Identità fluttuanti: italiani di Montréal e politiche del pluralismo culturale in Québec e Canada
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In: Pubblicazioni dell'Istituto Paolo VI 26
In: Per una koiné costituzionale 10
In: Palomar athenaeum 16
impaginato pdf ; Despite the constant connection made between the idea of multiculturalism and the philosophy of Charles Taylor, this last one not only has never accepted the multicultural proposal, but also suggested a different manner to connect the migrant communities and the receiving societies. His position cannot be properly comprehended if it is not put in the context of his analysis of the contrasts between Canada and Quebec.
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Il Canada rappresenta una realtà estremamente interessante. È il paese più vasto al mondo dopo la Russia, con la più lunga linea di confine condivisa – con gli USA – tra due Paesi; una tra le nazioni con la più alta qualità della vita e i più alti livelli di istruzione. Eppure, il fatto di essere anche uno degli stati meno popolati al mondo non ha impedito alla popolazione canadese di essere tra le più diversificate, sotto il profilo linguistico, culturale ed etnico, con le più alte percentuali di immigrati. Il Canada esemplifica una delle esperienze più riuscite in materia di convivenza di gruppi culturali e linguistici diversi, che concorrono a caratterizzare egualmente l'identità nazionale complessiva: i francofoni e gli anglofoni, contrapposti da un secolare antagonismo. La presa di coscienza della propria identità da parte della popolazione francofona, da un lato, ha rafforzato le spinte centrifughe e separatiste del Québec; dall'altro, ha abbassato i livelli di tolleranza ed alimentato tentazioni di omologazione culturale e politica nel resto del Paese. Dato che il Canada è caratterizzato dalla presenza di due gruppi linguistici, egualmente significativi per determinare l'identità nazionale; si è a più riprese e in vari modi tentato di conciliare la posizione del Québec, introducendo soluzioni organizzative che puntano allo sviluppo del self – government e all'autonomia istituzionale, pur sempre nell'ambito dell'unico stato federale. La tutela del linguaggio in un paese bilingue come il Canada è un elemento fondamentale di convivenza, ma anche il più controverso: la lingua è importante nei rapporti tra privati e, ancor di più, lo è nei rapporti con le pubbliche autorità dato che, per poter legittimamente imporre o obbligare qualcuno a tenere un certo comportamento, l'Ordinamento deve assicurarsi che il destinatario della norma l'abbia compresa, almeno nei suoi aspetti essenziali. Da questo punto di vista, il Canada è considerato un ricco laboratorio costituzionale per la tutela dei diritti delle minoranze che, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, ha tentato di fare della diversità linguistica della popolazione un punto di forza. La Corte Suprema ha sviluppato diversi approcci interpretativi dei diritti linguistici: dapprima un'interpretazione ampia e liberale, a cavallo della patriation della Costituzione, seguita da un approccio più restrittivo, teso a limitare la portata dei diritti linguistici. Infine, l'interpretazione estensiva dei diritti linguistici, sviluppata nelle decisioni della Corte Suprema a partire dagli anni '90 che, soprattutto in materia di istruzione, ha assicurato una protezione significativa alle minoranze, riconoscendo che la garanzia dei diritti linguistici impone quale importante corollario il dovere di azioni positive in capo alle autorità pubbliche, federali e provinciali.
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Why is secession' frightening? An update on «the ultimate right» This essay explores the fear of secession in two different context: the exit of a member State from EU and the secession of a territorially concentrated group from a member State of the EU. The case of the recent Brexit and the crisis in Catalonia are taken as case studies to comprehend theoretically which secession could «constitute» EU as a Federation. In the second part, I exemplify how from the international perspective secession can be considered as an «ultimate right» and that if one can talk of such a thing as legality when referring to secession that can be done only in the sense of a liminal legality: a legality that reside in the border area between the internal and the international legal order. In the last part of the essay, I shall try to use Catalonia as test to evaluate both the opinion of the International Court of Justice on Kosovo and the famous Reference of the Canadian Supreme Court on Québec. In the conclusion of the essay, I will also verify if Catalonia can be read through the lens of the Just-Cause Theories of Secession.
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Il lavoro di questa tesi prende spunto dalle più recenti critiche e l'attuale contrasto all'approccio multiculturale e segue quattro obiettivi principali: 1) Dimostrare che il multiculturalismo non è fallito, attraverso spiegazioni analitiche ed empiriche; 2) Dimostrare che le comunità segregate si formano a prescindere dalle politiche migratorie o dai modelli di riferimento, ipotizzando che il vero impatto di queste politiche sta nella natura liberale o meno della formazione delle comunità segregate; 3) Dimostrare che in ambito locale stiamo assistendo all'implementazione di politiche multiculturali in contrasto con quelle nazionali e che le stesse forze politiche che in ambito nazionale criticano l'approccio multiculturale, a livello locale cercano il dialogo con le comunità etniche e religiosi e stimolano l'integrazione; 4) Superare il modello multiculturale introducendo il nuovo paradigma della "interculturalità", un concetto che tiene conto della moltiplicazione degli elementi di differenziazione all'interno dei flussi migratori, della loro reciproca interazione, e che sembra essere l'approccio più adatto a garantire la coesione sociale, il riconoscimento dei diritti e il rispetto delle identità culturali e religiose delle diverse componenti etniche presenti nelle realtà locali. Nel primo capitolo discuto i contributi dei più importanti studiosi che hanno concorso allo sviluppo del pensiero politico liberale nelle società passate e in quelle attuali (post-globali). Prendo in esame il dibattito sul liberalismo, comunitarismo e neo-comunitarismo e successivamente analizzo le riflessioni teoriche dei principali studiosi del pensiero politico legate all'epistemologia multiculturale. Questi studiosi, con i loro contributi, hanno in qualche maniera contribuito alla nascita ed allo sviluppo delle nuove teorie multiculturali. A partire dalle riformulazioni liberali di John Rawls, quelle neo-comunitariste di Charles Taylor, la critica sul fronte liberale di Jürgen Habermas e le riflessioni di Will Kymlicka. Questo Excursus servirà per dimostrare che recentemente il multiculturalismo è diventato un argomento di prima importanza nel dibattito nord-americano ed europeo, e le sue origini remote si rintracciano nel "pluralismo delle culture" di Giambattista Vico e nella "autocoscienza culturale" di Johann Gottfried Herder. Per questo ho ritenuto importante ricostruire le tappe di questa discussione. Per comprendere meglio i concetti e per analizzare i modelli e le politiche odierne è necessario partire dalle memorie collettive – i "mattoni" del progresso attuale. Il secondo capitolo tratta il concetto di multiculturalismo, le origini del problema multiculturale e le sue sfide. In una seconda parte, considero la questione multiculturale e multietnica in una prospettiva analitica che spiega alcuni modelli multiculturali; nella terza parte esamino la differenza tra multiculturalismo e modello multiculturale britannico, facendo emergere le criticità di quest'ultimo. Sempre in questa sezione, cerco di capire alcune cause che contribuiscono alla formazione delle comunità segregate e nell'ultima parte del capitolo svolgo alcune riflessioni su ulteriori casi di costruzione di queste comunità in altri Paesi europei (Germania, Francia e Italia). Dopo aver analizzato alcune ricerche di altri studiosi, espongo alcune ipotesi secondo le quali le comunità segregate si costruiscono a prescindere dalle politiche migratorie, visto che anche nei Paesi che adottano altri modelli di integrazione – ad esempio, quello assimilazionista o quello assistenzialista – si sono create delle comunità segregate. Le politiche migratorie, quindi, possono soltanto influenzare la forma delle comunità segregate, per un verso, lasciando i migranti liberi di costituirle (comunità "volute"), oppure imponendo delle situazioni di concentramento (comunità "imposte"), rendendole più aperte o più chiuse alle comunità di accoglienza. Nel terzo e nel quarto capitolo sono esaminate le riflessioni dei maggiori studiosi internazionali, attraverso la lettura le più recenti pubblicazioni di Tariq Modood, Ted Cantle e Gerard Bouchard. Ho rivolto particolare attenzione al Canada e al Québec: nel primo caso si rileva un modello implementato nel 1971, definito "modello multiculturale", invece nel secondo, contrapposto al primo, abbiamo un modello interculturale, sviluppato nella città nazione del Québec. Nel quinto capitolo esamino altri modelli interculturali, anzitutto quello formulato in America Latina da Fidel Tubino, in riferimento alle minoranze indigene del Perù e del Messico e alle loro richieste di partecipazione attiva nella vita pubblica; in Italia quello proposto da Pierluigi Consorti, con riferimento al discorso che sta sviluppando riguardo al dialogo religioso e al ruolo delle religioni nella società globale. In tale quadro verrà messo a fuoco il dibattito accademico che ha coinvolto molti Paesi europei nella sfida tra multiculturalismo e interculturalismo. Nelle conclusioni ho provato a comprendere come sia possibile percorrere una via di mezzo tra le posizioni multiculturali e interculturali, tenendo presente che in entrambi i casi rimane centrale il problema del riconoscimento tra maggioranza e minoranza all'interno di società diversificate. In questo caso, svolgo una riflessione sulle possibili linee-guida di un modello di implementazione di queste politiche in Italia, per superare i limiti presentati dal multiculturalismo: riconoscimento di molti gruppi etnici e culturali, possibile riconoscimento, frammentazione o ghettizzazione, con la prospettiva di un nuovo paradigma interculturale, dove alla maggioranza della società viene riconosciuta, attraverso regolamenti ad hoc, il mantenimento di alcuni elementi di memoria culturale collettiva ( i simboli, le religioni, la lingua, le festività, l'uso di elementi religiosi negli spazi pubblici con riserva), mentre alle minoranze nazionali, e in particolare ai nuovi arrivi, vengono riconosciuti alcuni diritti di rappresentanza e mantenimento della loro cultura.
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La tesi di laurea si propone di esplorare il ruolo che le corti supreme o costituzionali possono svolgere nella risoluzione delle controversie secessioniste che si verificano in Stati federali e/o regionali le cui costituzioni non disciplinano espressamente l'argomento della secessione, attraverso l'analisi di cinque casi di studio concreti riguardanti altrettanti Paesi e le rispettive corti. Nella prima parte si esamina l'importanza assunta dai fenomeni secessionisti in tempi recenti, si introducono i concetti fondamentali per l'analisi e si espone la struttura generale dell'elaborato. Nella seconda parte si cerca di stabilire se una parte del territorio di uno Stato possa ricavare un diritto alla secessione dall'architettura costituzionale dello Stato federale o dal diritto internazionale pubblico, con riferimento alle divergenti posizioni della dottrina e ai possibili legami con il diritto di resistenza; infine si accenna all'argomento delle clausole costituzionali di secessione e di quali siano le ragioni che militano a favore o contro la loro previsione. Nella terza parte si introduce lo studio dei vari casi concreti partendo da quello degli Stati Uniti, per illustrarne l'evoluzione costituzionale ed il mutamento di atteggiamento del mondo politico e giuridico verso la secessione, dapprima comunemente ritenuta lecita e, poi, dopo la Guerra civile, riconosciuta contraria alla Costituzione dalla sentenza Texas v White della Corte Suprema. Nella quarta parte ci si concentra sul Canada, ripercorrendo le vicende della sua origine federale e dei due referendum sull'indipendenza del Québec, per approdare poi all'esame della reference della Corte Suprema del 1998, che ha ritenuto possibile a certe condizioni la secessione ed ha avuto una forte influenza politica e scientifica anche all'estero. Nella quinta parte viene preso in esame il caso di maggiore attualità, quello della Spagna, e del ruolo che il Tribunal Constitucional ha avuto nel gestire la crisi catalana. Si sottolinea a tale proposito come il giudice costituzionale, nonostante alcuni tentativi di mediazione fra le parti, abbia finito, a causa dei contenuti di certe sue sentenze, soprattutto quella del 2010 sul nuovo Statuto catalano, per essere percepito dalla Catalogna come un attore non neutrale e schierato sulle posizioni del Governo spagnolo, con grave danno per la sua legittimazione. La sesta parte tratta del Regno Unito, analizzando in dettaglio gli sviluppi della devolution e la vicenda del referendum sull'indipendenza della Scozia del 2014, che è stato possibile grazie ad un accordo consensuale fra i due governi. Si parla inoltre della sentenza Miller del 2017 della Corte Suprema, che ha affrontato anche la questione del possibile ruolo svolto dalle devolved jurisdictions nel meccanismo innescato dalla c.d. Brexit, e di come questa sentenza sia stata accolta da Scozia e Irlanda del Nord, rafforzando i sentimenti favorevoli alla secessione. Nella settima parte si esamina il caso dell'Italia, dapprima con riferimento alle varie sentenze della Corte Costituzionale che hanno respinto le pretese di esercizio di poteri sovrani di alcune Regioni, in seguito con focus sulla sentenza 118/2015 che ha stabilito l'incostituzionalità della legge che prevedeva un referendum consultivo sull'indipendenza della Regione Veneto. Nell'ottava parte, infine, vengono tratte le conclusioni dell'intero lavoro, evidenziando come le cinque corti prese in esame si siano mostrate in linea di principio più o meno aperte a mettere in discussione il principio dell'unità nazionale e ad ammettere la possibilità di una secessione a seconda che abbiano natura di federalismi "puri" o semplici Stati regionali decentrati. This paper is aimed at exploring the possible role of supreme and constitutional courts in handling secessionist disputes taking place in federal or regional States whose constitutions do not explicitly take secession into account. We will do that by analising five actual cases involving five countries and their courts. In the first part we will examine the importance of secessionism in recent times, we will introduce the fundamental concepts for our analysis and we will outline the general plan of the paper. In the second part we will try to clear whether a portion of a State's territory can derive a right to secession from federal States' constitutional structure or internationl public law. We will refer to the different authors' conflicting viewpoints and to the possible links with the concept of "right to revolution". Finally we will briefly discuss the subject of constitutional secession clauses and their pros and cons. In the third part we will introduce the case study by analysing the United States. We will explain their constitutional evolution and the change of political and jurisprudencial attitudes towards the subjects of secession, which was at first thought to be legal. After the Civil War, the U.S. Supreme Court ruled it as unconstitutional in Texas v White (1869). In the fourth part we will focus on Canada and we will discuss its federal origin and the two Quebec independence referenda . We will then examine the Supreme Court's Quebec Secession Reference of 1998, which ruled the secession as constitutional, provided some conditions are met, and which had a strong political and jurisprudencial influence in Canada as well as abroad. In the fifth part we will examine the most important recent case, that is Spain, and we will discuss the role the Spanish Tribunal Constitucional had in handling the Catalan crisis. We will show that, despite some attempts to mediate, the Court came to be perceived by Catalonia as a partial actor, aligned with the Spanish Government. This happened because of the contents of some of the Court's decisions, such as the one in 2010 on the Catalan Statute, and it severely damaged its legitimacy. The sixth part discusses the United Kingdom, and it analyses the devolution system's developments and the Scottish independence referendum in 2014, which was made possibile by the two governements' agreement. We will also discuss the UK Supreme Court Miller judgement in 2017, which dealt with the devolved jurisdictions' possible role in the Brexit mechanism, and Scotland's and Northern Ireland's reactions to it, as it strenghtened secessionism. In the seventh part we will discuss the Italian case; first we will refer to the the several judgments by Italy's Corte Costituzionale which rejected some Regions'claims to sovereign powers. We will then focus on Judgement 118/2015, which ruled as unconstitutional the law providing for an advisory referendum on the independence of the Veneto Region. In the eighth part we will draw some conclusions, highliting the five court's different attitudes towards the principle of national unity and secession and their relationship with the States' nature as "true" federalisms or mere devolved regional States.
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