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Il protezionismo dell'amministrazione Trump ha un doppio scopo. Da una parte, direzionare la domanda dei residenti verso prodotti nazionali (Buy American) per contrastare l'aumento di risparmio che potrebbe accompagnare l'enorme taglio delle tasse dello scorso anno (equivalenza ricardiana). Dall'altra, ridurre il deficit commerciale USA, soprattutto con Cina e India. Tutto questo ha però bisogno di una politica monetaria che continui ad essere accomodante. La Fed dovrebbe mantenere bassi tassi di interesse limitando l'effetto dei dazi sui prezzi interni con un dollaro svalutato. Si tratta di una pericolosa politica di stabilizzazione basata non solamente su basse aspettative di inflazione, ma anche su ritorsioni limitate dei partner commerciali. Un quadro internazionale non molto stabile.

In questo articolo, Giuseppe De Arcangelis si occupa dei recenti interventi di politica commerciale del presidente Trump e ne illustra le ragioni politiche ed economiche e gli effetti attesi. De Arcangelis sostiene che l'invocazione della minaccia alla sicurezza nazionale rappresenta la vera novità rispetto ad azioni simili di precedenti presidenti e ritiene che la reazione dei partner commerciali (in particolare dell'UE) debba avvenire all'interno dell'Organizzazione Mondiale del Commercio per conservare il patrimonio di relazioni commerciali multilaterali faticosamente costruito negli ultimi 70 anni.

L'articolo presenta il volume della rivista interamente dedicato agli effetti economici della migrazione in Italia e in Europa.

Mentre si moltiplicano gli inviti a pensare ai progetti da finanziare con il Recovery Fund, e la parola Recovery ricorre con grande frequenza, forse non ci si chiede abbastanza: che problemi si pongono per la ripresa e cosa si può fare per agevolarla, in tempi relativamente brevi? Per rispondere a queste domande è utile ricordare innanzitutto le principali caratteristiche della crisi in cui siamo immersi nonché le politiche fin qui adottate per contrastarla, e i loro effetti.

AbstractThis paper investigates the saving behavior of migrants in the UK across different dimensions, i.e., comparing temporary versus permanent migrants and migrants versus natives. Established theoretical predictions show that migrants save more when they plan to stay in the destination only temporarily as target savers. Our empirical evidence takes into account the contemporaneous choice of savings and remittances. Moreover, when comparing the saving profiles of both natives and migrants, we uncover the weight of observable socio-economic characteristics other than income and wealth. We use the British Household Panel Survey for the period 1991-2008. The estimation results confirm that temporary migrants have a propensity to save 26 per cent higher than permanent migrants in UK. We also introduce an index of financial capability adjusted for income as an explanatory variable and, when employing the Blinder-Oaxaca decomposition for the Tobit model of saving choice, migrants are more affected by observable social-economic characteristics than natives.

In questo Focus, Giuseppe De Arcangelis e Rama Dasi Mariani riflettono sulle ragioni del consenso verso le politiche protezionistiche che si stanno diffondendo a livello mondiale. Dopo aver ricostruito il dibattito sugli effetti dell'apertura commerciale, evidenziandone i benefici attesi in termini di efficienza e l'impatto sulla distribuzione del reddito, essi sostengono che questo impatto insieme alla limitazione della sovranità nazionale indotta da alcuni accordi commerciali, sembra essere la principale causa della crescente ostilità verso l'apertura delle frontiere a merci e servizi.

L'arrivo di nuova forza lavoro può avere conseguenze sulla struttura industriale del paese ricevente. In particolare, l'aumento di forza lavoro meno specializzata può incentivare la produzione in quei settori che più intensamente utilizzano quella tipologia di forza lavoro – ad esempio, i settori manifatturieri piuttosto che quello dei servizi avanzati. Tale effetto si può estendere alle esportazioni e aver contribuito a contenere i costi di produzione dopo l'introduzione dell'euro sostituendo l'effetto calmierante delle svalutazioni della lira degli anni ottanta e novanta. Inoltre, attraverso l'abbassamento dei costi di informazione sui loro paesi di origine, i migranti possono generare economie di rete nell'attivazione di nuove linee commerciali. La situazione italiana è particolarmente interessante poiché il fenomeno migratorio è stato molto intenso e rapido negli ultimi due decenni. A differenza di altre economie industrializzate, l'immigrazione in Italia si caratterizza per la varietà dei paesi di origine offrendo importanti opportunità riguardo ai due aspetti di struttura delle esportazioni e di margini intensivi ed estensivi di commercio internazionale. Alcuni interventi di politica economica e sociale riguardanti la migrazione possono essere progettati in modo da includere l'obiettivo di migliorare le performance del commercio internazionale dell'Italia.