Trasferimento di azienda e rapporto di lavoro
In: Enciclopedia 84
In: Diritto privato
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Introduzione Uno dei fenomeni giuridici complessi che in quest'ultimo decennio ha interessato e imposto interventi ripetuti del legislatore è quello attinente al "trasferimento d'azienda". In questa sua attività normativa, il legislatore nazionale è pervenuto ad una disciplina giuslavoristica ove sono stati elaborati e progressivamente affinati concetti di "azienda", "trasferimento" e "impresa" che nel diritto del lavoro assumono connotazioni particolari non propriamente coincidenti, per il loro contenuto, con quelli omologhi propri di altri rami dell'ordinamento giuridico quali ad esempio il diritto civile-commerciale e il diritto tributario. Sulla materia si è assistito ad un continuo intrecciarsi di successivi interventi legislativi e giurisprudenziali, accompagnati da ripetute pronunce della Corte di Giustizia delle Comunità che ha finito con lo spingere lo stesso legislatore europeo ad operare una serie di modificazioni e rettificazioni nelle proprie direttive in materia e, conseguentemente, il legislatore italiano di effettuare a sua volta adattamenti alla disciplina fino all'ultima stesura del 5° comma dell'art. 2112 c.c. introdotta con la legge Biagi del 2003. Proprio il mutamento che negli anni ha subito la citata disposizione è evidenziato nel presente elaborato poiché guardando a ritroso l'evoluzione della disciplina che ha regolato il rapporto di lavoro in caso di trasferimento d'azienda dall'emanazione del codice civile ai giorni nostri, è possibile ripercorrere le tappe di un itinerario normativo segnato dai cambiamenti radicali che ha subito in Italia la fisionomia dell'impresa. L'impresa, infatti, abbandonata la forma di stampo fordista sulla quale erano e sono tutt'oggi tarate le disposizioni del codice civile in materia di lavoro ha assunto quella reticolare risultante da una serie di operazioni denominate esternalizzazioni. Come attenta dottrina ha messo in rilievo, le cause dei cambiamenti dell'impresa vanno ricercate, in primo luogo, nella internazionalizzazione dei mercati che ha elevato il tasso di competitività delle imprese e conseguentemente ha obbligato le stesse a ridurre i costi di produzione e quindi anche il costo del lavoro; e in secondo luogo nel massiccio progresso tecnologico che ha contribuito in modo determinante al superamento della figura socialmente omogenea del lavoratore comune dell'industria sostituita da una pluralità di identità sociali dei produttori derivante da professionalità sovente molto sofisticate. In definitiva, è ormai crescente la propensione dell'impresa ad assumere articolazioni diverse sia sul piano societario sia mediante segmentazioni del processo produttivo; articolazioni che comportano entrambe la circolazione dell'azienda ovvero una modificazione della titolarità del complesso aziendale. Tale modificazione implica tutta una serie di conseguenze giuridiche che coinvolgono non soltanto cedente e cessionario, cioè coloro che realizzano l'operazione economica, ma anche un certo numero di soggetti con i quali sono in corso rapporti al momento del suo verificarsi. Il nostro ordinamento, come è avvenuto per altri stati membri dell'Unione Europea e per lo stesso ordinamento comunitario, ha dedicato una regolamentazione specifica ai riflessi della vicenda traslativa sui rapporti individuali di lavoro. Nello specifico, a tutela dei diritti dei singoli lavoratori nel caso di trasferimento d'azienda, il codice civile già conteneva una norma, l'art. 2112 c.c., il cui contenuto è stato arricchito e perfezionato in attuazione di direttive comunitarie. In particolare, l'art. 47 della legge 428 del 1990, che ha recepito la direttiva 77/187/CEE, non solo ha integrato il disposto dell'art. 2112 c.c. a tutela del singolo lavoratore coinvolto nel trasferimento d'azienda, ma ha aggiunto al primo un secondo e separato corpo normativo relativo ai diritti di informazione e consultazione collettiva. Più di recente il decreto legislativo 18 del 2001, in attuazione della direttiva 50/98/CE del 26 giugno 1998, ha sia sostituito l'art. 2112 c.c., che modificato l'art. 47 della legge 428 del 1990. In ultimo il decreto legislativo 276 del 2003, pretendendo di dare attuazione alla direttiva 23/2001/CE del 12 marzo 2001 che in verità non incide in modo innovativo sulla materia ma si limita a coordinare le disposizioni già vigenti, ha cercato di rimodellare la fattispecie del trasferimento di ramo d'azienda. Come è stato osservato la disciplina sul trasferimento d'azienda ha fatto da catalizzatore di fenomeni più ampi, di segmentazione del ciclo produttivo dell'impresa che fanno sì che il senso e gli effetti della disciplina protettiva vengano messi in discussione dal mutamento del fenomeno regolato, fenomeno complesso che non si esaurisce nel solo trasferimento dell'azienda o di un suo ramo, che è continuamente riregolato per effetto della legislazione nazionale e comunitaria, e che risente in maniera vistosa delle elaborazioni della giurisprudenza della Corte di Giustizia . Allo stato nel caso di trasferimento dell'intera azienda la nuova formulazione dell'art. 2112 c.c. prevede un sistema di pesi e contrappesi che, da un lato, riconosce l'interesse dell'imprenditore cedente ad alienare la compagine aziendale nella sua interezza e, dall'altro lato, garantisce l'interesse del lavoratore trasferendo a conservare il posto di lavoro assicurandogli la continuità del rapporto di lavoro presso il cessionario. In conclusione la disciplina a tutela del lavoratore nel trasferimento d'azienda e di ramo può essere suddistinta in quattro aree delle quali si dà conto nelle pagine che seguono, ovvero, la fattispecie del trasferimento d'azienda e di ramo, i diritti del lavoratore come singolo, i diritti collettivi e infine le specifiche regole dettate per il caso in cui il trasferimento riguardi aziende in crisi.
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Mentre il tema della globalizzazione sembra aver perso gli onori della cronaca rispetto a qualche anno fa, ne vediamo quotidianamente gli effetti e la grande influenza sul dibattito politico e sulle scelte dei cittadini. Un designer che accompagni un'impresa in un processo di internazionalizzazione che vada oltre la conquista di nuovi mercati e la delocalizzazione produttiva, deve essere consapevole della complessità degli intrecci tra economia e integrazione culturale, così come lo devono essere le istituzioni educa¬tive che formano i designer.
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2009/2010 ; E' stato esaminato il fenomeno dell'emissione di microinquinanti organici e composti organici persistenti (POP) nella Zona Industriale di Trieste, in rapporto alla contaminazione che essi causano nei Molluschi in Baia diMuggia. L'attività di ricerca condotta è coerente con i seguenti scopi: 1. descrivere gli elementi caratteristici dell'alterazione che viene generata, a partire dalle attività che la causano; 2. individuare gli elementi caratteristici dei fenomeni di alterazione ambientale, con particolare riferimento agli ecosistemi marini in Baia di Muggia; 3. elaborare un Modello Concettuale descrivente i fenomeni di alterazione presenti nell'area di studio, utile a valutare il rischio da essi derivante; 4. studiare la diffusione degli inquinanti nei molluschi presenti in Baia di Muggia, estrapolando le informazioni utili per la validazione del metodo di indagine. L'analisi dei dati ambientali si basa sullo schema "DPSIR" (Determinanti-Pressioni-Stato-Impatti-Risposte) elaborato da OCSE-EEA, secondo cui le attività civili, industriali, il traffico terrestre e navale, i siti inquinati (D) generano emissioni di inquinanti organici e metalli (P) che alterano le condizioni (S) dei vari comparti ambientali e del biota, causando impatti (I), si valutano le politiche di controllo e risanamento in termini di "Risposte" (R). Viene costruito un "dataset" delle sorgenti di POP e del loro contenuto in ciascun comparto ambientale, e quindi uno schema di esposizione utile a descrivere i meccanismi di alterazione e schematizzare gli Impatti. Con l'Analisi Multivariata sono esaminate le relazioni causa-effetto tra sorgenti e recettori. Coerentemente con lo schema di esposizione, sono campionati in varie stazioni costiere di Muggia molluschi marini appartenenti a tre specie: Patella caerulaea, Mytilus galloprovincialis e Pinna nobilis. Sono tutte rappresentative di popolazioni presenti in Golfo di Trieste e di diversi percorsi di esposizione agli inquinanti, avendo diverse abitudini alimentari e collocazione verticale. I campioni sono sottoposti a misurazioni biometriche e ad analisi chimica del contenuto di Idrocarburi Policiclici Aromatici. Dall'esame statistico delle relazioni di impatto e dai risultati analitici, le emissioni industriali risultano associabili alla contaminazione del biota, ed in particolare le sorgenti più impattanti sono le ricadute atmosferiche. I profili di contaminazione da POP nell'aria, nei sedimenti, nel biota, sono ben correlabili alle emissioni in atmosfera ed agli scarichi idrici. Sono osservabili effetti di migrazione preferenziale dei congeneri a basso peso molecolare, che risultano molto mobili, e che vengono selettivamente assorbiti in concentrazioni maggiori dagli organismi-bersaglio. Il loro contenuto nei molluschi aumenta sensibilmente dopo episodi di maltempo che movimentano i sedimenti, e si notano anche effetti di aumento delle concentrazioni in relazione all'evoluzione stagionale del ciclo biologico dei molluschi, con valori più alti nella stagione estiva, pre-riproduttiva. L'uso combinato di tecniche di esame dei processi industriali, di indagine chimica, di studio della biologia dell'organismo-bersaglio, di indagine statistica, hanno dato prova di costituire un potente strumento per l'indagime dell'alterazione nel biota e la previsione del rischio. ; XXII Ciclo ; 1962
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In: Politica del diritto, Volume 6, p. 305-339
ISSN: 0032-3063
La tesi si propone di enucleare gli aspetti e gli ambiti di pertinenza peculiari al paradigma sovrano batailleano e, attraverso tale enucleazione, di cogliere il compito politico che l'autore ha assegnato alla sovranità. A muovere la dissertazione lungo tale linea di indagine è l'ipotesi secondo cui la "sovranità" teorizzata da Bataille, per quanto non sia riferibile alle figure cardine della politica moderna (Stato, partito, classe), nondimeno costituisce la nozione cruciale del dispositivo teorico con cui l'autore si è approcciato alla sfera della politica ed è intervenuto nel suo campo di azione.
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In: Sociologia del lavoro, Issue 122, p. 139-152
Il rapido progresso tecnologico e la commistione di scienza e tecnologia nei settori più innovativi hanno ridefinito i contorni del perimetro normativo in cui gli attori accademici commercializzano i risultati della propria ricerca scientifica, qualificandosi come imprenditori accademici. Dopo una breve panoramica di alcune teorie sociologiche sulla produzione di conoscenza in ambito pubblico e privato, l'autore ipotizza che due diversi idealtipi di imprenditore accademico corrispondano a due distinti approcci nei confronti del trasferimento tecnologico. L'autore analizza in ottica comparata otto studi di caso di imprenditori accademici nel settore biomedico in Europa. L'evidenza empirica conferma la tipizzazione elaborata. Dall'analisi dei fattori istituzionali alla base delle differenze riscontrate appare cruciale il coinvolgimento dell'ateneo, che a sua volta dipende dal grado di centralizzazione dell'impianto accademico e dall'innovativitŕ del contesto industriale.
In: Istituto di economia e finanza della Facoltà di Roma. Pubblicazioni 18
In: http://hdl.handle.net/2027/hvd.hl3u0t
"Estratto dalla parte III del volume in onore di Francesco Schupfer." ; Bibliographical footnotes. ; Mode of access: Internet.
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In: Quaderni di tecnostruttura: QT, Issue 41, p. 131-132
ISSN: 1828-5163
In: Di fronte e attraverso 591
In: Terra terra
Per lungo tempo la storia della sovranità è coincisa con un uso spropositato della forza da parte del potere politico, che sovente si è tramutato in vero e proprio dominio. Le garanzie costituzionali su cui si è edificata l'Europa sembravano in grado, da sole, di poter relegare definitivamente nel passato le forme di sovranità assoluta. Ma nella realtà tracce di quel potere sfrenato e senza vincoli si rinvengono anche all'interno dei regimi contemporanei, rese palesi da sistematiche violazioni dei diritti fondamentali: il modo in cui l'Europa sta gestendo la questione migratoria costituisce in tal senso un caso emblematico. Se, dunque, di sovranità si deve ancora parlare, lo si deve fare necessariamente riconnettendola al tema dei diritti umani. Di fronte alla parziale erosione della sovranità nazionale ed al mancato definitivo compimento della sovranità europea, forse, solo intendendo la sovranità in questi termini si potranno fornire risposte più adeguate alle emergenze contemporanee.
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In: Nuovi studi politici: rivista bimestrale, Volume 36, Issue 1-2, p. 153-164