Le città sono i luoghi di maggiore concentrazione dei rischi naturali e antropici per i quali la resilienza rappresenta la risposta in termini di riduzione della vulnerabilità e può essere considerata come «the ability of a system, community, or society exposed to hazards to resist, absorb, accommodate to and recover from the effects of a hazard in a timely and efficient manner, including through the preservation and restoration of its essential basic structures and functions» (UNISDR, 2009, p. 24). Per tale motivo i concetti di vulnerabilità e resilienza sono al centro del dibattito politico e scientifico attuale per il futuro delle città.Nel panorama internazionale il concetto di rischio ha assunto negli ultimi anni una dimensione complessa, correlata non solo alle caratteristiche naturali ed antropiche di un sito, ma anche al contesto socio-economico.Il contributo si colloca nell'ambito delle ricerche che approfondiscono approcci ex ante proattivi, sistemici e integrati di gestione del rischio: studi recenti, infatti, mostrano che lo stesso tipo di evento può determinare gradi molto differenti di danno, che dipendono principalmente dalla capacità di "reagire" del territorio e della sua comunità.Partendo da tali assunti, si propone una metodologia di analisi della vulnerabilità dei sistemi urbani in contesti a rischio sismico, sperimentata nell'ambito del progetto di cooperazione internazionale "Estudio de la amenaza sísmica y vulnerabilidad física del Gran Santo Domingo".La sperimentazione è stata supportata dall'implementazione di un Geographic Information System (GIS) che ha consentito di lavorare attraverso mappe e dati georeferenziati, per l'elaborazione di "Indici di Vulnerabilità" e tavole tematiche rappresentativi delle attuali condizioni di vulnerabilità della città.Tale analisi è considerata il presupposto conoscitivo per la definizione di azioni integrate capaci di migliorare la risposta complessiva della città in caso emergenza, e quindi la sua resilienza in termini morfologici, funzionali e socio-economici. ; Resilience vs Vulnerability in Urban Systems for Dinamic Balance in Contemporary City
La metafora della resilienza è entrata nel campo della pianificazione urbanistica e territoriale alla fine del secolo scorso come strumento per ottenere città più sostenibili. Ricerche, testi scientifici, politiche e azioni sono stati sviluppati negli ultimi anni sul tema della resilienza, in risposta alle sfide poste dal cambiamento climatico. Tra le differenti definizioni, la più adeguata alla disciplina urbanistica è certamente quella ecologica che guarda al "sistema città" come ad un organismo in continua trasformazione, che si organizza in conseguenza di eventi stressanti, naturali o socio-economici, per raggiungere accettabili livelli di efficienza. I tre filoni tematici di ricerca sono relativi a resilienza e sostenibilità, resilienza e adattamento e resilienza e rischi territoriali.Le sfide della resilienza sono molteplici e riguardano innanzi tutto i cambiamenti naturali e sociali in atto: da un lato, il climate change che implica aumento del dissesto idrogeologico, del rischio alluvioni, dell'erosione costiera, della desertificazione, della produzione dell'isola di calore urbano, della riduzione dei beni primari come l'acqua e i prodotti agricoli e, dall'altro, la crescita demografica, la concentrazione della popolazione urbana, la scarsità delle risorse energetiche, il crescente divario tra paesi ricchi e poveri. La pianificazione territoriale per la resilienza deve informarsi ai principi di limitazione del consumo di suolo, di progettazione delle infrastrutture verdi, di valorizzazione della mobilità lenta e del patrimonio rurale e architettonico-culturale, di riduzione e gestione dello sprawl orientandosi verso modelli di città compatta. Dal punto di vista teorico, l'approccio culturale di base che orienta il modo di vedere la città resiliente è intriso di strutturalismo e di teoria sistemica. Inoltre, di particolare importanza è il ricorso al concetto di milieu urbano che rappresenta uno strumento teorico ed operativo di lettura del territorio particolarmente adatto alla comprensione delle qualità di resilienza di una regione urbana, cui fare riferimento per l'implementazione di azioni/progetti di trasformazione.Si sostiene pertanto di leggere le ricerche, le esperienze e le azioni sulla resilienza urbana ponendo attenzione ai principi della visione sistemica e del milieu locale entro il quale rinvenire i presupposti di produzione di innovazione utile a reagire agli shock impattanti sul territorio. ; The metaphor of "resilience" appeared in urban and regional planning at the end of last century as a tool to achieve sustainable cities. Scientific research, policies and actions have been recently developed on resilience as response to the challenge of climate change. The most appropriate definition of resilience related to town planning is the ecological one looking at "city system" as an organism in continuous transformation. The city acts as a living organism able to react to stressful events, natural or socio-economic, to achieve acceptable levels of efficiency.The three prevailing thematic fields on the resilience studies focus on: resilience and sustainability, resilience and adaptation, resilience and territorial risks.The challenges of resilience concern natural and social changes such as: climate change, hydro-geological risk, flood risk, coastal erosion, desertification, urban heat island, lack of primary goods (water and agricultural goods), population growth, increasing concentration of urban population, scarceness of energy resources, growing gap between rich and poor countries.Spatial Planning for resilience should adopt principles of sustainable design like: decrease of land consumption, green infrastructure, enhancement of slow mobility, protection of rural and cultural heritage, sprawl reduction, compact city models.From a theoretical point of view, the cultural approach on the resilient city has been founded on structuralism and systems theory. Moreover the concept of urban milieu represents a theoretical and operational tool for territorial analysis because it is able to recognize the qualities of resilience of an urban region, aimed to the implementation of actions and physical projects.The editorial suggests to examine scientific studies, experiences and actions on urban resilience, paying attention to the theoretical principles of systemic analysis and local milieu in order to explain the capabilities of urban regions to produce useful innovation to face the stressed events impacting on the territory.
La crisi pandemica ha portato molti osservatori a ipotesi paradigmatiche di cambiamento in campo culturale. Il saggio cerca di ricercare la fattibilità giuridica e normativa, de iure condito, di tali scenari futuri. In primo luogo, rileva che tale cambiamento consentirebbe l'applicazione dei principi europei e costituzionali di sussidiarietà orizzontale e verticale, nonché il rilancio delle politiche territoriali e integrate, in particolare quelle di natura culturale. Infine, vengono posti al vaglio possibili strumenti di governance partecipativa delle politiche di gestione culturale del territorio, quali fondamenti di comunità. Certamente bisognerà approfondire meglio le premesse, le analisi e le tesi dell'argomento qui esaminato. Gli eventi futuri possono indicare se le attuali premesse sistemiche e macroeconomiche incerte legate alla situazione di emergenza fossero corrette. Date queste premesse, si è cercato di fornire soluzioni attuabili nel quadro delle coordinate offerte dall'attuale ordinamento per rispondere con tempestività ed efficacia "alle sfide del cambiamento". The pandemic crisis led many observers to paradigmatic hypotheses of change in the cultural field. The essay tries to research the legal and regulatory feasibility, de iure condito, of such future scenarios. Firstly, it notes that such change would allow the application of European and constitutional principles of horizontal and vertical subsidiarity as well as the revitalization of territorial and integrated policies, in particular, those of cultural nature. Finally, possible participatory governance instruments of territorial cultural management policies, as community foundations, are placed under scrutiny. Certainly, the premises, analyzes and theses of the topic here examined will need to be better explored. Future events may indicate whether the current uncertain systemic and macro-economic premises linked to the emergency situation have been correct. Given these premises, the attempt was to provide feasible solutions within the framework of the coordinates offered by the current legal system in order to respond promptly and effectively "to the challenges of change".
Il contributo illustra – e mette a confronto – due esperienze di ricerca realizzate nell'ambito delle attività di Terza Missione per la ricerca applicata dell'Università di Napoli Federico II. In entrambi i casi si tratta di progetti dimostratori volti a validare il rigore e l'originalità del metodo, nonché il contenuto di innovazione dell'esperienza progettuale. In entrambi i casi, infatti, si tratta di progetti tesi a definire metodi di controllo del processo decisionale, attraverso il rapporto informazione-decisione, lavorando sull'uso degli indicatori come supporto cognitivo delle scelte di programma e di progetto. A dare senso al confronto dei due casi studio è, inoltre, la comune collocazione nell'ambito disciplinare della progettazione ambientale che tradizione individua nei suoi contenuti scientifici connotanti il tema della governance dei processi complessi declinato sia ex ante, attraverso l'oggettivazione dei passaggi e della ricerca delle informazioni, sia in itinere utilizzando core set di indicatori per il monitoraggio ed il controllo. Il contributo si struttura pertanto a partire da un introduzione ai due casi studio che descrive il contesto scientifico e l'obiettivo dei progetti (volti ambedue a delineare prospettive di sviluppo economico eco compatibile per il turismo sostenibile ed eco-culturale) e prosegue con la descrizione dei due casi studio. Il primo paragrafo riporta l'esperienza realizzata per il Comune di Meta dove l'intento di valorizzare la linea di costa si traduce in un'analisi delle opportunità di sviluppo anche in base ad una analisi costi-benefici tesa a "pesare" le alternative di progetto in termini di risposta alla qualità del contesto e di richiesta di implementazione dei servizi esistenti. Il secondo paragrafo illustra il progetto INTERREG MedCoast.Net attraverso cui il partenariato europeo, composto da Italia, Grecia, Malta e Cipro, affronta il tema dell'applicabilità del regolamento EMAS alla gestione delle aree urbane costiere, scegliendo quale sito pilota l'area di Punta del Capo, nel Comune di Sorrento. ; The paper proposes the review of two case studies located in the context of the Sorrento Peninsula, Italy. Both studies are here discussed as demonstration projects referring to the topic of the proactive management of coastal areas. The paper highlights first the common ground of the case studies in order to define the framework of understanding that links together the two experiences despite the diversity of the project aims and of the specific findings of each. The two demonstration projects work indeed on the topic of the governance of coastal areas by the aim of improving sustainable tourism. The main aim of both projects lie in achieving methodologies for supporting decision process and for communicating design options at different levels: political, technical, social. Further, the projects work on the use of indicators for orienting project decision (ex ante) and for monitoring the project efficiency (in itinere). The paper illustrates the two experiences through the voices of the Authors/ Designers: the first part deals with the project proposal for enhancing the environmental and cultural value of the shoreline of Meta Municipality, a small centre near Sorrento, Italy, that aims at upgrading the existing urbanand environmental services (Losasso). The other paragraph discusses the INTERREG Cooperation Project - Med.Coast.Net - by which the EU partnership worked for testing the viability of Emas Certification for the urban coastal area management (Rigillo). Conclusion points in evidence the findings of each project in terms of innovation of the project process and of the design products. The last comment deals with the feedback received from the territory and the concerns about the gaps to fill.
The consequences of a catastrophe are often reflected in aspects that influence and modify communities' social assets, with impact on a multitude of dimensions that affect the individual and their economic, social, cultural and educational context, increasing the risk of educational poverty developing. Educationsystemsplayacrucial role in preventing and managing such situations, policies, and the professionals who operate in these systems. This contribution describes the results of qualitative research, which began in the earliest stages of the COVID-19 emergency, and which made use of interviews with privileged witnesses, or professionals working in the educational field (school managers, educators, teachers) across northern and central Italy. We investigated the experiences, motivations, and meanings of professional activity in an emergency and the resilient strategies implemented to ensure the quality of the interventions activated. ; Le conseguenze di una catastrofe si riflettono spesso su aspetti che influenzano e modificano gli assetti sociali delle comunità coinvolte impattando su una moltitudine di dimensioni che investono l'individuo e il contesto in cui è inserito in riferimento all'area economica, sociale, culturale e educativa, aumentando il rischio di generare condizioni di povertà educativa. Ruolo chiave nella prevenzione e nella gestione di tali situazioni è svolto dai sistemi educativi e dalle loro politiche, oltre che dai professionisti che in essi operano. Il contributo descrive i risultati di una ricerca qualitativa, svolta a partire dai primi momenti dell'emergenza COVID-19, che si è avvalsa di interviste a testimoni privilegiati, ovvero professionisti che operano in ambito educativo (dirigenti, educatori, insegnanti) distribuiti tra il Nord e il Centro Italia. Si sono indagate le forme che la povertà educativa ha assunto nei diversi contesti e le strategie resilienti messe in atto per contrastarla e per garantire la qualità degli interventi attivati.
La provincia di Salerno ha rappresentato, nella seconda metà del Novecento, una delle realtà più rilevanti del Mezzogiorno d'Italia sotto il profilo industriale. Nel secondo dopoguerra l'industria nell'area salernitana visse un'intensa crescita, soprattutto grazie agli aiuti per il Mezzogiorno. Rispetto alle altre aree del Sud Italia, non vi furono grandissimi stabilimenti siderurgici, metalmeccanici e petrolchimici ma vi fu un movimento vivace di piccole e medie industrie soprattutto nel settore manifatturiero. Tra gli anni Settanta e Ottanta le crisi nazionali e internazionali segnarono il passo dell'economia italiana e più in generale di tutte le economie occidentali. Nella provincia di Salerno le fabbriche statali, quelle appartenenti a multinazionali estere o alle grandi imprese del settentrione furono le più colpite dalla crisi. Al contrario molte aziende locali riuscirono, sebbene con momenti di incertezza, ad avere un ciclo di sviluppo ininterrotto. Si tratta principalmente di imprese familiari, create e gestite da imprenditori salernitani, espressione del territorio, della cultura, delle tradizioni, che hanno saputo trarre dal contesto locale le energie e spesso le risorse per puntare all'eccellenza. Ancora oggi, sebbene quarant'anni di legislazione speciale per il Mezzogiorno non siano bastati a mettere in moto uno sviluppo duraturo e soprattutto autonomo delle imprese meridionali, lo sviluppo industriale meridionale è legato alle piccole e medie attività imprenditoriali operanti soprattutto nel settore manifatturiero. Tra le diverse esperienze di capitalismo locale e familiare di quest'area del Mezzogiorno si è scelto di analizzare una delle realtà imprenditoriali più longeve della provincia salernitana: il sistema di imprese della famiglia Di Mauro di Cava de'Tirreni. Dalla fine dell'Ottocento, la famiglia ha saputo affermare, espandere e reinventare la propria attività nel campo della tipografia, dell'editoria, e della cartotecnica, passando indenne per le difficili congiunture del '900, e giungendo a essere attualmente una realtà di punta nel tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno.In the second half of the twentieth century, the Salerno province represented one of the most important industrial reality of the southern Italy. After Second World War, the Salerno province industry lived an intense growth, mainly thanks to the aids for the southern Italy. There were not many steelworks, petrochemical and engineering mills, compared to other areas of the southern Italy, but there was a lively movement of small and medium industries, especially in manufacturing. Among the seventies and eighties the national and international crisis damaged the Italian economy and also other Western economies. In the Salerno province, the state enterprises, those belonging to the foreign multinationals or the great enterprises of the northern Italy, were the worst hit by the crisis. On the other hand, although with uncertainty, many local enterprises managed to have a continuous development. They were mainly family businesses, created and managed by the Salerno province entrepreneurs, expression of the territory, the culture, the traditions that have been able to take energy from the local context and the resources to aim at the excellence.To this today, though forty years of special legislation for the southern Italy are not enough to launch a continuous development and in particular an independent development of the southern enterprises, the industrial development of southern Italy is linked to small and medium enterprises, especially in the manufacturing sector. Among the several experiences of local and family capitalism of the southern Italy, I have chosen to analyze one of the entrepreneurial reality more long-running of the Salerno province. It is the system of enterprises of the Di Mauro family from Cava de'Tirreni. Since the end of nineteenth century, the Di Mauro family was able to establish, expand and reinvent its business in the field of printing, publishing, and converting industry, passing unscathed to the difficult junctures of the twentieth century, and now coming to be very important in the business of the southern Italy.
Il paper restituisce gli esiti di un approfondimento congiunto condotto nell'ambito di una collaborazione scientifica in corso tra l'Università Sapienza, Roma Tre, l'UCLM e l'UPC che pone al centro della riflessione le relazioni tra mobilità, infrastrutture e urbanistica. In particolare, si intende evidenziare il potenziale delle infrastrutture nelle strategie di rigenerazione urbana, attraverso azioni di rilancio del trasporto pubblico e/o sostenibile quali "percorsi di resilienza". Quella tra mobilità, infrastrutture e territorio è una relazione complessa e una tematica interscalare, che interessa trasversalmente tutti i territori "urbanizzati", dai poli urbani alle aree interne del paese. L'individualità, l'ingovernabilità e l'insostenibilità dei flussi di mobilità nella città contemporanea sono legati ai modelli culturali globali e alle forme insediative e aggravate dalla settorialità delle politiche infrastrutturali che acuisce la polarizzazione socioeconomica. Tali problematiche possono trovare riscontro in una strategia integrata che concili nuovi assetti insediativi e scenari innovativi di mobilità sostenibile, riattivando o generando nuove relazioni urbane, garantendo una accessibilità democratica e diffusa. L'esigenza di una integrazione tra trasporti e urbanistica suggerisce nuove prospettive per la pianificazione che considerano il Diritto alla mobilità come valore collettivo, gli assi per il trasporto pubblico e le stazioni come reti e nodi complessi, "propulsori" di una urbanità inclusiva e le nuove forme di mobilità sostenibili come vettori di rigenerazione ambientale.
The Military Arsenal of La Spezia today occupies a plain a time populated by irreverent springs, the "sprugole", and streams that fed lush vegetation. In 1870 the massive project of General Chiodo imposed substantial changes to the geomorphology of the places and in a few years, thanks to major hydraulic engineering works, two large basins replaced the gardens of the friars and the industrial architectures of the naval base expanded westward up to besiege the ancient village of Marola. Since the focus of the defence system of the Navy has shifted to the south of the country, the landscape heritage of the Military Arsenal of La Spezia is facing a new significant transformation. The risk of jeopardizing its unity in favour of speculative or erosive mechanisms is high. To this political complexity, is added the one of a place that still presents interesting geomorphological features and a military identity, which it is hard to ignore. As part of plans for a sustainable transformation of this piece of the Gulf (Marola), which collects the auspices of citizenship and interpret geomorphological and ecological behaviour of the system it is useful today to investigate the landscape resilience of these places to propose new sustainable uses and create a new landscape.
This paper aims to stimulate a reflection on some keywords of ancient and modern political-philosophical thought: a) the concept of happiness as crossroads between individual interest and common wealth; b) the feeling of angst and dissatisfaction that strikes individuals and communities in transitional phases; c) the 'resilience' as ability to adapt in gap management, in order to face the current challenges of the great global crisis. ; Questo contributo intende stimolare una riflessione su alcune parole chiave del pensiero politico-filosofico antico e moderno: a) il concetto di felicità come punto d'intersezione tra l'interesse individuale e il bene comune; b) il sentimento di angoscia e di insoddisfazione che colpisce gli individui e le comunità nelle fasi di crisi e di transizione; c) la 'resilienza' come capacità di adattarsi nella gestione delle difficoltà, per meglio affrontare le attuali sfide della grande crisi globale.
This an account for an Italian magazine of the policy of urban displacement, that tries to trace its diffusion from the US and UK to Southern Europe. The hypothesis is that Marshall's plan has been crucial in popularizing an idea of large-scale movements of people that had its roots in the post-war massive population transfers.
1.Introduzione Nel 2014, nell'ambito dell'Agenzia Europea Frontex, prese avvio l'operazione Triton, coordinata dall'Italia. Da quel momento e fino al 2018, tutte le persone soccorse in mare dovevano essere portate in salvo sulle coste italiane. Una volta arrivate sul territorio, queste persone dovevano essere messe nella condizione di potere avanzare una richiesta di asilo o di protezione internazionale. Il già esistente sistema di accoglienza dedicato alle persone richiedenti asilo (SPRAR) si basava sulla disponibilità volontaria degli enti locali e non era in grado di gestire l'elevato numero di persone in arrivo. Furono per questa ragione istituiti (art. 11 Dlgs. n.142/2015) i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) sotto la diretta gestione degli Uffici Territoriali del Governo (Prefetture). I CAS erano quindi pensati come strutture temporanee ed emergenziali. Le azioni messe in atto dai CAS dovevano, innanzitutto, rispondere ai bisogni primari delle persone accolte, in termini di vitto, alloggio e assistenza sanitaria. Ma, a dispetto del loro carattere temporaneo, e alla stregua dello SPRAR, i CAS avevano l'obbligo di svolgere attività (apprendimento della lingua italiana, istruzione, formazione, inserimento nel mondo del lavoro e nel territorio, assistenza legale e psicosociale) finalizzate all'acquisizione di strumenti di base per favorire i migranti accolti nei processi di integrazione, di autonomia e di acquisizione di una cittadinanza consapevole. 1.1 I richiedenti asilo: L'accoglienza in Italia e una possibile traiettoria resiliente La maggior parte dei richiedenti asilo proveniva dall'Africa subsahariana o dall'Asia Meridionale (Afghanistan e Bangladesh e Pakistan) e aveva alle spalle un lungo viaggio di cui la traversata mortifera via mare o attraverso i Balcani o il Caucaso era solo l'ultima tappa. La durata media del viaggio dal paese di origine era di venti mesi, che si svolgevano quasi sempre al limite della soglia di sopravvivenza. È ormai ben documentato il fatto che la privazione di cibo, di ripari, l'affaticamento estremo, il senso di minaccia, i maltrattamenti ripetuti, i lutti dovuti alla perdita di persone care durante gli spostamenti sono condizioni che accomunavano tutti questi percorsi migratori. A queste, si aggiungeva, per la maggior parte di loro, un periodo di reclusione, che poteva superare l'anno, nei centri di detenzione della Libia dove le condizioni disumane, la pratica sistematica della tortura e della violenza sessuale sono state rese note e denunciate dalle principali organizzazioni internazionali, come Medici Senza Frontiere e Amnesty International (Fondazione Migrantes, 2018). Inoltre, l'alto potenziale traumatico di queste esperienze si aggiunge a vissuti altrettanto tragici legati alle circostanze di vita nel paese di partenza che aumentano la vulnerabilità dei migranti. Infatti, questi sono il più delle volte costretti a scappare da condizioni di instabilità politica, di gravi conflitti interni civili e di estrema povertà. È per quanto fin qui descritto che si può affermare che le persone in arrivo nei CAS sono portatrici di storie potenzialmente traumatiche e ad alta complessità psicosociale che richiedono un'attenzione particolare. Le pratiche d'accoglienza che vengono messe in atto nei centri devono tenere conto di tale complessità nel rispondere ai bisogni di ogni persona, sia nella dimensione psicologica sia in quella sociale. In questo modo, nel cercare di raggiungere l'obiettivo ultimo dell'integrazione dei richiedenti accolti, i progetti d'accoglienza potrebbero favorire la definizione di un loro processo di resilienza che li porti a vivere una condizione socialmente accettabile e di benessere. Il concetto di resilienza ha suscitato molto interesse in letteratura negli ultimi decenni. Un primo dato storico nell'evoluzione della teorizzazione di questo concetto (Cicchetti & Garmezy,1993) è lo spostamento dell'interesse dalla patologia e dalla vulnerabilità alla resilienza, che si può ricondurre alla diffusione di una prospettiva positiva e salutogena nella ricerca e nella pratica clinica e psicosociale (Bonanno & Diminitch, 2013; Bonanno, Westphal, & Mancini, 2011; Cicchetti, 2013; Cyrulnik & Malaguti,2015; Walsh, 2016). Negli anni il concetto di resilienza è stato indagato a partire da diversi approcci. Da alcuni autori (Costa & McRae, 1980) è stato studiato come un tratto di personalità, stabile e fisso, da altri (Wagnild & Young, 1993) come l'abilità di fronteggiare e adattarsi positivamente a eventi stressanti o avversivi. Cicchetti (2013), concettualizzando la resilienza come un processo, ha concentrato l'attenzione sui fattori che lo determinano, con particolare interesse a quelli genetici e neurali. Bonanno e Diminitch (2013) si sono, invece, concentrati su quei fattori di rischio o quelle condizioni esistenziali potenzialmente vulnerabili che possono determinare il processo e che gli autori (Bonanno et al., 2011) definiscono come eventi potenzialmente traumatici (EPT). Rutter (2012), da parte sua, ha teorizzato la resilienza come un concetto dinamico dato dalla continua interazione tra i fattori protettivi e di rischio, portando all'attenzione l'influenza ambientale. Tuttavia, sebbene l'autore (Rutter, 2012) abbia messo in luce la funzione dell'ambiente nel processo di resilienza, sono gli approcci più ecologici e sociali (Anaut, 2005; Cyrulnik, 2001; Cyrulnik & Malaguti, 2015; Malaguti, 2012; Walsh, 2016) che hanno enfatizzato e dato maggiore importanza ai fattori contestuali, sociali, familiari e relazionali nella definizione del processo di resilienza. In particolare, secondo Cyrulnik (2001), posti i fattori di protezione, il processo non può avvenire che nell'ambito di relazioni significative. Nello specifico, l'autore distingue tre elementi fondamentali che rendono conto, nell'insieme, del processo: 1- le esperienze pregresse nell'infanzia e nella storia personale dell'individuo, la qualità dei legami di attaccamento e la capacità di mentalizzazione; 2- il trauma e le sue caratteristiche (strutturali, contingenti ed emotive e sociali); 3- la possibilità di risignificare la tragedia avvenuta attraverso il sostegno affettivo e la relazione d'aiuto, descritta, genericamente come l'incontro con l'Altro. Secondo l'autore, la persona costruisce nel proprio passato, in particolar modo durante l'infanzia, attraverso il legame di attaccamento sufficientemente sicuro, le risorse e la capacità di mentalizzazione utili per affrontare e risignificare il trauma. È in questo spazio relazionale quindi che la persona forma una rappresentazione di Sé come persona amabile, capace di affidarsi e di costruire relazioni forti e significative anche in futuro. La capacità e la possibilità di costruire queste relazioni sono viste come le condizioni che possono aiutare la persona a riconoscere le risorse da attivare per superare la profonda ferita incisa dall'esperienza traumatica e per ristabilire un equilibrio nella propria esistenza. Nell'ultima fase della sua teoria l'autore specifica l'importanza di una figura che chiama tutore di sviluppo o di resilienza, le cui caratteristiche e funzioni sono approfonditamente delineate nella pubblicazione di Lighezzolo, Marchal, & Theis (2003). Secondo gli autori, il tutore di resilienza deve favorire un processo di autonomia e ri-strutturazione del sé, trasmettere sapere, fornire esempi e modelli che permettano e legittimino l'errore; non deve quindi ricoprire un ruolo insostituibile e onnipotente. Il tutore di resilienza, sia esso una persona adulta informale o una figura istituzionalizzata nel sistema di cura e presa in carico della persona, è una risorsa esterna che coadiuva nel processo di resilienza. In questo ultimo caso, la formazione e la definizione del ruolo dell'operatore nel processo di presa in carico contribuiranno alla costruzione di un efficace intervento sociale e clinico per la promozione della resilienza nell'assistito (Manciaux, 2001). Negli ultimi anni, una serie di rassegne internazionali (Agaibi & Wilson, 2005; Siriwardhana, Ali, Roberts, & Stewart, 2014; Sleijpen, Boeije, Kleber, & Mooren. 2016) e in Italia (Tessitore & Margherita, 2017), hanno tentato di sistematizzare i risultati degli studi sul processo di resilienza nell'esperienza potenzialmente pluritraumatica della migrazione, con particolare attenzione alla condizione esistenziale di rifugiato. I risultati evidenziano e si concentrano, soprattutto, sui principali fattori di rischio e quelli protettivi che possono intervenire nel processo di resilienza a seguito di queste esperienze pluritraumatiche. In questi lavori emerge, tuttavia, la necessità per la ricerca di individuare strategie e procedure per interventi e pratiche mirati ed efficaci a promuovere il processo di resilienza nei contesti dell'accoglienza. In particolare, rispetto al contesto italiano si riscontra che sono stati svolti pochi studi sul tema, ancora da approfondire (Tessitore & Margherita, 2017). L'analisi approfondita delle pratiche costruite e messe in atto nell'ambito dell'accoglienza negli ultimi anni in Italia risulta rilevante per una sistematizzazione di conoscenze e competenze e utili per la progettazione di interventi psicosociali efficaci. La presente ricerca si poneva l'obiettivo di studiare, se e in che misura, le pratiche dell'accoglienza e le strategie di intervento messe in atto nel sistema CAS di Parma e Provincia abbiano favorito un processo di resilienza nei richiedenti asilo accolti. Inoltre, si poneva l'obiettivo di comprendere se e in che modo l'operatore dell'accoglienza potesse svolgere una funzione di tutore di resilienza. Poiché basandosi sulla teorizzazione di Cyrulnik (2001), l'esito del processo di resilienza è dato dall'interazione dei fattori protettivi individuali, dalla qualità/intensità del trauma e/o comunque delle situazioni avverse e dall'incontro con i possibili tutori di resilienza, il progetto si è sviluppato in due fasi e ha tenuto conto sia dell'esperienza dei richiedenti asilo sia di quella degli operatori. Rispettivamente, nella prima fase l'obiettivo della ricerca si proponeva di individuare le risorse/vincoli personali presenti nella biografia dei richiedenti asilo, i vissuti emotivi e la qualità dei legami stabiliti nel passato, di individuare le risorse/vincoli messe in gioco durante il viaggio e, infine, di individuare le risorse/vincoli con funzione protettiva dal momento dell'arrivo in Italia e in particolare nel CAS di residenza e nella relazione con gli operatori. Nella seconda fase, la ricerca mirava a individuare le risorse e le competenze, rintracciabili nelle biografie degli operatori dei CAS messe in gioco nella pratica professionale e di conoscere le loro motivazioni alla base della scelta professionale, e a comprendere il significato e l'uso consapevole della relazione con i richiedenti asilo nella loro pratica professionale e, infine, a valutare la qualità della loro vita professionale tenendo conto del forte carico emotivo dovuto alla relazione con i richiedenti asilo e il loro vissuti traumatici. 2. Migrazione ed Europa: Una revisione sistematica sulla promozione della resilienza dei richiedenti asilo negli Stati membri dell'Unione Europea. La migrazione è un fenomeno complesso determinato dall'interazione di fattori di espulsione e di attrazione. L'Europa ha sempre svolto un ruolo di attrazione nei flussi migratori. Negli ultimi anni, le direttive per gli Stati membri hanno mirato a promuovere il benessere dei richiedenti asilo. È importante sviluppare la resilienza per raggiungere il benessere delle persone. L'obiettivo della revisione sistematica è stato quello di esplorare come viene studiata la resilienza nei richiedenti asilo nei paesi dell'UE. Sono stati consultati i database internazionali PsycINFO, PubMed, Web of science, Scopus, MEDLINE, Psychology e behavioural collection. Gli articoli sono stati analizzati secondo i criteri PRISMA. Sono stati ottenuti 12 articoli. Dall'analisi qualitativa sono emersi tre approcci principali e quattro principi teorici fondamentali che potrebbero guidare lo studio della resilienza in contesti migratori. Lo studio della resilienza può essere orientato verso un approccio clinico, clinico e sociale o psicosociale. Inoltre, la ricerca ha tenuto conto della necessità di costruire una nuova narrazione di sé e della propria storia nei richiedenti asilo, di restituire agency ai richiedenti asilo, di valorizzare il proprio contesto culturale e quello del paese ospitante e di promuovere una democratizzazione del sistema istituzionale di accoglienza. Si suggeriscono implicazioni per le politiche degli Stati membri dell'UE coinvolti in prima linea nella gestione dell'accoglienza in Europa. Data la limitata letteratura sull'argomento, questa rassegna suggerisce una nuova e originale visione di presa in carico dei richiedenti asilo attraverso una maggiore implementazione di interventi focalizzati sull'individuo e sulle sue risorse. 3. Promozione della salute psicosociale nei migranti: una revisione sistematica della ricerca e degli interventi sulla resilienza nei contesti migratori. La resilienza è identificata come una capacità chiave per prosperare di fronte a esperienze avverse e dolorose e raggiungere un buono stato di salute psicosociale equilibrato. Questa revisione mirava ad indagare come la resilienza è intesa nel contesto della ricerca sul benessere dei migranti e come gli interventi psicosociali sono progettati per migliorare la resilienza dei migranti. Le domande della ricerca hanno riguardato la concettualizzazione della resilienza, le conseguenti scelte metodologiche e quali programmi di intervento sono stati indirizzati ai migranti. Nei 63 articoli inclusi, è emersa una classica dicotomia tra la resilienza concettualizzata come capacità individuale o come risultato di un processo dinamico. È anche emerso che l'importanza delle diverse esperienze migratorie non è adeguatamente considerata nella selezione dei partecipanti. Gli interventi hanno descritto la procedura ma meno la misura della loro efficacia. 4. Il sistema d'accoglienza straordinaria di Parma e provincia: soddisfazione e benessere percepito dai migranti accolti. I servizi e le progettualità messi in atto nei CAS mirano a favorire integrazione, autonomia e benessere. Questi obiettivi si strutturano sull'attivazione e promozione di risorse dei richiedenti asilo. Nello specifico, vanno ad innestarsi sulle loro abilità, sulle conoscenze, sulle competenze, sulla loro agency e sulla capacità di proiettarsi verso un futuro. Poiché i richiedenti asilo sono i principali attori e fruitori di questi servizi, la valutazione di efficacia e di raggiungimento degli obiettivi preposti deve tenere conto necessariamente del loro punto di vista. I richiedenti asilo che hanno partecipato allo studio erano circa il 20% della popolazione dei richiedenti asilo adulti presenti nel territorio di Parma e provincia. Per la stratificazione del campione si è tenuto conto della variabile del paese di origine, della collocazione sul territorio provinciale (distretto) e il tempo di permanenza nel sistema CAS. È stato costruito un questionario ad hoc che mirava ad indagare la percezione di autonomia, di benessere personale, di soddisfazione verso sé stesso, la percezione di essere rispettato nelle proprie tradizioni culturali e la soddisfazione verso il servizio. Il questionario constava di una parte introduttiva, che forniva una breve descrizione al partecipante delle finalità d'indagine, e di diverse sezioni, che indagavano e approfondivano specifiche aree (temi) di interesse. Le prime due aree hanno rilevato i dati socio-anagrafici e il viaggio dei richiedenti asilo. La terza e la quarta area hanno indagato l'accoglienza nel centro e la struttura in cui risiedeva il beneficiario. Le altre aree si sono concentrate sui servizi primari (beni e servizi di prima necessità, assistenza medica) e servizi secondari (assistenza legale, lingua italiana, sostegno psicosociale, lavoro, mediazione culturale, orientamento al territorio e tempo libero) che gli venivano offerti. Le ultime sezioni si focalizzavano sul rapporto con gli operatori, sul progetto individualizzato e sui propri piani futuri. Alla fine del questionario vi era una breve sezione che mirava ad indagare la soddisfazione generale verso l'intero processo di accoglienza in Italia e la specifica esperienza nel territorio di Parma e provincia. Sono state effettuate delle analisi ed elaborazioni statistiche descrittive tramite il software SPSS. Dal questionario è emerso un quadro complessivo dei servizi offerti e una mappatura delle pratiche messe in atto all'interno delle strutture a partire dal punto di vista dei richiedenti asilo. Questi hanno espresso una generale soddisfazione del sistema accoglienza in Italia e in particolare di quella ricevuta a Parma. Hanno riportato un senso di protezione e sicurezza e una generale percezione di capacità e autonomia raggiunta in molti dei servizi e ambiti della quotidianità. Le aree più critiche sono risultate essere l'assistenza legale, l'avviamento lavorativo, la creazione di relazioni sociali con italiani nel tempo libero, la progettazione individualizzata e in particolare il sostegno psicosociale e, infine, la progettazione futura. In queste aree i richiedenti asilo hanno espresso una bassa soddisfazione verso il servizio di sostegno ricevuto, una scarsa consapevolezza di sé e delle proprie capacità e una bassa percezione di un'autonomia conquistata dal singolo servizio e, più in generale, dalla struttura d'accoglienza. 5. Vissuti, fattori di protezione e fattori di rischio nelle biografie dei richiedenti asilo: la definizione di traiettorie di resilienza nei Centri d'Accoglienza Straordinaria. I richiedenti asilo sono portatori di storie potenzialmente traumatiche a seguito delle quali possono vivere distress psicologico e PTSD nel paese d'accoglienza. Qui vengono inseriti in programmi che mirano a favorire benessere psicologico e integrazione. Tale processo è definito resilienza, La resilienza è un processo che vede le persone impegnate a guarire da esperienze dolorose, a prendersi cura della propria vita per continuare a svilupparsi positivamente in modo socialmente accettabile. Il presente studio mira a comprendere i fattori di protezione e le risorse personali e sociali che possono favorire il superamento dei traumi e un processo di resilienza nei richiedenti asilo. Sono stati somministrati 29 test CORE-10 e questionari costruiti ad hoc per il sostegno sociale percepito e condotte altrettante interviste in profondità. Con risultati moderati e gravi di distress psicologico nei partecipanti, sono emersi fattori protettivi e risorse già nella fase pre-migratoria. I legami di accudimento sembrano svolgere una funzione protettiva anche durante l'accoglienza, favorendo la costruzione di rapporti di fiducia. Il supporto sociale della comunità d'accoglienza e quello degli operatori nei centri possono influenzare la definizione di traiettorie resilienti. Lo studio solleva implicazioni di tipo clinico e sociale. Nei suoi limiti lo studio vuole essere un'apertura a nuovi approfondimenti di ricerca. 6. La qualità della vita professionale di chi lavora con i richiedenti asilo: Compassion Staisfaction, Burnout e Secondary Traumatic Stress negli operatori dell'accoglienza In Italia negli ultimi anni sono stati strutturati Centri di Accoglienza Straordinaria per rispondere ai bisogni primari e secondari dei richiedenti asilo approdati sulle coste mediterranee. A seguito dell'apertura dei CAS, sul territorio nazionale si è formato un nuovo corpo professionale, i professionisti dell'accoglienza. Poiché inizialmente non è stata richiesta una formazione specifica in base al contesto e agli obiettivi posti, il loro profilo professionale derivava tendenzialmente dai diversi percorsi formativi e lavorativi precedenti. Considerando il mandato istituzionale del loro lavoro, quale favorire l'accoglienza e una completa presa in carico dei richiedenti asilo, i professionisti dell'accoglienza sono quotidianamente coinvolti nella relazione con gli accolti ed esposti ai racconti traumatici o ai sintomi agiti di questi. Infatti, i richiedenti asilo sono persone spesso profondamente traumatizzate dalle esperienze passate, dal viaggio, ma anche disorientate e impreparate per la complessa esperienza dell'accoglienza e dell'integrazione. Questo aspetto del lavoro con i richiedenti asilo può influenzare il clima e la qualità della vita professionale dei professionisti dell'accoglienza. Infatti, come nelle altre professioni d'aiuto continuamente esposte a eventi stressanti o traumatici, anche nel lavoro di cura e accoglienza dei richiedenti asilo è alto il rischio di sviluppare i sintomi negativi associati al burnout e al trauma vicario. Sebbene, negli ultimi venti anni, la qualità della vita professionale sia stata ampiamente approfondita in diversi settori, non risultano studi che esplorino questo tema tra i professionisti del settore dell'accoglienza. In questo studio è stato sottoposto il questionario ProQOL 5 ai professionisti dell'accoglienza dei Centri di Accoglienza Straordinaria di Parma e provincia, attivamente coinvolti nella relazione d'aiuto con i richiedenti asilo, con lo scopo di definire lo stato di benessere psicosociale rispetto alla loro qualità di vita professionale. Anche se si è dimostrato che mediamente i professionisti dell'accoglienza riportano una buona soddisfazione nello svolgere il proprio lavoro, sono emersi tre profili. Il primo gruppo sembra esprimere soprattutto Burnout, il secondo gruppo una maggiore Compassion Satisfaction e il terzo gruppo un malessere evidente sia per il Burnout che per il Secondary Traumatic Stress. I dati ottenuti permettono di colmare parzialmente un vuoto nella letteratura di settore. Inoltre, la rilevanza dei dati spinge alla riflessione sulla possibilità di incoraggiare interventi efficaci di prevenzione e management delle organizzazioni, al fine di favorire il benessere psicosociale di questo corpo professionale emergente. 7. Essere professionisti dell'accoglienza: l'importanza di un uso consapevole del Se' nella relazione d'aiuto e la funzione del tutore di resilienza. All'interno dei CAS sono stati impiegati professionisti di differenti background formativi ed esperienziali. Appannaggio degli operatori è l'attivazione dei servizi interni ed esterni e il monitoraggio di tutte le fasi del progetto di accoglienza. La presa in carico si configurerebbe come una relazione d'aiuto possibile attraverso la compresenza di diversi aspetti di Sé. Chi lavora con i richiedenti asilo deve affrontare e gestire vissuti potenzialmente traumatici che influenzano il buon esito dell'intervento clinico-sociale. Nel favorire benessere psicologico nei beneficiari, gli operatori svolgono funzioni che richiamano quelle del tutore di resilienza. In questo studio si è esplorata la rappresentazione dei professionisti dell'accoglienza e la consapevolezza di Sé a partire dal loro punto di vista. Sono stati condotti tre focus group e le trascrizioni verbatim sono state analizzate secondo l'approccio IPA. Sono emersi tre aspetti del Sé (Sé personale, Sé professionale e Sé burocrate). Il Tempo e il Contesto sociale sono risultate possibili variabili che influenzano la relazione d'aiuto. Lo studio propone implicazioni di ricerche future e di policy. 8. Conclusioni Negli anni il sistema italiano dell'accoglienza si era ormai rodato e formalizzato su due principali dispositivi: il sistema SPRAR e i cosiddetti Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS). Tuttavia, negli ultimi due anni, con il cosiddetto decreto Salvini (D.lg. 4/19/2018 n° 113), si è assistito ad un graduale ridimensionamento dei numeri degli accolti e ad una conseguente chiusura di strutture del sistema CAS. Pertanto, assume rilevanza e importanza capitalizzare le esperienze di accoglienza e comprenderne maggiormente le potenzialità e i limiti. Con la presente ricerca e le analisi delle pratiche d'accoglienza e delle progettualità messe in atto all'interno del sistema CAS sono emersi due risultati principali. Il primo risultato emerso è che i richiedenti asilo accolti abbiano consapevolezza delle risorse e dei fattori protettivi che hanno acquisito nell'arco di vita. Inoltre, si è evidenziata una forte e imprescindibile interdipendenza tra i vissuti psicologici, i bisogni e le risorse dei richiedenti asilo e la funzione relazionale dell'operatore dell'accoglienza. Dalla ricerca è emerso che il valore di tale interdipendenza, non essendo riconosciuto formalmente e quindi esplicitamente richiamato nelle norme e regolamentazioni, era dipeso da un reciproco riconoscimento dei richiedenti asilo accolti e degli operatori. Tuttavia, questa relazione, se opportunamente strutturata e formalizzata, può favorire la definizione di traiettorie di resilienza e il raggiungimento degli obiettivi di integrazione, autonomia e benessere psicosociale. Al momento in cui è stata condotta la ricerca, questi obiettivi erano parzialmente raggiunti. Infatti, sebbene nel sistema d'accoglienza i richiedenti asilo abbiano percepito di essere in un luogo sicuro e protetto e fossero generalmente soddisfatti dei servizi offerti, hanno riportato livelli medio-alti di disagio psicologico. Il valore traumatico delle loro esperienze di vita è stato esplorato e compreso nella sua diacronicità, in quanto i vissuti traumatici sono rintracciabili non solo durante il viaggio ma già nelle esperienze pre-migratorie. Le biografie dei richiedenti asilo sono segnate da profonde ferite, che spesso risalgono a perdite, lutti o tradimenti da parte delle figure significative dell'infanzia o della comunità allargata, fino a sentirsi espulsi dalle politiche disattente degli Stati d'appartenenza. Anche l'arrivo in Italia e l'inserimento nel sistema d'accoglienza comportano sfide esistenziali, che in alcuni casi arrivano a reiterare esperienze traumatiche passate. Nonostante questo, i richiedenti asilo hanno mostrato consapevolezza delle proprie risorse e dei fattori di protezione acquisiti già durante l'infanzia, attraverso le relazioni significative e di accudimento. Queste risorse hanno svolto una funzione di protezione e sostegno nel loro sforzo psicologico di fronteggiare e sopravvivere alle avversità incontrate in tutto l'arco di vita. Nonostante la loro consapevolezza e tenuto conto della permanenza relativamente lunga nel sistema d'accoglienza, è risultato che le esperienze traumatiche non trovano uno spazio adeguato di ascolto e di ri-significazione una volta inseriti nei progetti di accoglienza. Le caratteristiche strutturali e organizzative del sistema non sembrano favorire quell'incontro con l'Altro che può garantire la rielaborazione delle esperienze passate e riattribuire senso e agency alla propria vita, anche nella quotidianità. Al contrario, i richiedenti asilo sono consapevoli di ritrovarsi in una posizione di svantaggio rispetto al potere decisionale sui loro progetti di vita. Non sono coinvolti nelle scelte progettuali e non percepiscono una crescita personale nelle competenze e nelle capacità necessarie per rendersi autonomi. Tuttavia, i richiedenti asilo riconoscono negli operatori degli interlocutori diretti che svolgono un ruolo di congiunzione con la società ospitante. Nello svolgimento del proprio ruolo, gli operatori possono aprirsi ad un ascolto attivo di tutte le parti della biografia dei richiedenti asilo per costruire un rapporto di fiducia. Al fine di favorire la costruzione di tale rapporto, è importante che gli operatori nella loro pratica quotidiana mirino a riattribuire agency ai richiedenti asilo, coinvolgendoli nella progettazione individualizzata. Ciò favorirebbe la valorizzazione e l'attivazione delle risorse dei richiedenti asilo, l'instaurarsi di relazioni di fiducia che consentano la ricostruzione di significato delle proprie esperienze traumatiche di vita e la restituzione di una rappresentazione di Sé attiva e agente. In generale, si otterrebbe una maggiore adesione al progetto d'accoglienza. Inoltre, la valorizzazione della funzione relazionale degli operatori dell'accoglienza favorirebbe una maggiore qualità di vita professionale. I professionisti avrebbero così la possibilità di riconoscere e far riconoscere il proprio ruolo, che è stato profondamente messo in discussione dalla comunità e dalle politiche degli ultimi anni. Quindi, l'ascolto attivo, la riattribuzione di agency e l'esempio nella quotidianità da parte degli operatori favorirebbero il riconoscimento del loro ruolo come tutori di resilienza e promuoverebbero la definizione di traiettorie di resilienza. In questo modo si faciliterebbe il raggiungimento di uno stato di salute psicosociale nei richiedenti asilo. La legittimazione del ruolo funzionale della relazione tra i richiedenti asilo e gli operatori dell'accoglienza da parte del contesto sociale e istituzionale diventa un fattore necessario allo sviluppo di buone pratiche d'accoglienza e alla promozione di traiettorie di resilienza. 9. 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Imagining a modern conflict, many observers could agree that such a conflict would be conducted on all possible dimensions. NATO has a broad and consolidated overview on the threats to be faced on the ground, over and under the water, in the air and space, while only recently cyberspace is becoming an area of preeminent interest for the Alliance Countries. These continue to develop new weapons systems to operate in known dimensions while unfortunately their initiatives, in many cases, did not involve and develop the electronic warfare discipline, so a whole generation of military professionals have grown without adequate thinking about vulnerabilities inherent the operational use of the electromagnetic spectrum. This article aims to emphasize critical importance of electronic warfare, and, in general, of incumbent cyber threats in a global context characterized by rapid technological changes and to point out some possible organizational and strategic implications and challenges for the military, the civil and the industrial world. In order to keep pace with technology evolution, it is necessary, in particular, to develop new approaches to mitigate the effects of cyber-attacks. At corporate level, as well as, of course, governmental-institutional one, or for any complex organization, it is becoming increasingly essential to invest not only in technological development but also in legislation and cultural change, in order to increase cyber resilience in a context of evolution or transition from cyber defense to cyber resilience.
Following the series of 'severe' seismic events that began in 2009, Italian legislation classified demolition debris as urban waste, despite Directive 200898EC calling for the reuse/recycling of 70% of all waste from human activities by 2020. This choice will produce a technical, cultural, environmental and economic impoverishment in territories already under heavy strain. Considering the convergence between the paradigms of the Circular Economy and Smartness, the essay identifies possible technological innovations for creating repositories of recovered materials. Collective activities and spatialities tied to processes of selection, reuse and recycling can generate forms of social-organisational-collective resilience required to confront the losses and damages suffered by a community.
The ecological question can be assumed as one of the discourses where the systemic mutation between the juridical-political subject of liberalism, and the subject of interest of neoliberalism have matured. Starting with the transformations of the security sphere, and the shift of Sovereign/Governmentality nexus, I analyze human security and human resilience paradigms, highlighting the contiguity between ecological and political lexicon. I deal with concepts of risk, agency, and scarcity and, in conclusion, I propose a reading of Arendt's dimension of dwelling. The concept of World as a dwelling place opens a space, both on the political and the practical side, which could face the complexity of ecological system not through an adaptation strategy, as it is in the resilience perspective, but through the inter-subjective and political dimension of human beings.
La rappresentazione del periferico come spazio-problema domina media e arene politiche attraverso la narrazione degli esiti più macroscopici della questione urbana e dell'acuirsi delle disuguaglianze sociali. Ma se è vero che nelle periferie prendono forma problemi e conflitti emergenti, vecchie e nuove istanze di giustizia sociale e spaziale, è anche vero che esse si configurano sempre più come laboratori in cui si stanno forgiando alcune delle soluzioni più innovative di riappropriazione della città. Il carattere liminale e potenziale di cui le periferie sono espressione è stato sintetizzato efficacemente nella definizione di Roger Keil Suburban revolution, intesa quale espressione di quelle potenzialità creative tradizionalmente attribuite alle aree più centrali e che invece emergono in modo esponenziale negli stili di vita e nelle pratiche che si manifestano nei contesti urbani periferici. Nelle esperienze di innovazione in corso, le comunità sempre più spesso sperimentano forme di co-produzione e co-gestione informali ed esprimono un nuovo protagonismo e una maggiore consapevolezza del diritto alla città. Il paper discute le enormi potenzialità che le pratiche informali propongono per la trasformazione dei contesti periferici, ma ne mette in luce anche i limiti strutturali, sollecitando attraverso la descrizione di alcune esperienze in corso una riflessione critica sulla necessità di rinnovare lessico, dispositivi epistemologici ma anche di azione necessari a supportare la nuova 'rivoluzione suburbana'.