly multinational enterprises (sec. 2); the Transfer Pricing regulations (sec. 3); and the Public Debt Measurement in European Union (sec. 4).
Il presente lavoro è dedicato alla soft law, che dobbiamo anzitutto cercare di definire o almeno di circoscrivere, non essendo riscontrabile un suo espresso riferimento in alcuna fonte del diritto. Per anni sono stati gli ordinamenti statali quelli su cui ha poggiato tutta la normazione. Più di recente, la globalizzazione ha interessato anche l'ambito giuridico, con uno sviluppo dell'ambito internazionale ed europeo, che spesso richiedono strumenti sufficientemente elastici, anche per potersi porre adeguatamente in rapporto con le diverse realtà dei vari Paesi e per poter provvedere a un'apprezzabile mediazione di interessi talvolta configgenti, creando un assetto unitario pur nel rispetto della diversità. La seguente tesi intende offrire un esame concernente gli strumenti di soft law che, con il passare del tempo, hanno fortemente permeato il nostro sistema delle fonti del diritto, andandosi ad affiancare o in certi casi a sostituire alle nostre fonti del diritto e il motivo della loro sempre maggiore diffusione. Verranno delineate le origini, il significato e le funzioni del termine e, a seguire, verrà presentata, senza alcuna presunzione di completezza, un'analisi delle diverse forme di manifestazione concernenti i molteplici "livelli", di questo fenomeno di produzione normativa. Un fenomeno che addirittura si delinea come alternativo a quello istituzionale per l'impossibilità di essere inserito nelle fonti di produzione di natura autoritativa, ma che, come verrà constato in seguito, ha la capacità di apportare ad esse un contributo non poco rilevante. Infine, verrà, con maggior dettaglio, analizzato il tema dell'Autorità nazionale anticorruzione e dell'accostabilità delle sue linee guida (contemplate dal d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) agli strumenti di soft law, poiché seppur di nuovo conio sono state già oggetto di numerosi saggi, studi ed interventi, dimostrando per facta concludentia l'importanza sia teorica che pratica del problema. Da tutto questo percorso cercheremo di evincere come la soft law si presenti come un fenomeno biforme in grado, da una parte, di contribuire al miglioramento della regolazione e della qualità democratica degli ordinamenti; ma dall'altra rischia di essere sul punto un fattore degenerativo.
This handbook is the result of four years of teaching European Union Transport Law to the law students of the University of Roma Tre.The handbook is divided into four modules, reflecting areas where the intervention of EU law has been most significant: air transport, rail transport, port services and passengers' rights.With the evolution of transport regulation in the EU in these last years and thanks to the success of the first edition (over 2000 downloads in 18 months), we have considered it useful to expand the topics presented in this primer. In particular we have added in this second edition a specific module on the painstaking process of opening port services to competition. Furthermore a paragraph has been added on the Single European Sky (SES) programme. The second part of the handbook includes the most relevant judgments and decisions by the EU Courts and Commission which we found particularly useful to illustrate, from a practical point of view, the policies underlying EU transport law and the conflicting interests of the various stakeholders.
This special dossier is the result of a Law and Narrative Workshop which took place at the University of Lucerne in the context of the IVR World Congress 2019. It collects papers of law and humanities scholars coming from Australia, Brazil, Holland, Italy, Switzerland and the United States. The authors apply in creative ways the lens of narrative to investigate the broader IVR theme of the relations between dignity, democracy and diversity, by reinforcing our conviction that nowadays 'narrative' should be considered not only a critical tool and means to interpret legal texts, but also a significant legal category that plays a crucial role in the processes of legal adjudication, case resolution, and social inclusion and exclusion.
Un'immagine dell'abuso del diritto è quella del fuoco sotto la cenere perché esprime il pericolo al quale espone legalità e colpevolezza. Sebbene l'ermeneutica penalistica sia vincolata, la materia tributaria rappresenta l'ultimo caso in cui forza normativa dei principi ed interpretazione teleologica hanno consentito incriminazioni in malam partem. Nemmeno la rilevanza costituzionale del bene consente di incriminare l'elusione oltre la riserva di legge: al giudice è vietato "creare un regime legale penale, in luogo di quello realizzato dalla legge". Il tema delle infrazioni di origine giurisprudenziale introduce una seconda accezione di legalità come concepita dall'art. 7 CEDU: la norma incriminatrice è valida allorquando - prescindendo dalla fonte - sia accessibile e prevedibile. Di fronte alla sentenza "Dolce e Gabbana" può affermarsi che incriminare l'elusione non è conforme alla legalità costituzionale, perché la commistione tra evasione ed elusione fiscale modifica il tipo in via interpretativa, né convenzionale perché le conseguenze non erano prevedibili quando furono realizzate le operazioni elusive. L'antagonismo delle concezioni di legalità trova soluzione avuto riguardo ai fini di garanzia. Se è contrario alla Costituzione accogliere un'idea di legalità-prevedibilità che prescinda dalla riserva di legge, la finalità di maggior garanzia possibile, esplicitata all'art. 53 della CEDU, non consente alternative alla sinergia: la legalità convenzionale sarà più garantista se integra quella costituzionale. La trasposizione sul piano interno della prevedibilità rileva sul distinto piano della colpevolezza, trova aggancio all'art. 5 c.p. e sposta la questione sulla conoscibilità dell'illecito. Alla rilevanza penale dell'abuso del diritto in materia tributaria ostava anche il principio di colpevolezza non potendosi muovere un rimprovero a fronte di un'ignoranza scusabile. L'affermata irrilevanza penale avrebbe dovuto spegnere definitivamente il fuoco dell'abuso del diritto, se non che alcune posizioni favorevoli al recupero in chiave di artificio espongono ancora il principio di legalità al pericolo di un fuoco sotto la cenere. ; Metaphorically speaking, the relationship between criminal liability and abuse of law may be described as a flame beneath ashes. In summary, a punishment based on the abuse of law is not consistent with the principle of legality recognized by the Italian Constitution: according to the Article 25, paragraph 2, in fact, no one may be punished except on the basis of a law enacted by the Parliament. Nevertheless, an infringement of the constitutional principle of legality occurred in the Dolce & Gabbana case where a criminal conviction for tax avoidance was pronounced by the Criminal Courts. In the lack of an express provision punishing tax avoidance, only tax evasion may be punished under Italian criminal law. Moreover, the punishment for tax avoidance was not foreseeable according to the principle of legality enshrined in Article 7 of the ECHR due to the fact that prior to the "Dolce & Gabbana" case tax avoidance was not qualified as an offence in the Italian case-law.
2010/2011 ; Sommario Il principio di legalità nel diritto penale sembra avere subito in tempi recenti quello che può definirsi il processo di eterogenesi dei fini. Quanto più esso ha trovato riconoscimento incontestato tra gi studiosi, affannati ad espungere le fonti secondarie, tanto più la fonte primaria ha smarrito i connotati che ne conclamavano il valore: per un verso, in attuazione del principio di uguaglianza, la generalità e l'astrattezza; per un altro verso, in attuazione del principio di garanzia statuito a vantaggio dei destinatari della norma, la descrizione precisa e pregnante del fatto illecito e delle conseguenze punitive. Se ben deve riconoscersi, come insegnato già da Aristotele, che spetta alla legge determinare "tutto quanto è possibile", restringendo il campo della libertà ai giudici soprattutto "perché il giudizio del legislatore non è particolare, ma riguarda il futuro e l'universale, mentre il componente dell'assemblea e il giudice giocano ogni volta su casi presenti e determinati", incorrendo così il rischio per "amicizia, odio o utilità particolare di non vedere sufficientemente la verità, ma il piacere o il dispiacere personale", allora è evidente come e quanto la fonte legislativa tenda attualmente a distaccarsi dai suoi fondamenti. Da un lato, la perdita di autorevolezza del legislatore determina un calo generalizzato della fiducia nella legge, vista come incapace di risolvere i nodi cruciali del diritto penale; dall'altro la giurisprudenza, "approfittando" di tale situazione, tende ad affermare la sua autorità mediante la correzione in via interpretativa dei supposti errori e delle lacune dei prodotti legislativi. Questi fattori determinano dubbi in ordine al valore oggi da attribuire alla legge, la cui supremazia dovrebbe derivare, non solo formalmente dall'organo rappresentativo che la emana, ma anche sostanzialmente da alcune peculiarità che dovrebbero caratterizzarla, quali generalità, astrattezza, stabilità, determinatezza, precisione, chiarezza, imperatività e razionalità. Tutte caratteristiche queste che sono state viste consuetamente come dirette a realizzare i valori di libertà, uguaglianza e sicurezza collettiva, di cui lo Stato si è fatto garante assoluto. Inoltre, la diluizione formale e sostanziale della sovranità, determinata, sul piano esterno, dalla moltiplicazione dei vincoli internazionali e comunitari e, su quello interno, dalla tendenza a sostituire, a livello di tecnica di regolazione giuridica, il precetto autoritario col metodo della negoziazione e del bilanciamento degli interessi dei rappresentanti dei poteri socialmente forti, solleva ulteriori perplessità sulla validità del principio di stretta legalità nel campo penale. Da non dimenticare, poi, come l'erosione del dogma, sempre alla base della legalità, della rigida sottoposizione del giudice alla legge, abbia favorito l'accrescersi dello spazio interpretativo lasciato alla giurisdizione. Procedendo con ordine, occorre subito rammentare che il senso più pregnante della garanzia apprestata dalla riserva di legge, come garantita dall'art. 25 Cost., nei confronti del c.d. potere punitivo non è solo quello della possibilità data all'individuo di regolare il proprio comportamento su una previa regola generale e astratta, ma è anche e soprattutto quello derivante dalla democraticità, che appunto individua nel procedimento legislativo il migliore sistema con cui prendere decisioni politiche. La crisi della riserva di legge consegue ad una crescente incapacità della stessa di dispiegare il suo ruolo di garanzia su entrambi i piani. Tralasciando i contorni davvero fittizi che ha assunto la garanzia della libertà di autodeterminazione offerta dalla legge al cittadino, ciò che qui rileva è la qualità della legge e della legislazione, pregiudicata dalla produzione quantitativamente inflazionistica e qualitativamente sciatta da rendere nulla più che una finzione la possibilità per il cittadino di orientare il proprio comportamento sulla base di una norma sufficientemente chiara. Ma l'aspetto che più preme è quello della garanzia recata della legge in ragione della sua democraticità, definibile come contenutistica. Su questo piano tre paiono le linee di caduta della legalità: la perdita di consistenza dello stesso principio democratico tradizionale; la trasformazione del sistema delle fonti e la loro proliferazione a scapito della legge; l'alterazione dell'originario equilibrio tra la legge e il potere giudiziario. Quanto al primo aspetto ci si interroga su quali siano i reali vettori che conducono la volontà popolare a trovare espressione nella legge, se i meccanismi della rappresentanza parlamentare o non, piuttosto, le interpretazioni che di tale volontà forniscono le concentrazioni massmediatiche e più in generale i potenti gruppi economici con la loro attività lobbistica; nel campo penale poi il carattere spesso emotivamente coinvolgente delle materie oggetto di disciplina penale finisce per accrescere il ruolo dei mass media nella formazione del necessario consenso sociale. Per quanto riguarda poi le conseguenze del passaggio al sistema maggioritario, è facile constatare come all'accentuato potere della maggioranza in sede parlamentare e governativa faccia riscontro la tendenza a protrarre il processo di formazione normativa presso gli organi di garanzia, quali Corte costituzionale e Presidente della Repubblica. Il fatto è poi che la democrazia non costituisce più l'unico asse su cui si regge il sistema istituzionale. In primo luogo si assiste al diffondersi dell'opera interpretativa dei giudici, per non parlare delle decisioni della Corte Costituzionale. Infatti, sebbene la Corte Costituzionale abbia consolidato un rigoroso self restreint quanto alle questioni di costituzionalità in malam partem, ciò non ha evitato, da parte della stessa, manipolazioni di disciplina talvolta davvero innovative e creative, con effetti favorevoli per il reo. Basti all'uopo pensare alle c.d. sentenze additive di principio, con cui la Corte dichiara l'incostituzionalità di una omissione legislativa: esse, enunciando anche il principio a cui dovrà ispirarsi il legislatore se e quando deciderà di provvedere, implicano, per un verso, forti limiti al quomodo dell'eventuale disciplina legislativa e, per altro verso, conferiscono da subito al giudice il potere-dovere di tradurre sul piano operativo il principio affermato. In secondo luogo, non è possibile non prendere d'atto che alla volontà e certezza alla base della legalità di stampo illuminista, in grado quindi di controllare previamente il conflitto di interessi, si è sostituita l'idea del diritto come strumento di governance dei plurimi interessi in gioco. Alla volontà unitaria del precetto penale si sostituiscono, più che le volontà dei giudici e delle parti chiamati a confrontarsi con la fattispecie, le valutazioni che essi opereranno per rendere la disciplina coerente con gli obiettivi strategici del sistema; dunque, governance al posto di volontà prescrittiva. Questo mutamento comporta nella pratica che alla rigidità descrittiva della fattispecie penale si sostituisca l'indicazione legislativa di parametri, criteri e obiettivi di disciplina; alla certezza della decisione giuridica, sintomo di onnipotenza del diritto, è subentrato l'equilibrio che è, invece, il risultato di un diritto che riconosce la molteplicità delle forze e la conseguente difficoltà delle scelte decisionali e per questo vi appresta degli strumenti per arrivarvi. In terzo luogo, non si può non osservare come la realtà, sempre più pervasa dalla tecnologia, abbia determinato lo spostamento del baricentro normativo dall'organo parlamentare all'apparato amministrativo, con tutta la fioritura di autorità indipendenti e organi tecnici dotati di specifiche competenze comprensive di poteri normativi. Quanto al secondo piano del discorso attinente alle fonti, si può osservare come la maggior parte degli atti parlamentari aventi un contenuto provvedimentale sono quelli elaborati all'esterno attraverso la c.d. contrattualizzazione del processo di formazione della decisione normativa, mentre le poche leggi di principio spesso assumono valore simbolico o si limitano a comporre il conflitto ideologico che sta alla loro base solo grazie a formulazioni ambigue e indeterminate, tali cioè da esprimere solo in apparenza una volontà parlamentare, rimettendo, nella realtà, la decisione agli organi dell'applicazione. Ma ciò che segna la crisi della legge penale è, come noto, l'incremento delle fonti primarie di origine governativa: dopo l'alt dato dalla Corte Costituzionale all'abuso del decreto legge, si è aperta la stagione del decreto delegato. I requisiti costituzionali della delegazione legislativa hanno subito un progressivo allentamento nella prassi, ma è soprattutto con l'invenzione dei decreti delegati correttivi che si è ottenuto il risultato di un prolungamento della delega che tende a stabilizzare nel Governo il potere di normazione primaria. In questo quadro si inserisce anche il procedimento di attuazione delle direttive comunitarie, affidato appunto ad un meccanismo che fa congiuntamente ricorso alla delegazione legislativa e alla delegificazione. In ogni caso, data la quantità di direttive che ormai condizionano la fisionomia attuale dell'ordinamento, ne risulta per questa via potenziato il ruolo delle fonti primarie di origine governativa. Naturalmente si potrebbe osservare, non senza fondamento, che la crisi della legge riguarda l'ordinamento nel suo complesso, mentre il diritto penale dovrebbe esserne immune stante la riserva di legge costituzionalmente sancita in materia. Ma è altrettanto vero che il diritto penale non può ritenersi avulso dalla realtà, condividendo, in misura maggiore o minore, le sorti dell'intero ordinamento, sollecitato com'è, anch'esso, ad aprirsi al pluralismo delle fonti da fattori sia interni che esterni. Invero, se il quadro sopra descritto concerne i fattori interni della crisi del principio della riserva di legge, non si può fare a meno di notare come elementi di minaccia promanino anche dall'esterno; all'uopo occorre distinguere tra diritto comunitario e quello internazionale. Nello scenario mondiale domina ancora lo strumento convenzionale, il quale fa salva la sovranità nazionale e il ruolo del Parlamento, chiamato ad autorizzare la ratifica delle sempre più numerose convenzioni internazionali multilaterali. Tuttavia la libertà dell'organo parlamentare appare piuttosto limitata: da un lato, le convenzioni concernenti la materia penale paiono sempre più dettagliate, perché si spingono non solo a formulare modelli minuziosi di fattispecie ma, non di rado, vincolano gli Stati anche a livello del trattamento sanzionatorio; dall'altro, l'oggetto di tali atti normativi è sempre più spesso tale da imporre obblighi sempre più difficilmente eludibili dagli Stati. Si assiste pertanto ad un fenomeno di grande interesse sul piano delle fonti, caratterizzato dalla riduzione del margine di discrezionalità del legislatore nazionale di fronte ad atti convenzionali e di fatto cogenti, i quali per un verso traggono origine da organi privi di legittimazione democratica e per altro verso si rivelano dotati di una particolare autorevolezza derivante da una legittimazione fattuale fondata sulla capacità di soddisfare bisogni di tutela ovunque condivisi. Passando all'ordinamento comunitario si assiste, oltre al già menzionato meccanismo di recepimento predisposto dalla legge comunitaria annuale, sia all'estensione della competenza penale dell'Unione europea ad opera del Trattato di Lisbona, che al sempre più ampio ricorso a direttive, a loro volta sempre più stringenti e dettagliate, anche riguardo al profilo sanzionatorio, così che anche qui il ruolo della volontà parlamentare nella produzione del diritto penale risulta ridotta. Il descritto stato di crisi del principio di legalità è costretto, altresì, a fare i conti con il diffondersi, nel nostro ordinamento, di un nuovo fenomeno di natura esogena: il (o anche la) soft law, locuzione traducibile in italiano come diritto leggero, ovvero morbido, ovvero soffice, ovvero attenuato. Con tale espressione si intende far riferimento ad una moltitudine variegata di atti latu sensu normativi, accomunati dall'assenza del requisito della forza cogente, che, appunto, sembrava essere l'essenza della nozione di norma giuridica. Alla luce di tale definizione risulta allora evidente come affrontare la tematica della soft law significhi affrontare un paradosso. Innanzitutto perché all'interno di tale categoria vengono ricompresi una congerie di atti che, seppur privi di efficacia obbligatoria, dispiegano comunque degli effetti giuridici. Secondariamente, ma non certo per importanza, tale ambiguità emerge, con immediatezza dall'accostamento dell'aggettivo soft al termine law: il diritto è, infatti, per tradizione considerato hard, ossia obbligatorio. Secondo l'impostazione maggioritaria, infatti, un soft law privo di effetti legali non è law, laddove un soft law fornito di essi è sicuramente hard law. Nonostante tale posizione tradizionale prevalente, alcuni studiosi, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso hanno cominciato, nell'ambito del diritto internazionale, a prospettare la possibilità di immaginare l'esistenza di un tertium genus di fonte di produzione del diritto, nascente in risposta alla complessità giuridica della globalizzazione. Lo sviluppo del diritto soffice testimonierebbe, in tal senso, la possibilità di ingresso nel circuito della giuridicità di soggetti nuovi, non sempre formalmente titolari delle competenze necessarie per produrre un diritto "a denominazione di origine controllata". Ciò implica anche la creazione di un circuito giuridico che attiva logiche e processi che superano il criterio essenziale dell'obbedienza. In pratica, non si tratta solo di un percorso di perdita del carattere verticale del diritto, ma anche in un certo senso di un rimodellamento del suo criterio di legittimazione, che non è più affidato alla forma, ma piuttosto ad un contenuto o a delle modalità che sappiano riscuotere l'adesione dei destinatari, indipendentemente dalla previsione di sanzioni. Alla luce delle descritte peculiarità della normativa attenuata, tutto il sistema penale, hard law per eccellenza, sembra muoversi in una direzione antitetica a quella della soft law. In particolare, questa antinomia si appalesa in tutta la sua chiarezza ove si mettano a confronto alcune caratteristiche fondamentali delle due normative: se l'unico organo di produzione abilitato in campo penale è, ai sensi dell'art. 25 Cost., il Parlamento, in quello attenuato gli enti legittimati sono plurimi e non sono solo statali, substatali o sovranazionali, ma anche espressivi di poteri non necessariamente a carattere territoriale; mentre le norme soffici possono anche limitarsi a porre degli obiettivi, quelle penali devono essere formulate quanto più possibile in modo chiaro e preciso, indicando inequivocabilmente i comportamenti vietati; laddove i destinatari delle norme attenuate coincidono spesso con i soggetti produttori delle stesse e si indirizzano solitamente a categorie ben individuate di soggetti, le norme penali generalmente si rivolgono in maniera indifferenziata a tutti gli individui presenti sul territorio statale; se il diritto debole costituisce un diritto meramente esortativo, diretto a persuadere più che ad obbligare, risultando pertanto privo di sanzioni, all'opposto il diritto penale è il ramo dell'ordinamento giuridico più di ogni altro vincolante; la normativa leggera prescinde dal tradizionale modello delle fonti kelseniano di tipo piramidale, su cui il sistema penale si fonda, per collocarsi all'interno di un modello improntato ad una logica reticolare, senza gerarchie; la soft law è per definizione destinata ad operare in ogni ambito, da quello angusto di una singola impresa a quello sconfinato del mercato globale, mentre il diritto penale è la branca meno universalizzabile, perché simbolizza la sovranità nazionale e la cultura di ciascun popolo; infine, se il diritto penale si caratterizza per un elevato tasso di rigidità e stabilità, dati i beni giuridici che va a tutelare, all'opposto il diritto morbido si esprime con strumenti non solo flessibili, ma anche mutevoli, per meglio rispondere alla rapida evoluzione della società. Tale insanabile antinomia tra diritto soffice e diritto penale pare però, ad un'attenta analisi del panorama giuridico attuale, più astratta che reale, ove solo si consideri quanto detto in apertura sulla crisi dei principi di legalità e della riserva di legge e sulla progressiva alterazione di alcuni tratti peculiari del diritto penale. ; XXIV Ciclo ; 1984