Discussione delle complesse implicazioni estetiche e ideologiche che entrano in gioco quando si cerca di comprendere e valutare il nazismo di Hamsun e sulle sue radici. L'ideologia conservatrice e perfino reazionaria di Hamsun appare tale già nell'ultimo decennio dell'Ottocento; eppure giudicare Hamsun retrospettivamente, dal suo capolinea (il commosso necrologio a Hitler) può indurre a errori di prospettiva. Quali responsabilità ha l'intellettuale che si dichiara idealmente a favore del totalitarismo, e tuttavia canta l'umanità delle piccole cose e dei personaggi anonimi come viandanti e contadini? Quale appoggio morale ha dato Hamsun alla costruzione storica dell'ideoogia nazista?
Affrontare la questione dell'antimperialismo in José Martí risulta particolarmente impegnativo sia per l'ampiezza e la multiformità dell'opera dell'eroe nazionale cubano, attraversata da questo tema in tutte le sue declinazioni, sia per la mole di studi che da più di un secolo hanno cercato di approfondirla, prendendola in considerazione da molte angolazioni diverse. Attorno al progetto di integrazione dei popoli dell'America latina come unico modo per affrontare l'incipiente imperialismo nordamericano, intuito da Martí nelle sue basi socio-economiche, ruota un intreccio di implicazioni politiche, filosofiche, culturali, artistiche. La dialettica costante tra esperienza e capacità di rielaborazione creativa sotto il profilo artistico e filosofico, che ha sempre trovato la sintesi sul piano dell'azione, rende l'opera multiforme di Martí un unico "sistema", alla cui costruzione permanente concorrono una molteplicità di trame e di percorsi, affidati a linguaggi diversi, dalla poesia all'articolo di giornale, dalla lettera al racconto per l'infanzia, dal teatro al romanzo. Accanto a studiosi, come il cubano Roberto Fernández Retamar, che hanno proposto una chiave di lettura complessiva dell'antimperialismo martiano, ve ne sono moltissimi altri che hanno affrontato il tema a partire dallo studio di specifici aspetti del pensiero e dell'opera di Martí, guardando ad esso da prospettive diverse, dalla critica letteraria, alla storia, all'antropologia, e contribuendo ad arricchirne la comprensione sempre più profonda. Purtroppo, se in America Latina e in primo luogo, ovviamente, a Cuba, gli studi martiani continuano ad essere fiorenti, e, in concomitanza con i processi di integrazione continentale in atto da circa quindici anni, vivono una fase di particolare fermento, altrettanto non si può dire dell'Europa, dove Martí è ancora poco conosciuto. Questo lavoro si propone di individuare e approfondire alcuni filoni tematici, seguendone il dipanarsi all'interno dell'opera martiana, con l'obiettivo di approssimarsi ad una visione di insieme della dimensione antimperialista del pensiero e dell'opera martiani, permettendo di indagarne la complessità attraverso l'analisi di alcuni testichiave, e di stabilire relazioni all'interno della sua produzione. Nel primo capitolo, ripercorrendo brevemente la traiettoria della vita e dell'azione di Martí, dalle cospirazioni giovanili alla fondazione e alla guida del Partito Rivoluzionario Cubano, strumento della guerra di liberazione, si metteranno in evidenza le tappe principali della presa di coscienza della sottomissione a cui andava assoggettandosi l'America latina ad opera della crescente potenza nordamericana, e della necessità di concepire la lotta di liberazione di Cuba dal dominio spagnolo all'interno di un progetto di integrazione continentale. Nel secondo capitolo verrà analizzata l'esperienza di Martí in Messico, Guatemala e Venezuela, mettendo in risalto il percorso che porterà il cubano a quella che Fernández Retamar, nel suo saggio Martí en (su) Tercer Mundo, ha chiamato «la rivelazione della "nostra America"»: nei tre paesi latinoamericani, Martí si inserisce nella vita politica e culturale, e assume progressivamente la coscienza della profonda unità del continente, che chiamerà "nostra America", e della necessità che il progetto di liberazione ed integrazione latinoamericana segua percorsi politicamente e culturalmente autonomi rispetto ai modelli delle metropoli coloniali. Si farà riferimento in particolare al lavoro portato avanti da Martí prima con il tentativo di pubblicazione della "Revista Guatemalteca" e poi con i due numeri della "Revista Venezuelana", per poi gettare uno sguardo alla visione martiana dei grandi uomini della "nostra America", degli "eroi" latinoamericani, prendendo in considerazione la relazione di Martí con la figura del Libertador Simon Bolívar. Il terzo capitolo è dedicato alle Escenas nortemericanas, il corpus degli articoli scritti da Martí durante il suo soggiorno di quindici anni negli Stati Uniti. L'esilio gli permise di conoscere a fondo l' "altra" America, quella a nord del Messico, caratterizzata dall'ascesa di un nuovo, feroce modello di sviluppo economico e culturale, che iniziava a rivelare in quegli anni le proprie ambizioni imperialiste verso l'America latina. Martí entra nel marchingegno del nascente imperialismo, cogliendone i fondamenti socio-economici e culturali, e il sostrato di sfruttamento e sottomissione, e descrivendolo nel caleidoscopio delle sue cronache, destinate a pubblicazioni giornalistiche di vari paesi latinoamericani e determinante terreno di sperimentazione per un profondo rinnovamento della lingua. Martí raggiunge una comprensione profonda dei caratteri della modernità nordamericana, da un lato fonte di stupore e di apprezzamento, dall'altro vista, nei suoi risvolti "mostruosi", come inadatta ad essere importata in America latina, oltre che come una delle cause stesse del permanere di quest'ultima in una condizione di arretratezza e sottosviluppo. Preso in esame il percorso che porta il cubano a cogliere le dinamiche dell'imperialismo statunitense, si analizzeranno alcune cronache che rivelano la visione martiana della modernità, e alcuni ritratti martiani di nordamericani, figure eminenti della politica e dell'arte contemporanee, attraverso i quali è possibile cogliere una strategia educativa rivolta ai lettori latinoamericani, attraverso la presentazione di modelli e antimodelli di comportamento: al centro delle cronache si colloca l'esigenza di mettere in guardia da un'adesione acritica a modelli alieni dalle specificità della "nostra America", e di denunciare il pericolo mortale costituito dall'imperialismo. Infine si prenderanno in considerazione, analizzando alcune cronache che raccontano gli scioperi operai e le proteste anarchiche del maggio 1886 a Chicago, le idee di Martí rispetto ai problemi sociali e al ruolo delle classi lavoratrici; le esperienze e le riflessioni elaborate negli Stati Uniti saranno determinanti al momento di gettare, pochi anni dopo, le basi teoriche e organizzative della guerra di liberazione, quando Martí riconoscerà negli operai e nei lavoratori i soggetti principali che avrebbero potuto condurre, in nome dei valori del lavoro e della giustizia sociale, la battaglia antimperialista. Negli anni trascorsi in America latina Martí ha individuato nel mestizaje, ovvero nel confluire di europei, indios, afroamericani nella costruzione dell'identità latinoamericana, il tratto distintivo di quella che ha chiamato "nostra America"; nel quarto capitolo si proverà ad approfondire questa concezione, rispondendo ad alcune domande, che chiamano in causa aspetti fondamentali dell'antimperialismo martiano. Qual è la visione martiana della storia dell'America latina? Quale posto occupano gli indios discendenti delle grandi civiltà precolombiane nel progetto di integrazione latinoamericana? Si ricostruirà, attraverso una selezione di testi, la concezione martiana della Storia del continente, e i tratti del suo pensiero indigenista, che risulta caratterizzato in senso antimperialista, distinguendosi nettamente dalla visione della componente indigena dell'America latina propria, ad esempio, del contemporaneo Domingo Faustino Sarmiento. Si vedrà come gli indios rappresentassero per Martí una delle componenti che concorrono alla definizione identitaria del continente, portatori di valori e forme di pensiero con cui ogni latinoamericano è chiamato a confrontarsi: ogni forma di razzismo nei loro confronti è rigettato. Martí immaginava l'America latina futura non come mera risultante di una coesione politica, ma come spazio nel quale si sarebbe realizzata pienamente l'identità "mestiza". In altre parole, riconosceva nitidamente che era la cultura il terreno dove si doveva giocare la partita politica. L'attenzione rivolta alla cultura come arma dei popoli oppressi da un sistema non ancora definito "imperialismo" ma del quale aveva colto di fatto i nodi più profondi, si traduce in Martí in una costante preoccupazione per la questione della formazione dell'uomo. Si vedrà come nella raccolta di racconti per bambini intitolata La Edad de Oro, diversi testi, come "El padre Las Casas" e "Las ruinas indias", sono dedicati alla presentazione di personaggi e vicende della storia del continente, nei quali emerge chiaramente l'importanza attribuita da Martí alla componente degli indios. Il quinto ed ultimo capitolo si propone di sviluppare alcune considerazioni a proposito della riflessione martiana sulla cultura. La letteratura e l'arte emergono, in relazione al suo progetto storico antimperialista, come una vera e propria esigenza strategica: l'arte coeva gli appariva inefficace in quanto non era espressione dei tempi, e se lo scopo di Martí era quello di raccogliere attorno alla cultura la frammentazione sociale del continente latinoamericano, non era possibile scindere il percorso verso l'emancipazione dell'America latina da un'arte che fosse all'altezza del progettato rinnovamento. Si metteranno in luce in particolare le caratteristiche dell'ideale di intellettuale e di uomo di lettere latinoamericano, impegnato attraverso la sua opera creativa nella battaglia per la liberazione del continente dal colonialismo culturale, e della nuova letteratura concepita da José Martí, valutando come in essa confluiscano i tratti principali dell'antimperialismo studiati in questo lavoro: si vedrà come essa debba essere riflesso del mestizaje, incorporandone tutte le componenti per tendere ad una espressione originale, che rifiuti la copia di stili e correnti letterarie proprie aliene dall'autenticità latinoamericana. Gli ideali martiani riguardo alla letteratura e all'arte avranno un'influenza fondamentale su molte delle correnti del '900 latinoamericano: risulta particolarmente interessante valutare i punti di contatto tra le idee espresse da Martí e la teorizzazione del "real maravilloso" da parte del cubano Alejo Carpentier, autore impegnato, in continuità con Martí, in una riflessione costante sull'identità latinoamericana, che attraversa tutta la sua opera di giornalista e di romanziere.
Questo mio elaborato finale ha come obbiettivo lo studio e l'analisi di uno dei principali testi letterari con una valenza storica e documentaria di grande rilievo, relativamente agli anni del Terrore dell'epoca staliniana. Il documento in questione è il romanzo non autobiografico di Lidija Čukovskaja Sof'ja Petrovna, scritto segretamente tra il novembre del 1939 e il febbraio 1940, obbedendo ad un'esigenza interiore che la scrittrice non poteva più arginare. La scelta di concentrarmi sulla figura di Lidija Čukovskaja, il suo romanzo e il contesto storico, le figure degli intellettuali che la scrittrice ha avuto modo di conoscere e trascrivere in altre opere sempre qui da me studiate al fine di trasmetterne la memoria, è derivata dalle impressioni ricavate durante il corso di Storia della cultura russa. Inizialmente ero orientata all'approfondimento di una figura classica della letteratura russa dell'Ottocento Anna Karenina, studiata l'anno precedente. La figura di Anna Karenina, mi aveva molto affascinato: Tolstoj descrive una donna bella, tenace, indipendente, capace di amare alla follia, rivoluzionaria rispetto alle regole e ai canoni del tempo, anche se l'aspetta un destino tragico. Karenina ha aperto il viatico per rivolgere l'attenzione ad un'altra donna più vicina a noi temporalmente, indipendente, tenace e rivoluzionaria, ovvero Lidija Čukovskaja (1907-1996). Figlia dell'intellettuale e scrittore per l'infanzia Kornej Čukovskij, Lidija per tutta la vita, attraverso la scrittura e con la collaborazione e amicizia di numerosi intellettuali, si batterà sempre per far sentire la sua voce contro le ingiustizie perpetuate dal governo centrale. Uno degli esempi più lampanti è la scrittura del romanzo-testimonianza Sof'ja Petrovna. This final paper of mine has as its object the study and analysis of one of the main literary texts with a historical and documentary value of great importance, relative to the years of the Terror of the Stalin era. The document in question is the non-autobiographical novel by Lidija Čukovskaja Sofia Petrovna, secretly written between November 1939 and February 1940, obeying an inner need that the writer could no longer contain. The choice to focus on the figure of Lidija Čukovskaja, her novel and the historical context, the figures of the intellectuals that the writer has had the opportunity to know and transcribe in other works that I have always studied here in order to transmit her memory, is derived from the impressions obtained during the course of History of Russian Culture. Initially I was oriented towards the study of a classic figure of nineteenth-century Russian literature Anna Karenina, studied the year before. The figure of Anna Karenina had fascinated me very much: Tolstoy describes a beautiful, tenacious, independent woman, capable of madness, revolutionary with respect to the rules and canons of the time, even if a tragic fate awaits her. Karenina opened the viaticum to turn her attention to another woman closer to us temporally, independent, tenacious and revolutionary, namely Lidija Čukovskaja (1907-1996). Daughter of the intellectual and children's writer Kornej Čukovskij, Lidija for all her life, through the writing and with the collaboration and friendship of numerous intellectuals, will always fight to make her voice heard against the injustices perpetuated by the central government. One of the most striking examples is the writing of the novel-testimony Sofia Petrovna.
Accostare Vittorio Alfieri alle arti figurative non è per niente un'impresa facile ed è forte la tentazione di far piacere per forza a questo autore, così tanto complesso, la pittura. Chi ha letto la Vita sa che all'Alfieri dell'arte pittorica interessava ben poco e che, anzi, tutta l'opera stessa è un lungo percorso per innalzare e nobilitare un'altra arte, quella letteraria. L'autobiografia si configura, in effetti, come un viaggio introspettivo per scovare dentro di sé il perfetto poeta, che si concluderà con il raggiungimento di un agognato traguardo e cioè entrare a far parte del circolo dei più grandi poeti mai esistiti. Certamente l'enfasi con cui l'astigiano insiste nella Vita riguardo il disinteresse per l'arte, fa anche parte di quella finzione autoriale che regge l'impianto narrativo dell'opera stessa. Ma, se rivolgiamo lo sguardo all'esistenza reale dell'autore, questa tesi viene ampliamente supportata: in tutte le sue abitazioni sono stati rinvenuti pochissimi esemplari artistici, quasi nessun quadro; tra quelli ritrovati la maggior parte era di proprietà della contessa d'Albany o, più semplicemente, doni che lei stessa aveva fatto all'amato poeta. L'interesse dell'Alfieri verte per lo più attorno ad oggetti di uso quotidiano e personale come, ad esempio, bastoni da passeggio, spadini, carrozze e tutto ciò che si confaceva alla perfetta vita di un nobile settecentesco. Nella disputa intellettuale che l'Alfieri ebbe con l'amico Ranieri de' Calzabigi, e su cui mi soffermerò particolarmente all'interno di questo lavoro, emerge perfettamente l'idea che l'autore aveva delle arti figurative: indubbiamente, opere di menti eccelse, degne di lode e riconoscimenti, ma completamente lontane dall'unica vera arte che era disposto a perseguire e cioè la letteratura. Quando il livornese espone al suo interlocutore la possibile strada da intraprendere nella creazione della perfetta tragedia contemporanea, coniando l'espressione di «pittor poeta» e l'idea della rappresentazione «per quadri», sta suggerendo un percorso lontano anni luce dalla concezione tragica dell'autore. L'Alfieri, nonostante le sue opere siano, per certi aspetti, delle "pitture su pagina", vuole soltanto sentir parlare di scrittura e, con una lapidaria domanda retorica («ma le parole si vedono elle, o si ascoltano?»), chiarisce immediatamente quale sia la sua idea in fatto di stile tragico: pulito, scarno, privo di eccessivi decorativismi formali. Sono tutti elementi, questi, che hanno portato i critici letterari alfieriani (in particolar modo Di Benedetto2) ad accostare la sua poetica alla corrente artistica del Neoclassicismo. Ancora una volta, dunque, l'autore viene inserito all'interno di un contesto figurativo. In questo lavoro, perciò, cercherò di esplorare in che modo l'Alfieri si confrontò con l'arte, sia come uomo sia come poeta, in un percorso che prenderà avvio dal contesto politico e culturale in cui si trovò a vivere, facendo particolare riferimento alla condizione sociale nobiliare, che influenzò inevitabilmente la sua visione del mondo; mi soffermerò, poi, su tutte quelle esperienze, su tutti quei fecondi contatti intellettuali, che contribuirono ad avvicinare un Alfieri chiuso e restìo al senso del bello, al mondo dell'arte; mi addentrerò, successivamente, nella parte più teorica di questo studio, cercando di analizzare il pensiero critico dell'autore, attraverso le coordinate di due dei più grandi pensatori a lui contemporanei nel campo dell'estetica e dell'arte; concluderò prendendo in esame alcune delle più importanti opere teatrali dell'Alfieri, perché è impensabile, se non addirittura impossibile, tralasciare il mondo del teatro, nell'intenzione di trovare un punto di contatto tra questo autore e le arti figurative.
Riconoscendo l'importanza delle traduzioni all'interno della cosiddetta repubblica democratica dell'infanzia, il lavoro analizza le prime traduzioni tedesche e italiane del classico della letteratura per l'infanzia I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár, al fine di metterne in luce i processi non solo prettamente traduttivi, ma anche più ampiamente culturali, che hanno influenzato la prima ricezione del romanzo in due contesti linguistici spesso legati per tradizione storico-letteraria alla letteratura ungherese. Rispettando la descrizione ormai comunemente accettata della letteratura per ragazzi come luogo di interazione tra più sistemi – principalmente quello letterario, quello pedagogico e quello sociale –, il lavoro ricostruisce innanzitutto le dinamiche proprie dei periodi storici di interesse, focalizzando l'attenzione sulla discussione circa l'educazione patriottica e militare del bambino. In relazione a questa tematica si approfondisce l'aspetto della "leggerezza" nell'opera di Molnár, ricostruendo attraverso le recensioni del tempo la prima ricezione del romanzo in Ungheria e presentando i temi del patriottismo e del gioco alla guerra in dialogo con le caratteristiche linguistico-formali del romanzo. I risultati raggiunti – una relativizzazione dell'intento prettamente pedagogico a vantaggio di una visione critica della società e del militarismo a tutti i costi – vengono messi alla prova delle traduzioni. L'analisi critica si basa su un esame degli elementi paratestuali, sull'individuazione di processi di neutralizzazione dell'alterità culturale e infine sull'esame delle isotopie del "gioco alla guerra" e dei "simboli della patria". Si mostra come, pur senza un intervento censorio o manipolazioni sensibili al testo, molte traduzioni italiane accentuano l'aspetto patriottico e militaresco in chiave pedagogica. Soprattutto in Italia, il romanzo viene uniformato così al contesto letterario ed educativo dell'epoca, mentre in area tedesca la ricezione nell'ambito della letteratura per ragazzi sembra aprire al genere del romanzo delle bande. ; Recognizing the importance of translations in the "democratic republic of childhood", I analyse the first German and Italian translations of the children's literature classic The Paul Street Boys, by Ferenc Molnár, in order to enlighten the translational and cultural processes which influenced the first reception of the novel into two linguistic contexts that for different reasons have been traditionally tied to the Hungarian literature. Research today agrees in considering children's literature as a place where several systems interact: the literary, the pedagogical and the social. Thus, the work reconstructs first of all the dynamics of the historical periods in which the translations have been done, focusing on the discussion regarding children's education, patriotism and war. Referring to these themes, I consider the character of "lightness" in Molnár's work, reconstructing through contemporary reviews the first reception of the novel in Hungary and proposing an analysis of the novel, through which patriotism and war are presented in dialogue with its linguistic-formal characteristics. The results – a reduction of the mainly pedagogical aim in favour of a critical view of the society and its militarism – are then compared with the translations. In the critical analysis of the translations I consider first of all the paratextual elements, then the processes of neutralisation of foreignness and finally an exam of two main isotopies: "playing the war" and "symbols of the homeland". The analysis shows how some Italian translations amplify the military and patriotic character of the novel, although they don't operate with censorship or significant modifications of the source text. In particular in Italy, the novel is integrated in the literary and pedagogical system of the target language, whereas the German area seems to be opened to a new literary genre of children's literature, the "gang-novel".
In "Cristo si è fermato a Eboli" convivono una vocazione localistica - molto indagata dalla critica - e un'aspirazione nazionale, meno studiata: il saggio mette in evidenza le relazioni che il testo istituisce con l'intera Nazione e con geografie internazionali, sottolineando la consequenzialità fra la poetica dell'opera, la sua effettiva realizzazione nel testo, e la loro profonda sintonia con le idee politico-civili dell'autore. Un autore militante, impegnato nel concepire un'Italia nuovamente unita.
Questo lavoro si propone di fornire uno studio sulla produzione letteraria che ha come tema una malattia comparsa negli anni '80 del secolo scorso: l' AIDS. La singolarità di questa piaga e l'impatto avuto sulla società mondiale (forse sarebbe meglio il termine globale), insieme ad altri fattori, hanno generato una prolifera produzione letteraria che verrà abbondantemente trattata, soffermandoci sull'approfondimento di alcune opere selezionate secondo criteri ben definiti. Ovviamente, studi e diagnosi mediche non saranno né la base né l'obiettivo di questo lavoro, in quanto tratteremo la malattia come fenomeno discorsivo, cioè come viene affrontata all'interno delle varie realtà letterarie ispano-americane, soprattutto di quelle appartenenti alla contro-cultura. Viste le diverse realtà geografiche, sociali e politiche dei paesi sudamericani, la comparsa di questa tematica deve tenere conto di tali situazioni specifiche, in quanto imprescindibili ai fini di comprensione profonda del testo. Il lavoro sarà organizzato come segue: un'introduzione generale sullo stretto legame literatura/enfermedad, alla quale seguirà una presentazione sia del contesto storico-culturale nel momento della diffusione dell'AIDS, sia di come la malattia viene trattata nell'immaginario letterario. Verranno evidenziate le differenze contestuali socio-politiche di una zona geografica complessa come quella ispano-americana, soprattutto in relazione al periodo storico, per meglio inquadrare i motivi che hanno spinto tali autori a scrivere determinate opere e per una maggiore comprensione del contenuto delle opere stesse. A seguire, si cercherà di focalizzare l'interesse di studio su tre opere: Loco afán. Crónicas de sidario (1996), del cileno Pedro Lemebel; Salón de belleza (1994), del peruviano-messicano Mario Bellatin; El desbarrancadero (2001), del colombiano Fernando Vallejo. Evidentemente, la selezione non è casuale, ma corrisponde al tipo di approfondimento che si vuole intraprendere in questo lavoro. All'interno della vasta produzione letteraria ispano-americana che tratta il tema dell'AIDS, risulta imperativo scegliere che tipo di riflessione sviluppare, in quanto il rischio di affrontare temi ampiamente trattati dalla critica saggistica negli ultimi 25 anni è altissimo. Inoltre, una volta scelto l'argomento, si pone immediatamente il problema, specifico del caso AIDS, riguardo quale momento socio-letterario prediligere: se scegliere le opere della "prima fase", nelle quali la malattia equivale alla morte dovuta all'assenza di una combinazione farmacologica adeguata, per arrivare alla "seconda fase", quella cioè in cui ormai la patologia, se pur terribile, si converte da letale a condizione cronica; oppure, come terza via, fare uno studio comparato tra testi appartenenti al primo e al secondo gruppo. In questa sede, le opere a cui viene dedicato uno studio approfondito rientrano nella denominata "prima fase". I tre testi scelti sono legati l'un l'altro da una sfiducia verso le istituzioni, giacché i soggetti sieropositivi si sentono abbandonati dal proprio Stato. Sono effettivamente numerosi i casi letterari nei quali viene espressa una forte sfiducia verso le autorità, e questo avviene per una ragione precisa: la società ispano-americana percepisce i nuovi assetti economici mondiali come un tentato sfruttamento delle proprie risorse da parte dei paesi più potenti. In questo contesto, l'AIDS viene interpretato come una mossa strategica: esistono vari casi in cui si affronta il virus all'interno del discorso letterario come un'arma politica, creata in laboratorio dai nordamericani per poter controllare l'America Latina. Questo tipo di riflessione si sviluppa anche attorno alla scomparsa de la loca sudamericana, cioè l'omosessuale effeminato, che viene sostituito dal gay muscoloso e virile di moda in quegli anni negli Stati Uniti. Se nella nuova società globale non c'è spazio per la componente femminile negli uomini (che sia la loca o il travesti, anch'egli disprezzato e totalmente alienato), allora questo si ripercuote nella letteratura. Non solo, ma nei testi che si è scelto di commentare tutto ciò viene accompagnato dalla quasi scomparsa del soggetto femminile stesso: la donna, come constateremo, assume un ruolo totalmente marginale all'interno delle trame narrative (quando è per lo meno presente). È possibile rintracciare chiari segni di questi elementi nelle tre composizioni in questione; in Loco afán di Lemebel, per esempio, l'autore rivendica con orgoglio la femminilità della figura del travestito e del transessuale cileni, fornendo vari esempi di questi personaggi più o meno famosi a Santiago. Al contrario, nell'opera di Vallejo la donna viene offesa e vista come causa di tutti i mali colombiani. Se ciò che abbiamo appena presentato è il nodo principale da cui si dirama lo studio sui tre testi selezionati, a questo va affiancato un altro spunto di riflessione, forse di inferiore importanza politica, ma di grande rilevanza letteraria: la contrapposizione che si crea all'interno del testo tra individuo e collettività che, in alcuni casi, genera la creazione di "comunità virali" che arrivano ad essere ancora più esclusive della società "sana". Se possiamo rintracciare questa antitesi all'interno di un singolo testo, ancor più interessante sarà poi studiare le differenze create da questa opposizione confrontando testi diversi. Naturalmente, per cercare di essere il più possibile esaustivi, per ogni autore verranno riportate le notizie biografiche indispensabili per comprendere l'opera. Altrettanto rilevanti sono le considerazioni in merito alla nazionalità: vista la differente provenienza di ognuno dei tre autori, è opportuno fare un breve quadro socio-storico per capire la situazione in cui si trovarono a trattare un tema tanto delicato. Per concludere, verrà fornita una breve panoramica di quelle opere letterarie lasciate in ombra rispetto a ciò di cui ci occuperemo nel nostro percorso, ma che calzano perfettamente come epilogo di questa nostra indagine: portare alla luce quella piccola fetta di produzione nella quale il soggetto femminile, anche se non riesce a ricoprire il ruolo di protagonista, ottiene comunque una parte rilevante all'interno del testo.