L' accesso alla tutela giurisdizionale nella procedura per il riconoscimento del diritto di asilo: un'analisi comparata sull'effettività in Italia e in Francia
In: CISR, Centro italiano per lo sviluppo della ricerca 65
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International audience ; È in un clima di contestazione che il presidente Chirac ha celebrato il 10 maggio 2006-data dell'approvazione della legge Taubira- la Giornata della memoria delle vittime della schiavitù, con il pieno consenso del " Comitato per la difesa della memoria degli schiavi " che, istituito il 5 gennaio 2004, sostiene la necessità di promuovere anche nelle scuole le conoscenze sulla tratta, la schiavitù e la sua abolizione, per farle uscire da una sostanziale " amnesia ". Le recenti polemiche francesi intorno alla storia della schiavitù e al suo riconoscimento come crimine contro l'umanità hanno nei fatti rivelato l'esistenza di un malessere, sia storico che sociale. L'esito controverso di questi dibattiti dimostra l'insufficienza delle conoscenze su questo fenomeno e le difficoltà, ancora oggi, di riflettere " serenamente " su tre secoli di storia, di analizzare la complessità del fenomeno e le sue ripercussioni nei diversi continenti (Africa, Europa, America e Asia) e nella società francese.
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International audience ; È in un clima di contestazione che il presidente Chirac ha celebrato il 10 maggio 2006-data dell'approvazione della legge Taubira- la Giornata della memoria delle vittime della schiavitù, con il pieno consenso del " Comitato per la difesa della memoria degli schiavi " che, istituito il 5 gennaio 2004, sostiene la necessità di promuovere anche nelle scuole le conoscenze sulla tratta, la schiavitù e la sua abolizione, per farle uscire da una sostanziale " amnesia ". Le recenti polemiche francesi intorno alla storia della schiavitù e al suo riconoscimento come crimine contro l'umanità hanno nei fatti rivelato l'esistenza di un malessere, sia storico che sociale. L'esito controverso di questi dibattiti dimostra l'insufficienza delle conoscenze su questo fenomeno e le difficoltà, ancora oggi, di riflettere " serenamente " su tre secoli di storia, di analizzare la complessità del fenomeno e le sue ripercussioni nei diversi continenti (Africa, Europa, America e Asia) e nella società francese.
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In: Revue d'histoire moderne et contemporaine, Band 56-3, Heft 3, S. 196-198
ISSN: 1776-3045
In: Italian Political Science Review: IPSR = Rivista italiana di scienza politica : RISP, Band 6, Heft 3, S. 439-480
ISSN: 2057-4908
IntroduzioneL'attualità del tema generale dei rapporti tra socialisti e comunisti in Italia e Francia risulta evidente semplicemente guardando alla messe dei lavori giornalistici ad esso dedicati in tutte le piú importanti riviste del mondo occidentale. La rilevanza politica di questi rapporti necessita ancor meno di essere sottolineata in un periodo in cui le chances politiche della sinistra nel complesso sono crescenti in entrambi i paesi.
In: Mondi migranti: rivista di studi e ricerche sulle migrazioni internazionali, Heft 1, S. 123-140
ISSN: 1972-4896
L'articolo analizza il rapporto tra i percorsi di costruzione di cittadi-nanza e le pratiche di salute all'interno di servizi sanitari caratterizzati da una pratica collettiva e comunitaria della medicina. La ricerca è stata condotta in due Centres de santé communautaires in Francia con tec-niche qualitative. Dopo un focus sul concetto di cittadinanza sanitaria e sulle condizioni di salute dei migranti in Francia, si passa allo studio dei repertori di azione e degli aspetti organizzativi dei centri di salute. L'analisi ha fatto emergere come la dimensione formale e sostanziale della cittadinanza convivono e si intrecciano fra loro nelle pratiche di salute. Tra le iniziative dei centri coesistono le lotte e le vertenze per il riconoscimento formale del diritto alla salute, la fornitura di un servizio sanitario e la costruzione di percorsi partecipativi per i pazienti. La sa-lute diventa quindi un terreno di riconoscimento e partecipazione e al contempo un mezzo di inclusione e partecipazione.
L'articolo si focalizza sul contributo teorico e pratico dell'emigrazione politica italiana in Francia e in Gran Bretagna, all'indomani della Restaurazione, alla causa unitaria e indipendentista italiana evidenziandone le diverse sfumature politico-programmatiche.
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Il presente lavoro prende le mosse dalla costatazione di un dato: tra le azioni positive e la presenza di donne nelle assemblee legislative esiste una correlazione tangibile. Conseguentemente risulta accreditata l'ipotesi in base alla quale la possibilità di successo per le candidate alle elezioni politiche è maggiore in quei Paesi che implementano nelle loro leggi elettorali strumenti atti a garantire un'eguale rappresentanza tra i sessi. Nell'ambito di tali misure, particolarmente funzionale alla realizzazione dell'obiettivo preposto è parso il voto di preferenza di genere, motivo per cui si è scelto di rivolgere l'attenzione all'analisi di questo dispositivo, al fine di evidenziarne possibilità e limiti. Dopo un necessario, per quanto generale, sguardo alla normativa comunitaria in materia e alle relative pronunce delle Corti, lo studio è stato effettuato procedendo attraverso una serie di comparazioni. Innanzitutto, si è operato un confronto tra i risultati elettorali delle regioni italiane in cui nel maggio 2015 si sono svolte le elezioni (Liguria, Marche, Puglia, Veneto, Campania, Toscana e Umbria). Lo scopo è stato quello di stimare la spendibilità dello strumento della doppia preferenza di genere, considerando la differenza esistente tra gli esiti elettorali delle regioni che prevedono tale misura (Campania, Toscana, Umbria) e quelle che al contrario non la contemplano (Liguria, Marche, Puglia, Veneto). Incidentalmente, si è tentato di rispondere ad alcuni interrogativi: concedere all'elettore la facoltà - svincolandolo perciò da obblighi - di incidere sulla parificazione dei due sessi nell'accesso alle cariche elettive conduce agli esiti sperati? E in caso di risposta negativa, per quale motivo - pur avendone la facoltà - questi decide di non ricorrervi? La seconda analisi ha avuto ad oggetto lo scrutin binominal paritaire, recentemente introdotto nell'ordinamento francese (Loi n. 403 du 17 mai 2013) e per la prima volta utilizzato nelle elezioni dipartimentali del marzo 2015. Trattandosi di uno strumento che - a differenza della doppia preferenza di genere - assume carattere coercitivo rispetto alla scelta dell'elettore, esso consente di interrogarsi sulla possibilità di introdurre un analogo meccanismo nell'ordinamento italiano e quindi, alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia, di vagliarne la legittimità. Proprio quest'ultimo quesito costituisce il fulcro della trattazione e dunque l'oggetto della ricerca.
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Giuseppe De Arcangelis, Rama Dasi Mariani e Elena Rossi-Espagnet ripercorrono le vicende della guerra del Donbass iniziata nel 2014 tra Ucraina e Russia e analizzano gli effetti economici delle sanzioni commerciali che l'Unione Europea impose alla Russia. Sull'efficacia delle limitazioni alle esportazioni verso la Russia, ad oggi ancora applicate, si è aperto un acceso dibattito a livello europeo, poiché in molti sostengono che le sanzioni impongono un costo economico solamente agli Stati Membri dell'Unione. De Arcangelis, Mariani e Rossi-Espagnet focalizzano lo studio su Francia, Germania e Italia e le loro conclusioni testimoniano un effettivo calo delle esportazioni verso la Russia, ma solamente come conseguenza della concomitante crisi economica russa.
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Il contributo fornisce una lettura dell'evoluzione della risposta dell'ordinamento francese all'emergenza sanitaria, soffermandosi sull'evoluzione della forma di governo, sui rapporti tra Presidente della Repubblica e Primo Ministro e sul tema delle riforme.
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Il fenomeno dell'adozione è stato cambiato profondamente negli ultimi anni. Il flusso migratorio di bambini adottabili stranieri provenienti dai Paesi periferici in direzione dei Paesi Europei ha visto un importante declino. Questo ha fatto sì che i genitori adottivi (in prima linea), ma anche gli operatori e gli esperti del tema dell'adozione, si ponessero il problema di indagare il contesto in cui si trovano i bambini in situazione di disagio all'interno di ogni Paese. Negli ultimi vent'anni, l'Italia, la Francia e la Spagna sono i principali Paesi Europei d'accoglienza dei bambini che immigrano a seguito dell'adozione internazionale. Sono bambini provenienti dai Paesi dell'Est Europeo, dai Paesi Sudamericani, dai Paesi Africani e dall'Asia. La pratica dell'adozione è sempre stata presente in tutte le società e culture come una risposta al desiderio di una coppia sterile ad avere un figlio. Dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939 - 1945) avviene un profondo cambiamento di questa pratica, si inizia a concepire l'adozione come un diritto dei bambini senza famiglia. Furono le esperienze di adozioni internazionali e interrazziali che si sono verificati alla fine del conflitto bellico a rompere con il modello tradizionale di adozione. Contemporaneamente s'inizia a ripensare a livello mondiale il ruolo dei bambini all'interno della famiglia. Da quel momento, si osserva che il bambino inizia ad essere il "centro" dell'adozione e non più la coppia. L'adozione internazionale si è sviluppata ed è diventata una realtà in Europa, principalmente dagli anni '60. Attraverso "mediatori" (avvocati, religiosi missionari, ecc.) le famiglie europee riuscivano ad avere contatto con le famiglie o istituti che mettevano a disposizione i bambini nei paesi del Sud o dell'Est del mondo (questi ultimi, principalmente, dopo la caduta del muro di Berlino). Con la crescita della «richiesta» di bambini è aumentata anche la tratta e la vendita di questi ultimi. Cercando di trovare una soluzione giuridica al "mercato" che si era creato a livello internazionale è stata emanata la Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, firmata all'Aja nel 1993. Da questo momento, i Paesi di origine e di accoglienza dei bambini che hanno firmato e ratificato la convenzione, devono seguire delle precise procedure e riconoscere le adozioni realizzate nei Paesi firmatari. L'oggetto della Tesi è l'analisi comparativa delle politiche per l'adozione nei tre principali Paesi di accoglienza Europei. Si propone di analizzare le politiche di promozione all'adozione a livello nazionale e internazionale. Dalla preparazione dei futuri genitori all'abbinamento con i minorenni, senza tralasciare le politiche di sostegno alle famiglie nel post-adozione. L'obiettivo della ricerca è stato perseguito mediante un approccio metodologico dialettico di tipo deduttivo-induttivo. Nella fase deduttiva ci si è concentrati sull'analisi critica della letteratura, nazionale ed internazionale, in materia delle politiche di promozione all'adozione nei tre Paesi studiati. Nella fase induttiva, si è sviluppata la ricerca di campo. La dottoranda attraverso delle interviste semi-strutturate si è rivolta agli operatori ed agli "osservatori privilegiati" per approfondire il fenomeno oggetto d'indagine, nei tre paesi studiati. È stata svolta un'analisi qualitativa delle Politiche di adozione internazionale rivolte alle famiglie adottive europee.
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La nostra Costituzione riconosce l'impresa cooperativa come un elemento essenziale del progetto di società prefigurato dai Padri costituenti e, non solo ne riconosce il valore, in quanto forma dell'agire economico, ma stabilisce che la legge deve promuoverne e favorire l'incremento con i mezzi più idonei . Le origini della cooperazione in ambito creditizio sono comunemente fatte risalire agli impulsi dati dal Magistero Sociale Cristiano, tra la fine dell'800 e l'inizio del 900, per promuovere l'emancipazione delle popolazioni più umili dal fenomeno dell'usura e dalla generalizzata condizione di indigenza nella quale ristagnavano. Dal punto di vista politico-culturale le matrici del credito cooperativo possono rinvenirsi in due filoni principali: quello, come detto, cattolico e quello socialista , i quali, con caratteri e modelli organizzativi differenti, dettero vita a cavallo tra i due secoli, alle casse rurali costituite sul modello tedesco delle Raiffeisen. Durante il ventennio Fascista, il nuovo regime tentò di imporre all'intero sistema un proprio modello organizzativo con la creazione dell'Ente Nazionale Fascista della Cooperazione. L'intervento del regime fu caratterizzato prevalentemente da finalità dirigistiche e di annientamento delle iniziative di matrice ideologica avversa. In questo panorama si innestò, nell'ambito dell'Assemblea Costituente, il dialogo tra le forze politiche per la definizione delle regole che avrebbero dovuto traghettare l'intero sistema nel futuro. Ed invero, in seno alla Costituente, si ritrovarono le due anime che avevano dato vita nel nostro paese al sistema delle casse rurali e cooperative, quella Cristiana e quella socialista, unite nell'intento di superare gli errori commessi durante il Fascismo e di dare vita ad un sistema realmente mutualistico, anche in ragione di un disperato bisogno di credito per avviare la ricostruzione del Paese. I lavori della Costituente videro i membri sostanzialmente concordi sulla necessità di normare a livello costituzionale il concetto della cooperazione a carattere di mutualità. In tal senso, appaiono illuminanti le parole dell'On. Canevari, membro dell'Assemblea Costituente: "La cooperazione, non è un'associazione politica né professionale, ma è un'associazione economica a fini sociali; basata sul principio della mutualità e inspirata ad alte finalità di libertà umana (funzione sociale della cooperazione), costituisce un mezzo efficace di difesa dei produttori e dei consumatoridalla speculazione privata. Lo Stato deve aiutarne con tutti i mezzi la creazione e gli sviluppi successivi mediante un controllo da esercitarsi direttamente o per mandato. Infatti, non si può chiedere l'intervento dello Stato, se contemporaneamente allo Stato non è consentito di esercitare il dovuto controllo: d'altronde è quello che avviene in quasi tutti i Paesi in cui la cooperazione ha assunto un grande sviluppo, dalla Gran Bretagna alla Francia e al Portogallo". Le linee direttrici scelte dai costituenti, dunque, furono essenzialmente due: la creazione di un sistema economico dotato di una funzione sociale, largamente diffuso ed organizzato prevalentemente dal basso, secondo il principio di sussidiarietà, e l'organizzazione di un sistema di controllo posto a tutela delle finalità pubblicistiche dell'istituto, che lo difendesse dalle derive autoritarie o eccessivamente autonomistiche che inevitabilmente si sarebbero potute creare. In questo senso, il potere dello stato si sarebbe dovuto estrinsecare in un controllo negativo che è proprio dei sistemi basati sulla vigilanza, anziché su un controllo di tipo positivo, tipico dei sistemi improntati sul meccanismo della tutela. Nel caso della tutela, infatti, è più facile un intervento dello stato che limiti la libertà dell'impresa, mentre, nel caso della vigilanza, lo Stato si limita alla difesa del suo diritto, impedendo che le agevolazioni ed i favori destinati alla vera cooperazione vadano a favore di quanti non le meritino. L'intervento di riforma i cui tratti sono stati così brevemente ripercorsi nel paragrafo precedente solleva alcune riflessioni in punto di compatibilità con il dettato costituzionale. I dubbi si appuntano tanto su profili di carattere generale rinvenienti dal possibile contrasto con norme che regolano la libertà di associazione e la possibilità di ricorrere alla decretazione d'urgenza, quanto sui caratteri specifici della cooperazione e della mutualità quali forme esplicitamente tutelate e preservate dalla Carta costituzionale. Sotto il primo versante, la prima critica che può muoversi alla riforma pertiene all'imposizione di una coazione associativa che, giustificata da ragioni di rafforzamento della solidità patrimoniale degli enti creditizi cooperativi strumentali alla tutela dell'interesse generale alla stabilità finanziaria, potrebbe finire per comprimere il "nucleo negativo" della libertà di cui all'articolo 18 della Costituzione. Ed invero, come ricorda la giurisprudenza costituzionale da decenni, la disposizione della Carta poc'anzi citata «porta a considerare di quella proclamata libertà non soltanto l'aspetto che è stato definito "positivo", ma anche l'altro "negativo" […] che si risolve nella libertà di non associarsi, che dové apparire al Costituente non meno essenziale dell'altra»; in tale accezione negativa, l'imposizione di coazioni aggregatrici incontra «limiti maggiori e non puntualmente segnati dalla Carta costituzionale», ritenendosi infatti violata la predetta libertà «tutte le volte in cui, costringendo gli appartenenti a un gruppo o a una categoria ad associarsi tra di loro, si violi un diritto o una libertà o un principio costituzionalmente garantito; o tutte le altre in cui il fine pubblico che si dichiara di perseguire sia palesemente arbitrario, pretestuoso e artificioso e di conseguenza e arbitrario, pretestuoso e artificioso il limite che così si pone a quella libertà definita come si è ora visto» . Nel riconoscere la maggiore portata della suddetta libertà negativa, la giurisprudenza costituzionale impone quindi una delicata analisi sia dei fini pubblici perseguiti dall'intervento di riforma, che dei diritti e libertà costituzionalmente garantiti di cui sono portatori i diversi soggetti interessati, ovvero la specifica categoria degli enti creditizi che abbiano statutariamente assunto la forma cooperativa. Si è detto che i primi vanno essenzialmente individuati nell'interesse generale alla stabilità finanziaria, e dunque, in senso lato, alla tutela del risparmio; i secondi ruotano intorno alle coordinate delle libertà economiche, secondo la specificazione mutualistica di cui si sono tracciati in precedenza i caratteri. La ponderazione dei diversi plessi di interessi coinvolti richiede allora un'attenta valutazione della proporzionalità e ragionevolezza dell'intervento, occorrendo verificare se l'imposizione del ricordato vincolo associativo possa configurarsi come manifestamente lesiva della tutela riconosciuta alla cooperazione quale forma di sviluppo dell'ordine economico. In altre parole, occorre interrogarsi sul se l'imposizione dell'obbligo di associarsi all'interno del gruppo configuri un'indebita forma di sottrazione alla libertà degli enti associati di perseguire le specifiche finalità individuate dallo statuto giuridico-economico della cooperazione in forme potenzialmente incompatibili con quest'ultimo, considerata la riconduzione dell'attività delle singole BCC interessate, in ultima analisi, al funzionamento del gruppo nella sua unità. Un secondo profilo di sicuro rilievo riguarda, invece, il mezzo cui si è fatto ricorso per adottare la riforma in questione. L'intervento sul comparto del credito cooperativo appare invero frutto di un'esigenza di riordino sistematico del settore, non compatibile con i limiti al ricorso alla decretazione di necessità e urgenza prefigurati dalla carta costituzionale. In tal senso, l'intervento sul comparto del credito cooperativo ripropone all'attenzione dell'interprete le medesime critiche mosse dalla scienza giuridica alla riforma, di poco antecedente ma indubbiamente correlata, delle banche popolari. E invero, valga la considerazione che si è trattato di un intervento organico e di non poco momento dal punto di vista degli equilibri del mercato nazionale del credito, nei fatti privo di immediata efficacia precettiva attesa la previsione di un lungo periodo di "adattamento" e transizione anche alla luce delle opportune iniziative da avviare per la costituzione dei gruppi cooperativi, contraddistinto dall'esigenza di adottare una serie di misure attuative da parte delle autorità creditizie volte a specificare in maniera più dettagliata elementi di significativo rilievo dell'organizzazione dei gruppi e dello status delle varie consorelle, nonché inserito in un unico provvedimento contenente previsioni eterogenee, flebilmente legate tra di loro dalla generica correlazione alla materia creditizia.
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Il 22 dicembre 1933, il direttore del Credito Municipale di Bayonne, Gustave Tissier, venne arrestato per frode e messa in circolazione di buoni falsi. Poco dopo, si scopre che il vero ideatore e coordinatore della truffa era Serge Alexandre Stavisky, un personaggio, il quale era sfuggito diverse volte alla giustizia. Aveva organizzato questa truffa secondo uno schema Ponzi, riuscendo a ricavare più di 200 milioni di franchi dall'istituzione di Credito municipale di Bayonne, con la complicità del sindaco della città, Joseph Garat. Questa faccenda generò uno scandalo, l'ultimo e il più clamoroso del suo genere, comunemente chiamato L'Affaire Stavisky, il quale causò delle perturbazioni politiche e fece cadere il governo di Camille Chautemps.
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Il saggio è incentrato sulla figura di Sarah Moore Grimké (1792-1873), considerata, assieme alla sorella Angelina Emily, tra le prime suffragiste e abolizioniste americane. Cresciuta nella piantagione del padre, un noto giudice, Grimké combatté sin dalla prima infanzia contro il sistema educativo "differenzista", in base al quale solo ai figli maschi veniva impartita un'istruzione approfondita. Coltivando di nascosto la propria passione per gli studi umanistici e giuridici, ella si improvvisò pure, clandestinamente e appena adolescente, educatrice della "sua" schiava "domestica". Senza mai rinnegare la fede cristiana, che fu anzi alimentata dalla conversione, in età matura, alla comunità quacchera, Grimké espose, nel lucido epistolario rivolto a Mary S. Parker (la presidente della Boston Female Anti-Slavery Society), le ragioni della sua causa per l'emancipazionismo femminile. Le quindici Letters on the Equality of the Sexes and the Condition of Woman furono dapprima pubblicate sul «New England Spectator» (1837), e poi apparvero sul periodico abolizionista «Liberator» nel 1838. Grimké utilizzò l'analogia tra donne e schiavi (un'analogia cui fecero ricorso anche Olympe de Gouges e Mary Wollstonecraft) e sottolineò l'importanza della riforma educativa e del diritto di voto, quali precondizioni per una cittadinanza autentica e inclusiva. I discorsi di Grimké, i suoi scritti e dibattiti contribuirono a fare di lei una figura nota, sebbene assai spesso duramente criticata, anche nel panorama politico del tempo.
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