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La società mondiale tra speranze e drammi
In: Utopia socialista: trimestrale teorico per un nuovo marxismo rivoluzionario, Heft 16, S. 60-67
ISSN: 1720-8270
Drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale
In: Sul filo del tempo 3
Romanzi non scritti: drammi e salvezza nelle storie dei senza fissa dimora
In: Formazione e vita sociale
In: Nuova serie
Drammi domestici e contrasti filosofici nel carteggio tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile dal 1896 al 1914
In: Strumenti di letteratura italiana 106
Anna Ascenzi, Drammi privati e pubbliche virtù. La maestra italiana dell'Ottocento tra narrazione letteraria e cronaca giornalistica: Macerata, Edizioni Università di Macerata, 2012, 394 p
In: Archives de sciences sociales des religions: ASSR, Heft 168, S. 113
ISSN: 1777-5825
The Voice and Position of the Lower Class in Strindberg's Swedish Historical Plays
Il saggio prende in esame un tema e una struttura che percorre trasversalmente i dodici drammi storici di Strindberg dedicati a personaggi e re svedesi, dal capolavoro giovanile Mäster Olof (1872, Maestro Olof) all'imponente revival di undici drammi che l'autore scrive dal 1898-99 al 1909, parallelamente ai capolavori del suo teatro post-naturalista. L'analisi dei testi mostra come rimane costante in questi drammi l'interazione tra il singolo protagonista (re o personaggio di spicco della storia svedese) e la voce popolare e corale, un fatto che determina caratteristiche di registro linguistico ("realismo", commistione alto-basso), di organizzazione e ritmo delle scene (scene singole e scene corali e di massa) e, naturalmente, di visione del mondo. La concezione della storia di Strindberg cambia considerevolmente dagli esordi radicali e democratici; nel ciclo di drammi scritti dal 1898 la storia, nazionale e universale, si coagula nei destini dei personaggi di spicco, che diventano strumenti del disegno divino; eppure questi drammi includono anche la prospettiva precedente, democratica e dal basso. In alcuni momenti emerge, nel contempo, la contrapposizione "nietzscheana" tra il singolo e la massa meschina; in altri ancora prevale una visione pessimistica della storia, che pare priva di nesso, senso o direzione. Grazie a questo sistema di contraddizioni tra più punti di vista, l'interazione polifonica tra singolo e coro si mostra produttiva, affascinante e ricca di aspetti ancora poco esplorati.
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Ritratti femminili nel teatro di Dacia Maraini ; Prikaz ženskih likova u kazalištu Dacije Maraini ; Presentation of female characters in Dacia Maraini's theatre
Il tema di questa tesi di laurea è il ritratto dei personaggi femminili nel teatro della scrittrice Dacia Maraini sull'esempio dei drammi scelti Mela, Erzbeth Báthory e Maria Stuarda. L'obiettivo era analizzare e presentare i personaggi femminili principali con l'accento su due caratteristiche che collegano tutti e tre i drammi, e queste sono la bontà e l'insensibilità. Nell'analisi era concluso che i personaggi femminili sono spesso in conflitto, con se stessi o con altri personaggi, e la morte è spesso l'unica soluzione. Loro si trovano spesso con i problemi familiari, politici e amorosi, p.e. nel dramma Erzbeth Báthory, basato sugli eventi veri, si può vedere che il suo modo di vivere, che conduceva come contessa, le costava la vita, non aveva empatia per nessuno e pensava di poter fare quello che voleva. Anche se aveva tutto ciò che poteva desiderare, era infelice e in questo caso l'insensibilità veniva punita. Nel dramma Mela sono visibili i problemi familiari fra tre donne Mela, Rosaria e Carmen a causa del loro disaccordo, soprattutto a causa delle loro differenze, ma il problema più grande era la loro vita amorosa, che Rosaria conduceva con sua figlia senza nemmeno saperlo, che alla fine la costrinse al suicidio. Carmen è la personificazione dell'insensibilità come Mela, mentre Rosaria è la personificazione della bontà, ma a causa della mancanza di dominio che Carmen e Mela avevano, non è riuscita a intendersi con loro. Nel dramma Maria Stuarda, che è basata anche su fatti veri, è visibile la questione del potere politico fra le due regine Maria Stuarda ed Elisabetta che sono parenti, quindi è stata subito fatta la questione dei rapporti familiari, ma alla fine Maria Stuarda ha scontato con la morte, anche se pensava che Elisabetta non avrebbe mai potuto ammazzarla. Nell'analisi è stato concluso che i personaggi femminili menzionati nei loro drammi sono in parte descritti come donne che lottano per la propria esistenza e supremazia, ma per i più deboli la morte è l'unica soluzione, sia che attenti alla ...
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"Tutto quel che è, finisce". Guida a "L'Anello del Nibelungo" di Richard Wagner
Il volume costituisce una guida completa e aggiornata al sistema drammaturgico-musicale wagneriano, alla sua ricchezza concettuale e ai presupposti estetici, filosofici e politici che ne furono alla base. È costituito da un'ampia introduzione dedicata alle suddette premesse (con numerose citazioni dagli scritti di Wagner), seguita da un 'racconto' dettagliato delle vicende – innanzi tutto "musicali" – dei quattro drammi, in altrettanti capitoli. La trattazione si avvale degli apporti ermeneutici più significativi, da quelli storici di Nietzsche, George Bernard Shaw, Thomas Mann, T. W. Adorno a quelli più recenti. Corredata degli esempi musicali relativi a tutti i Leitmotive e di tavole che offrono una visione d'insieme della struttura tematica, offre la possibilità di addentrarsi nell'universo sonoro e drammaturgico di una delle più grandi creazioni di tutti i tempi per osservarne i dettagli compositivi e districarne la complessità dei significati.
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La messinscena dell'identità, teatro e teatralità nel romanzo inglese del Settecento
In Inghilterra l'affermazione del romanzo ebbe luogo in concomitanza con delle profonde trasformazioni politiche, sociali ed economiche che interessarono fortemente anche l'universo teatrale. Se il dramma della Restaurazione e del periodo georgiano è stato tuttavia oggetto di studi puntuali, intenti a ricostruire i contesti del genere e a individuare le sue componenti ideologiche, sociali e persino sessuali, la relazione tra le scene settecentesche e il novel è tuttora considerata un campo di ricerca secondario, riservato a studi specialistici e settoriali. L'analisi incrociata di tre romanzi di Frances Burney (1752-1840) (Evelina, 1778, Cecilia, 1782 e The Wanderer, 1814) e della commedia giovanile The Witlings (c. 1779) ci permette di ricordare come il radicato pregiudizio antiteatrale abbia spinto molti autori inglesi del Settecento a una teatralizzazione indiretta delle proprie opere, attraverso una complessa transmodalizzazione dei drammi coevi che riscopre l'innegabile co-testualità, tipica dell'epoca, tra i nuovi testi romanzeschi e la più consolidata tradizione drammatica.
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Letteratura e teoria europee nel canone romantico da Manzoni a Mazzini
Riassunto: Il saggio prende in esame la formazione del canone romantico in Manzoni partendo dall'analisi dei drammi scespiriani analizzati dallo scrittore nei Materiali estetici e nella Lettre à M.r Chauvet ai fini di creare una nuova teoria del teatro drammatico che si rivelerà fondamentale per il passaggio al romanzo storico. Sulla discussione teorica relativa al nuovo genere interviene Mazzini in numerosi saggi che esaminano le diverse 'scuole' letterarie, unendo alla riflessione sul canone romantico nuove e forti idealità politiche e individuando un modello nella Sand delle Lettres d'un voyageur. Abstract: The essay examines the formation of the romantic canon in Manzoni starting from the analysis of the Shakespearean dramas analyzed by the writer in the Materiali estetici and in the Lettre à M.r Chauvet in order to create a new theory of dramatic theater which will prove to be fundamental for the transition to historical novel. Mazzini intervenes on the theoretical discussion relating to the new genre in numerous essays examining the different literary 'schools', combining the reflection on the romantic canon with new and strong political ideals and identifying a model in Sand's Lettres d'un voyageur. Key words: Manzoni, dramatic theatre, historical novel, Shakespeare, Mazzini, George Sand, romantic canon, political ideals
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LA CADUTA DEI REGIMI DEMOCRATICI
In: Italian Political Science Review: IPSR = Rivista italiana di scienza politica : RISP, Band 5, Heft 1, S. 7-43
ISSN: 2057-4908
IntroduzioneUn mutamento di regime influisce su milioni di persone, suscitando una serie di emozioni che vanno dal timore alla speranza. La Marcia su Roma, il Machtergreifung di Hitler, la guerra civile spagnola, i colpi di stato di Praga nel 1948 e quello contro Allende, questi drammi, che sono il simbolo di un trasferimento di potere, si fissano nella mente del popolo come date fondamentali nella sua storia. Ciò nonostante, l'avvenimento in sé è solo l'apice di un processo di mutamento politico graduale, lungo un periodo di tempo piú o meno prolungato. è possibile che gli scienziati sociali scoprano un modello comune in questi processi che conducono a mutamenti di regime, o ci troviamo di fronte a situazioni storiche irripetibili? è possibile costruire un modello almeno descrittivo del processo del crollo della democrazia che possa infine contribuire ad una migliore comprensione dei suoi elementi e della sua dinamica? Se fosse possibile costruire un tale modello, che idealmente è un modello esplicativo, ne sapremmo di piú sulle condizioni richieste per la stabilità della democrazia. Certamente, il problema della stabilità e del rovesciamento dei sistemi politici ha avuto un ruolo rilevante nella mente umana dal momento in cui l'uomo cominciò a trattare di politica.
Fango pannonico. Un paradigma populista per Miroslav Krleža
Negli scritti di Miroslav Krleža, romanzi, drammi, poesie e saggi, il fango pannonico è un topos ossessivo. Si colloca nella periferia croata, sempre eguale a se stessa, sempre oggetto di vessazioni, anche dopo il tramonto dell'impero austriaco. In questo luogo senza tempo, il fango è una creazione della natura che assume il ruolo di paradigma, paragonabile a un evento sine qua non . Il fascino della narrazione di Krleža tuttavia non può trarre in inganno. Anche se il fango funge da simbolo metastorico della stagnazione sociale, che attraversa qualsiasi ordine diacronico senza scalfitture, le sue conseguenze sono imprevedibili. A ravvivare il paradosso concorrono gli oggetti e gli ambienti della quotidianità creati dall'uomo: un cappello stiriano, le bettole fumose, il pavé di piazza San Marco a Zagabria. A loro volta questi sono gli indicatori dell'autorappresentazione mediata da un populismo bifronte e settario. Ma palesano anche le aspirazioni a un'arte nazionale senza precedenti, libera da compromessi con la politica, nell'ambito di un dibattito aspro nato nella sinistra durante gli anni Trenta del secolo scorso. La sconcertante sequela di situazioni grottesche, la labile condizione dei subalterni pronti alla ribellione, o incapaci di fuggire dal fango, sono il teatro nel quale si consuma l'esperienza anarchica, espressionista e nondimeno modernista di Krleža, intellettuale croato, jugoslavo, soprattutto europeo.
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Shakespeare Calderon e Racine: la tragedia dalla classicità alla prima modernità
Il seguente lavoro ha lo scopo di tracciare l'evoluzione della tragedia, partendo dalla struttura che essa assume nella Grecia antica, per giungere alla sua forma nella prima modernità: specificamente nell'opera di Shakespeare, Calderòn de la Barca e Racine. Tale evoluzione argomentata seguendo le regole tracciate da Gyorgy Lukàcs nel suo saggio dal titolo Il dramma moderno (1923), con lo scopo di contestare il concetto di indefinibilità del tragico, teorizzato da Peter Szondi nel Saggio sul tragico (1972). Tale tesi è inoltre rintracciabile nell'Estetica hegeliana, nel passo dedicato alla Scomparsa del coro. Ai fini di una chiarezza espositiva, l'elaborato è diviso in due parti, esposte di seguito. Prima parte Attraverso l'analisi di alcuni drammi antichi, si esplorano le proprietà della tragedia greca che, in base a quanto già mostrato dagli studi di Jean Pierre Vernant e Pierre Vidal Naquet (1972), si basa essenzialmente sull'interazione fra gli attori e il Coro. I caratteri antichi infatti non avevano un reale controllo del loro destino: al contrario, proprio grazie alla'elemento del Coro, il loro agire e la loro volontà sono totalmente informati e schiacciati dalla ideologia sociopolitica del drammaturgo, di cui rappresentano una fedele rappresentazione (Loroux,1995). Successivamente viene mostrato come alcune opere del teatro di William Shakespeare, segnato dalla crisi della sovranità (Franco Moretti, 1979) possono essere interpretate come un venir meno - una messa in discussione strutturale- della forma deterministica che lega Attore e Coro in ambito antico. In questa chiave il King Lear può essere visto come la prima tragedia moderna, che preconizza le forme della tragedia successive mettendo in crisi irrimediabilmente la forma della tragedia antica. Seconda parte La seconda parte è essenzialmente un confronto fra due drammi: La vida es sueño e Phédre. L'argomentazione che sorregge tale confronto é che, venuta meno la forma del Coro, la struttura della tragedia -ovvero la peripezia - abbia una funzione simbolica precisa: quella di dare corpo alle contraddizioni ideolgiche, e al senso di paradosso della cultura aristocratica seicentesca, che si trovò schiacciata dalla monarchia assoluta con il crollare della gerarchia feudale (Perry Anderson, 1969). L'evoluzione della tragedia, dal dramma antico al dramma moderno è dunque tracciabile con precisione: quanto più si inaspriscono le contraddizioni dell'aristocrazia seicentesca, tanto più la forma della peripezia barocca é sottoposta ad un grave stress strutturale, cui reagisce con delle trasformazioni.In particolare si parte dal presupposto che la peripezia barocca nasca sempre dal tentativo di trovare, simbolicamente, una posizione di compromesso fra altre due posizioni opposte: una conservatrice ed una più aperta al dominio assolutista. Nel caso dell'opera calderoniana queste tre posizioni sono rintracciabili nell'opera di alcuni teorici della politica (J.de Mariana, F. Quevedo, D. Saavedra Fajardo). Nel caso di Racine esse sono rintracciabili in alcuni primari esponenti de giansenismo (M. de Barcos, A. Arnaud, Blaise Pascal; cfr. Lucien Goldmann,1972). Man mano che la condizione paradossale si inasprisce, quest'opera di compromesso diviene sempre più difficile e, per tutta conseguenza, la tragedia, da dramma dell'idelogia, diviene tragedia della soggettività, tendendo verso il dramma moderno.
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Leo Ferrero (1903-1933): un francesista torinese tra le due guerre
Il saggio ricostruisce il profilo del francesista torinese Leo Ferrero, critico letterario e teatrale, prosatore, poeta, drammaturgo, nel suo ruolo di mediatore tra cultura italiana e francese nel delicato periodo dell'affermazione in Italia del regime fascista. Di natali illustri (figlio dello storico Guglielmo Ferrero e nipote di Cesare Lombroso), per tradizione familiare legato alla Francia, dopo un'infanzia torinese e una prima giovinezza fiorentina che lo vede attivo negli ambienti di "Solaria", Ferrero nel 1928 si autoesilia a Parigi per sfuggire a un regime politico che rendeva poco agevole l'attività culturale in Italia. La conoscenza della cultura francese, humus della formazione e dell'attività di padre e nonno, la rete di contatti con gli ambienti dotti fiorentini dove è operativo il Julien Luchaire, poi il figlio Jean, fondatore de l'Institut de culture française, sono i prodromi per una breve ma intensa carriera di autore e critico che scrive nelle due lingue, in una condizione di pressoché impeccabile bilinguismo e biculturalismo. Oltre a drammi, perse e versi composti nelle due lingue, Leo Ferrero lascia un ingente corpus di interventi sulla stampa francese, dove si fa alfiere delle espressioni più felici delle lettere italiane del tempo, ma soprattutto si prodiga in quella missione che era stata di "Solaria" e de "Il Baretti": colmare il "ritardo culturale" italiano attraverso una migliore conoscenza delle lettere straniere, in ispecie francesi, e una collaborazione/emulazione di modelli.
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