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Sulla storiografia del restauro
Non è stata ancora affrontata una riflessione approfondita sulla storiografia del restauro architettonico, sugli approcci riscontrabili nella letteratura prodotta e su un loro inquadramento nel più ampio contesto della cultura storica. Il presente contributo intende fornire alcuni elementi di analisi su tale argomento, con l'auspicio che ciò possa costituire lo spunto per l'apertura di un dibattito, magari esteso anche in senso extradisciplinare. A questo scopo, vengono esaminati tre fattori importanti che entrano ni relazione tra loro: 1) il dato costitutivo – del tutto particolare e gravido di conseguenze – di una storiografia nata con la stessa disciplina che ne forma l'oggetto, ovvero il fine strumentale o dimostrativo che ha caratterizzato il ricorso alla storia; 2) la complessità e problematicità dell'oggetto d'indagine, sia a causa del processo di ampliamento del campo disciplinare del restauro, come è andato maturando nel tempo – e dunque in rapporto alla vastità ed eterogeneità dei beni riferibili al patrimonio storico –, sia per la molteplicità delle implicazioni che interagiscono determinando sviluppi e accadimenti; ossia: clima culturale, evoluzione artistica, orientamenti ideologici (ovvero idee di restauro), sapere scientifico, capacità tecniche, contesto politico, sociale, economico, contingenze finanziarie, condizioni istituzionali, normative, gestionali, e altro ancora; 3) le tendenze in atto nella storiografia contemporanea, e cioè il fenomeno generale dell'espansione e al tempo stesso della frammentazione dell'universo considerato dagli storici; evoluzione che di pari passo è andata progredendo assieme all'apertura nei confronti del pluralismo delle culture e alla disponibilità a cogliere, su un piano relativistico, significati e valori nei diversi contesti del mondo. La diversificazione e l'articolazione degli approcci riguardo alla storia della conservazione del patrimonio ci hanno senz'altro fornito maggiori capacità di comprensione. E continueranno a farlo, al crescere di un interesse sempre più diffuso a livello globale. Ma resta imprescindibile che lo sguardo storico si rivolga al restauro come esito di architettura, nella sua ampia dimensione, che cioè indaghi il passato a cospetto delle opere, permettendo così di stabilire, in base alla loro interpretazione, relazioni con il presente. ; An in-depth consideration of the historiography of architectonic restoration had yet to be taken, meaning one that addresses the approaches to be observed in the literature of the field, as well as their place within the broader context of historical culture. The present contribution is meant to provide elements of use to an analysis of the topic, in the hope of encouraging a discussion that might possibly extend to other disciplines as well. With all this in mind, three key factors, each intertwined with the other, are examined: 1) the overriding state of the field – unique to this discipline and rife with consequences – seeing that historiography came into being together with the very discipline that it contemplates, as shown by the instrumental and demonstrative ends for which history is utilised; 2) the complex, problematic nature of the focus of any such historical research, due both to the ongoing expansion of the field of restoration over time – meaning the vast and varied collection of structures classifiable as historic treasures – and the multiple influences whose ongoing interactions engender further developments and phenomena; namely: the cultural climate, the evolution of artistic practices, ideological leanings (that is to say, ideas of restoration), scientific knowledge, technical skills, the political, social and economic context, financial factors of the moment, institutional, regulatory and operational conditions, to list just a few of those at play; 3) current trends in modern historiography, meaning the generalised expansion, and simultaneous fragmentation, of the universe considered by historians; an evolutionary development which has proceeded hand in hand with an increasing willingness to consider a plurality of cultures and to embrace, in relativistic terms, meanings and values received from various contexts throughout the world. The diversification and formulation of approaches to the history of the preservation of components of the architectural heritage undoubtedly provide us with an enhanced capacity for understanding. And this shall continue to be the case, what with interest in the field continuing to grow worldwide. But historians must still, at all costs, view restoration as the outcome of architecture in its broadest manifestations, investigating the past with an unwavering focus on the works of architecture themselves, so as to establish, through their interpretation, relations with the present.
BASE
Filosofia e storiografia
In: Edizione Nazionale delle opere di Benedetto Croce
In: 1, Corpus
In: Saggi filosofici 12
Problemi di storiografia dell'emigrazione italiana
In: Biblioteca 3
In: Serie storica
Sulla storiografia italiana dell'America Latina
In: Il politico: rivista italiana di scienze politiche ; rivista quardrimestrale, Band 78, Heft 3, S. 11-42
ISSN: 0032-325X
INTERVENTI: Storiografia del colonialismo fascista
In: Marxismo oggi: rivista quadrimestrale di cultura e politica ; rivista dell'Associazione Culturale Marxista, Band 20, Heft 2, S. 9-16
Aspetti della storiografia su Vichy
In: Teoria politica: Theory of politics = Teoría politica, Band 21, Heft 3, S. 143-158
ISSN: 0394-1248
L'Operazione Barbarossa storia e storiografia
L'Operazione Barbarossa è stata la più grande campagna militare della storia, ed ha deciso le sorti della Seconda Guerra Mondiale. Dal punto di vista storiografico possiamo individuare vari aspetti delle cause dello scatenarsi del conflitto.1 Innanzitutto vi era un'ostilità ideologica fra i due regimi nazionalsocialista e comunista; il regime tedesco si era prefissato come obiettivo la distruzione del bolscevismo, e si considerava il baluardo europeo contro la Russia sovietica. D'altro canto l'Unione Sovietica si considerava come baluardo antifascista, di cui la Germania hitleriana era la massima espressione. Difatti entrambi questi due paesi avevano ammiratori in Europa e nel mondo; gli Stati fascisti per quel che riguardava la Germania, il movimento comunista internazionale per quel che riguardava l'Unione Sovietica. Un'altra ragione dello scoppio delle ostilità fu quella geopolitica, soprattutto per quel che riguarda il punto di vista tedesco. Fondamentale è il concetto hitleriano del Lebensraum, lo spazio vitale destinato al popolo tedesco. Esso doveva essere conquistato nell'Europa orientale, a danno dei popoli definiti Untermenschen (sub-umani), dall'ideologia nazista: gli slavi, gli ebrei e i rom. La loro sorte sarebbe stata il genocidio o la riduzione in schiavitù.2 Tale attitudine fu esplicitata dallo stesso Hitler nel suo messaggio alle forze armate tedesche prima dell'inizio delle operazioni, nel quale dichiarò che la campagna di Russia sarebbe stata una "lotta" diversa da quelle affrontate fino ad allora in Europa ("i bolscevichi sono dei criminali e come tali devono essere trattati. Sono i creatori di metodi di lotta asiatici e barbarici"). È da ricordare che l'Unione Sovietica non aderiva alla Convenzione di Ginevra: ciò consentiva anche formalmente l'utilizzo di una brutalità senza precedenti da parte dei due eserciti. Ma il motivo determinante più probabile è un altro: fin dall'invasione della Polonia e la dichiarazione di guerra anglo-francese, i tedeschi avevano cercato la pace con gli inglesi, da questi sempre rifiutata. Vista questa determinazione britannica pensarono che davanti ad una "crociata anticomunista" la capitalista Gran Bretagna avrebbe acconsentito alla pace per permettere ai tedeschi di concentrare tutte le forze contro il comunismo. Invece, con grande stupore tedesco, la Gran Bretagna si alleò con l'Urss, in uno schieramento atipico.3 Hitler allora si decise ad attaccare l'Unione Sovietica, anche per costringere l'Inghilterra alla pace. Dal punto di vista strategico era importante per la Germania assicurarsi il Lebensraum ricco di risorse agricole (Ucraina), industriali (città come Stalingrado, Leningrado e Mosca) e petrolifere (Caucaso) prima che gli Stati Uniti d'America entrassero in guerra con il loro enorme potenziale bellico e industriale. Stalin sapeva che prima o poi Hitler avrebbe attaccato l'URSS, ma non si aspettava che l'aggressione sarebbe avvenuta così presto. Lo stato maggiore tedesco avvertì, invano, Hitler del grosso rischio di una guerra su due fronti. Il dittatore, però, come al solito sovrastimò se stesso, il suo popolo ed il suo esercito e si lanciò nell'ennesima puntata d'azzardo della sua carriera politica. Fino ad ora gli erano andate tutte bene; la condotta aggressiva tenuta dalla Germania fino a quel momento aveva consentito l'annessione della Saar e la smilitarizzazione della Renania, l'Anschluss con l'Austria, l'incorporamento dei Sudeti cecoslovacchi seguita poi dall'inglobamento della Cecoslovacchia stessa in un protettorato tedesco. Tutto questo senza sparare un colpo. Inoltre, nell'estate del 1939, Germania e Unione Sovietica erano diventate addirittura alleate; stipulando un patto di non aggressione con una clausola segreta che prevedeva la spartizione della Polonia.4 La guerre contro Polonia, Norvegia, Francia e nei Balcani erano state vinte con una rapidità straordinaria, usando la tattica della guerra-lampo. Aspettandosi una vittoria-lampo come in Francia, Hitler non preparò le truppe per una guerra destinata a protrarsi nei mesi invernali, che del resto sarebbe stata impossibile. Ad esempio, i soldati tedeschi non vennero dotati di un abbigliamento adatto ai rigori dell'inverno russo. In preparazione all'attacco, la Germania spostò 2,5 milioni di uomini a ridosso dei confini orientali, lanciò numerose missioni di ricognizione aerea sul territorio sovietico e accumulò enormi quantitativi di materiale logistico nelle zone di frontiera. Nonostante questi indizi evidenti, i sovietici furono colti letteralmente di sorpresa. Questo anche perché Stalin riteneva che la Germania avrebbe aperto il fronte orientale non prima di aver portato a termine le operazioni militari contro la Gran Bretagna. Nonostante le ripetute segnalazioni dei servizi segreti, Stalin si rifiutò di modificare la sua linea di condotta. Il dittatore riteneva che le informazioni ricevute fossero frutto della disinformazione britannica, volta a fomentare uno scontro diretto tra Germania e URSS. 5 La Germania contribuì a questo inganno, fornendo ai sovietici una versione dei fatti secondo la quale lo Stato Maggiore tedesco stava cercando di ingannare i britannici simulando un imminente attacco all'Unione Sovietica, mentre in realtà (la realtà che si voleva i sovietici fossero indotti a ritenere vera) le truppe e i rifornimenti sarebbero stati ammassati fuori dal raggio d'azione dei bombardieri britannici in preparazione di un'invasione della Gran Bretagna. È stato stabilito che una spia comunista, il dottor Richard Sorge, diede a Stalin la data esatta dell'inizio dell'Operazione. La strategia definitiva, concordata da Hitler e dai suoi assistenti nell'Alto Comando tedesco (OKW, Oberkommando der Wehrmacht), prevedeva l'impiego di tre gruppi d'armata incaricati di conquistare regioni ben definite e grosse città dell'Unione Sovietica. Il Gruppo d'armate Nord aveva il compito di marciare attraverso i paesi baltici e nella Russia settentrionale, al fine di impadronirsi della città di Leningrado (oggi San Pietroburgo). Il Gruppo d'armate Centro avrebbe puntato direttamente su Mosca, marciando attraverso l'odierna Bielorussia e le regioni centro-occidentali della Russia. Il Gruppo d'armate Sud avrebbe colpito la densamente popolata Ucraina, prendendo Kiev e continuando in direzione est verso le steppe della Russia Meridionale e i lontani campi di petrolio, fino ad arrivare al fiume Volga. Questa strategia conteneva già una debolezza intrinseca in quanto le tre direttrici avrebbero sparpagliato le forze sull'immenso territorio russo, evitando di concentrarsi su un unico settore. I generali, poi (specie Guderian) avrebbero voluto una penetrazione a freccia, direttamente verso gli obiettivi principali, mentre Hitler, più cauto, decise di tornare indietro a eliminare le sacche sovietiche rimaste pericolosamente nelle retrovie, perdendo tempo prezioso. Difficile stabilire quale di queste strategie avrebbe avuto migliori possibilità di successo; sta di fatto che si andava incontro a un territorio sterminato, povero di strade e con ferrovie di diverso scartamento, e i tedeschi combattevano in campo nemico a parecchie centinaia di km di distanza dai punti base.
BASE
STORIOGRAFIA RIGOROSA E PROPAGANDA REVISIONISTA
In: Essere comunisti, Band 2, Heft 8, S. 66-70
ISSN: 1972-2885
Storiografia e immaginario delle frontiere nordamericane
Nell'Ottocento, mentre è in atto l'avanzata statunitense verso il Pacifico, sono gettate le basi della sua raffigurazione. Relazioni di viaggio, rassegne giornalistiche, saggi storici, romanzi, quadri e dagherrotipi riscrivono in presa diretta lo scenario che i coloni stanno concretamente occupando e spesso lo chiamano "frontiera". In questa autocelebrazione hanno molta importanza le opere storiche: in particolare quelle di Washington Irving (1783-1859), George Bancroft (1800-1891) e Francis Parkman (1823-1893) ribadiscono di continuo come la nuova nazione si sia formata liberandosi dall'Europa e immergendosi nel proprio continente. In tale prospettiva esploratori, militari, cacciatori di pelli e agricoltori sono idealizzati quali l'avanguardia della nazione, gli eroi di una impresa unica che si svolge su una frontiera in continuo movimento. ; Nell'Ottocento, mentre è in atto l'avanzata statunitense verso il Pacifico, sono gettate le basi della sua raffigurazione. Relazioni di viaggio, rassegne giornalistiche, saggi storici, romanzi, quadri e dagherrotipi riscrivono in presa diretta lo scenario che i coloni stanno concretamente occupando e spesso lo chiamano "frontiera". In questa autocelebrazione hanno molta importanza le opere storiche: in particolare quelle di Washington Irving (1783-1859), George Bancroft (1800-1891) e Francis Parkman (1823-1893) ribadiscono di continuo come la nuova nazione si sia formata liberandosi dall'Europa e immergendosi nel proprio continente. In tale prospettiva esploratori, militari, cacciatori di pelli e agricoltori sono idealizzati quali l'avanguardia della nazione, gli eroi di una impresa unica che si svolge su una frontiera in continuo movimento.
BASE
Una tensione inessenziale: storiografia, concettualizzazione, generalizzazione
In: Il riccio e la volpe 33