Il caso sudanese
In: Politica internazionale: rivista bimestrale dell'IPALMO, Volume 22, Issue 2, p. 171-179
ISSN: 0032-3101
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In: Politica internazionale: rivista bimestrale dell'IPALMO, Volume 22, Issue 2, p. 171-179
ISSN: 0032-3101
World Affairs Online
La definizione di "fenomeno politico" nelle scienze sociali copre una casistica tanto vasta quanto eterogenea. Dalle istituzioni governative alle rivoluzioni, dalle Signorie medievali alle leadership etniche, ciascuno di questi fenomeni si offre all'analisi con caratteristiche uniche, inestricabilmente legate al contesto culturale e storico in cui si sviluppa. Tuttavia, ogni fenomeno politico si confronta pur sempre con il problema del potere, una tematica trasversale che possiamo articolare in tre questioni fondamentali: l'istituzione del potere, inteso come instaurazione di un ordine, la sua legittimazione, ovvero il suo riconoscimento come autorità, e la sua trasmissione, cioè un meccanismo sociale che ne permetta la continuità. Una possibile soluzione, piuttosto familiare agli antropologi, è la figura dell'eroe-fondatore (founding hero). Personaggio frequente nelle narrazioni storiche e mitologiche di diversi contesti culturali, l'eroe-fondatore ha il ruolo di instaurare un ordine politico ab origine, legittimando l'autorità presente che vi si rifà attraverso una catena di trasmissione riconosciuta, cioè come passaggio ininterrotto di potere nel tempo. In questo articolo ci occuperemo di due figure chiave dell'immaginario coloniale sudanese, due eroi-fondatori e antagonisti, le cui vicende influenzano ancora oggi il contesto sociale sudanese. L'evento centrale di questa narrazione, in cui storia e mito si intrecciano, è l'assedio di Khartoum: lo scontro tra il generale Charles Gordon, già leggenda vivente dell'impero britannico, e il ribelle Muhammad Ahmad al-Mahdī, leader sudanese e profeta "ben guidato" da Dio.
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Il Sud Sudan è conosciuto come lo stato più giovane al mondo, nato nel 2011 con un referendum che ne sancì l'indipendenza dal Sudan. Gli accordi di Naivasha del 2006 chiusero mezzo secolo di conflitti civili nella regione, e i comandanti veterani dell'SPLA (Sudan People's Liberation Army) diventarono eroi nazionali e leader politici del nuovo governo. Alla morte di John Garang, fondatore dell'SPLA e capo dei ribelli, l'eredità politica e ideologica venne presa da Salva Kiir, primo presidente del Sud Sudan. Tuttavia, il nuovo stato è conosciuto anche per la cruenta guerra civile iniziata nel 2013, e continuata fino ad oggi. Con questo articolo vogliamo considerare alcuni dei fenomeni culturali che hanno caratterizzato le tensioni del post-referendum e della guerra civile in Sud Sudan, evidenziando la polarizzazione progressiva dell'immaginario etnico; in altre parole, mostrando come precise categorie culturali diventino strumenti politici per la gestione congiunta della popolazione e del territorio.
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Il volume raccoglie 15 saggi scritti tra il 2018 e il 2022 per la rivista Dialoghi Mediterranei. Indice: 1) Identità, confini ed etnie. La polarizzazione dell'immaginario etnico nel conflitto civile sud-sudanese; 2) Il reth è morto, evviva il reth. La detronizzazione del sovrano Shilluk nella guerra civile sud-sudanese; 3) New Kush, Puntland e il regno di Axum. Riferimenti mitici nella costruzione identitaria in Africa orientale; 4) Kandaka. Un'icona di ribellione nelle proteste popolari in Sudan; 5) Il profeta e il generale. Lo scontro tra eroi-fondatori nell'immaginario coloniale sudanese; 6) Quando cadono le statue. Memorie contestate e counter-heritage nelle proteste di Black Lives Matter; 7) Echi alla periferia del popolo: il ruolo dei confini nelle costruzioni identitarie; 8) Dall'egemonia all'ideologia: riflessioni su populismi europei e modelli democratici; 9) Produzione culturale e funzione degli intellettuali; 10) Tra il dubbio e la credenza. Appunti di antropologia sul negazionismo; 11) Profezie e folQlore. Il ritorno di Kennedy nella narrazione complottista di QAnon; 12) La misura del vento. Un dialogo mediterraneo partendo da Camus; 13) Dalla catastrofe dell'hybris al ritorno dell'indigeno. «Nulla è perduto, possiamo riprenderci tutto»; 14) Arcana imperii. Recensione a "Rivista di Antropologia Contemporanea"; 15) Distorsioni del potere. Sulla propaganda di guerra in Ucraina
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The recent return operation of 100 Sudanese citizens conducted by Belgium seems to remind a similar operation conducted by Italian Police in August 2016, when 40 migrants were forcibly repatriated to Sudan. Unlike the Belgian case, the Italian repatriation could be reconnected to the legal framework of a specific repatriation agreement: the "Memorandum of understanding between the Italian Public Security Department and the Sudanese National Police". The aim of this research is to analyse the compatibility of the MoU with the Italian ordinary and Constitutional Law. In fact, even though the Italian head of Police introduced it as a mere administrative act, this MoU can be considered a full-fledged international agreement. Furthermore, the MoU introduced a specific derogation from the Italian immigration Law for the repatriation of Sudanese citizens. Therefore, it should have respected the procedure provided by the Italian Constitution (Articles 80 and 87), i.e. it should have been approved by the Parliament, ratified by the President of the Republic and published in the Official Journal. This (non)agreement, simplifying and accelerating as much as possible the return operations, well represents the Italian and European policy on immigration, which aims to implement rapid and popular measures but at the expenses of the respect for Human Rights of migrants.
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African States have been the first supporters of the ICC and are the most numerous group among the ICC Member States. Nevertheless, in recent years, the African Union (AU) and numerous African States perceive the ICC as an instrument of a new form of colonialism of the main Powers, which encroach African States sovereignty through the ICC judicial activities. After the indictment of former Sudanese President Al Bashir, the AU urged the UN Security Council to defer the ICC proceedings as it impedes efforts to secure a lasting peace in that country; it decided that its Member States shall not comply with the Al Bashir arrest warrant, and developed a strategy for "collective withdrawal". Given this backdrop, the paper first connects of this ICC's "crisis" to the general crisis of multilateralism Then it focuses on the "positive" effects of the African criticism on the development of the ICC most recent judicial activities. It also analyses whether the mentioned Africa Union/African States' criticism is an effort to claim their own role in managing African affairs and African crimes, and to become a more fundamental part of international politics and institutions. Finally, it ascertains whether the principle of "positive complementarity" may become a useful tool to solve the conflict between the ICC and African States.
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Questo elaborato si propone di analizzare il caso del Presidente sudanese Omar Al-Bashir, alla luce della mancata esecuzione da parte degli Stati dei mandati d'arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale nel 2009 e nel 2010. Dopo un breve capitolo in cui viene delineata l'essenzialità dei caratteri strumentali e organizzativi della Corte Penale Internazionale, segue un excursus storico su quanto accaduto nella regione del Darfur e le conseguenti responsabilità del Presidente Al-Bashir, accusato di crimini contro l'umanità, crimini di guerra e genocidio. Nel terzo capitolo viene affrontata l'effettiva presa di coscienza del problema da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il quale decide di riferire l'intera questione alla Corte con la Risoluzione 1593 del 2005. Nonostante vi siano due mandati d'arresto pendenti su Al-Bashir, nessuno degli Stati aderenti allo Statuto di Roma ha mai dato esecuzione alle richieste della Corte Penale Internazionale. Infine, il quarto e ultimo capitolo si occupa in particolare del mancato adempimento ai propri obblighi internazionali di Malawi, Chad, Repubblica Democratica del Congo e Sudafrica. Le motivazioni alla base di questa non-cooperazione con la Corte sembrano girare intorno al complesso rapporto degli articoli 27 e 98 dello Statuto ICC, relativo al riconoscimento o meno delle immunità internazionali ad Al-Bashir in quanto Capo di Stato in carica di uno Stato terzo. Tuttavia, dietro ai vari tentativi di interpretazione dei due articoli alla luce della Risoluzione 1593, sembra nascondersi un "timore" più di natura politica piuttosto che giurisdizionale, da parte degli Stati africani nel procedere all'arresto del Presidente del Sudan.
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Alla fine del sec. XV, gli Europei scopritori dell'Africa occidentale trovarono che il cavallo era impiegato nel Benin e nei vicini paesi yoruba. Poiché non si conosce l'esistenza di antenati selvatici dell'Equus caballus in questa o in alcuna altra zona dell'Africa, si trattava di equini importati. Sulla base di argomenti zoologici, archeologici, storici ed etnologici, il presente articolo intende chiarire tempi e modi di tale introduzione.Il cavallo e anche qui essenzialmente animale da guerra e simbolo di prestigio sociale: il suo arrivo, dall'Africa settentrionale per via del Sahara, è connesso con l'impiego del carro da guerra. L'A. discute brevemente le questioni della iniziale domesticazione equina, dell'uso e della diffusione dei carri ippotrainati, delle singolari raffigurazioni di questi nello stile del «galoppo volante» tipico dell'arte minoico-micenea e presente tra l'altro nelle figurazioni rupestri sahariane; e delle presumibili relazioni commerciali che dovettero indirettamente collegare quest'ultima area, e quella del Mediterraneo occidentale nell'eta del bronzo, con le zone oltre il Sahara. Di qui, secondo l'A., giunse il cavallo nel bacino del Niger, mentre piu deboli sono considerate le possibilita di connessione degli stati dell'Africa occidentale con Kush e Meroe. Se però l'evidenza archeologica suggerisce per tali contatti epoche non posteriori al II millennio a.C., queste appaiono di molto anteriori ai tempi in cui si presume siano sorti in Africa occidentale stati in grado di sfruttare corpi di caval- leria: il piu antico stato locale di cui si abbia notizia, il Ghana, non risale a prima del IV sec. d.C. Fra le ipotesi relative al destino del cavallo in queste zone durante il lungo e oscuro intervallo, l'A. tende a scartare quella di un rinselvatichimento della specie come si sa essere avvenuto in America; egli pensa piuttosto a un uso del cavallo come animale da sacrificio, o a un suo persistente impiego per il traino di carri; meno probabile il suo uso come cavalcatura, prevalso poi in epoca moderna. La piu antica varieta di Equus presente in Africa occidentale sarebbe infatti, secondo l'A., una razza di ponies di piccole dimensioni, poco atta a essere cavalcata; piu tardo sarebbe l'arrivo della piu robusta varieta berbera, di quella araba, di quella dongolana. Comunque impiegato agli inizi, il cavallo contribuì a trasformare in senso militare le ancor piccole comunita dell'area sudanese-guineana viventi di coltivazione e allevamento di tipo «neolitico»; e i contatti trans-sahariani che accompagnarono l'introduzione del nuovo nobile animale dovettero incoraggiare la fondazione dei primi stati della zona.
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I campi profughi sono luoghi in cui sono ospitati i rifugiati. Con il termine rifugiato si intende chi è fuggito o è stato espulso a causa di discriminazioni politiche, religiose o razziali dal proprio paese e trova ospitalità in un paese straniero. Ciò che lo caratterizza è l' aver ricevuto dal paese che lo ospita questo status e la relativa protezione mediante l' asilo politico. Il fenomeno ha assunto dimensioni rilevanti dopo la seconda guerra mondiale, quando è stato fondato dalle Nazioni Unite un organismo appositamente chiamato a tutelare i rifugiati, l' Alto commissariato per i rifugiati ( ACNUR in inglese United Nations Hight Commissioner for Refugees, UNHCR ). A livello nazionale invece la gestione dell' emergenza profughi viene gestita dal Dipartimento di Protezione Civile facente capo alla Presidenza del consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana che si occupa della previsione, prevenzione, gestione e superamento dei disastri, calamità umane e naturali, di situazioni di emergenza e in generale di eventi straordinari. La più importante organizzazione Governativa è la Croce Rossa. A questi si affiancano le Organizzazioni Non Governative, in sigla ONG che sono delle particolari ONLUS che nascono dall' esigenza di singoli di porsi in alternativa o come completamento alle organizzazioni nazionali o sovranazionali. I due caratteri essenziali sono il carattere privato, appunto non governativo e da quello dell' assenza di profitto dell' attività. Caratteristica di queste organizzazioni è anche una forte spinta ideale di contribuire allo sviluppo sociale dei paesi socialmente più arretrati. Le principali ONG sono Medici senza Frontiere e Emergency. Nella gestione sanitaria di un campo possiamo distinguere due momenti: - La fase iniziale dell' emergenza sanitaria: concentrata per la preparazione del modulo sanitario e la gestione delle principali malattie; - Successivamente si devono valutare e gestire gli eventi che hanno conseguenze sugli individui sani, tutto ciò per tutelare la salute pubblica e la qualità della vita. I mezzi utilizzati sono principalmente due: la sorveglianza igienico-sanitaria e il supporto psicologico. Il personale viene preparato preventivamente medi - Dei corsi di formazione. Durante i quali si perfeziona la rapidità di attivazione e l' allestimento del campo. Il team infatti si deve preparare per la partenza nel più breve tempo possibile, per un efficienza ottimale dovrebbe attivarsi in 3-6 h. Le prime strutture ad essere attivate sono le unità operative sanitarie che sono tre: - un poliambulatorio; - Un' ospedale da campo: atta ad intervenire nelle emergenze di massa ed in grado di coprire emergenze polispecialistiche con strutture ad alta tecnologia. Il personale ospitante all' interno è: - Personale medico: chirurghi d' urgenza, anestesisti, rianimatori, medici di pronto soccorso, ortopedici, psicologi ecc - Personale non medico: infermieri, tecnici, strumentisti di sala operatoria Amministrativi, elettricisti e meccanici. Funzioni del personale sanitario sono quelle: - Seguire la popolazione residente e il personale di protezione civile impiegato all' interno; - Relazionarsi con gli operatori della struttura sanitaria locale già esistente; - Monitorare la situazione igienico-sanitaria. Successivamente invece ci si occupa della gestione del campo adibita all' accoglienza della parte sana della popolazione, cercando di individuare ed eliminare i fattori di rischio che possono minacciare la sanità pubblica e peggiorare la qualità di vita. Non è infatti infrequente all' interno dei campi attuare misure di prevenzione primaria per prevenire il contagio e la diffusione di malattie infettive. Questo attraverso: Una profilassi aspecifica: - Verifiche di bonifica e di disinfestazione per l' eliminazione di eventuali artropodi e di vettori meccanici e biologici di malattie infettive; possono esserci infatti all' interno dei campi animali da compagnia ai quali deve essere assicurato un corretto nutrimento oltre che ad un iniziale screening per pulci e zecche da un apposito medico veterinario. Se presenti animali randagi bisogna attivare appositi servizi di controllo e cattura. Possono essere presenti anche topi e ratti per i quali viene attuato una derattizzazione attraverso il posizionamento di esche protette. Inoltre artropodi quali blatte, mosche, pulci , zecche e rettili che possono provocare non solo delle gravi epidemie ma anche un' intensa reazione emotiva da parte degli ospiti di cui bisogna tener conto in quanto persone già segnate da gravi avversità e incertezze. - La promozione della Pulizia, dell' Igiene e della disinfezione della persona e dei luoghi pubblici in cui i rifugiati si trovano, per garantire la diffusione di ambienti corretti e la diffusione delle regole; importante l' individuazione dell' area dove collocare la cucina da campo e la mensa; oltre che dei servizi igienici che vanno tenuti a una certa distanza dal campo e sempre perfettamente puliti, individuare inoltre l' area per lo stoccaggio dei rifiuti, in genere i rifiuti di fortuna vengono sotterrati con l' aggiunta di calce viva, mentre nei campi stabilizzati raccolti in contenitori e prelevati periodicamente per il trasporto in discariche. Tutto ciò per evitare la proliferazione di animali indesiderati e di microrganismi potenzialmente patogeni. È inoltre importante il controllo delle derrate alimentari fresche, il controllo delle date di scadenza degli alimenti conservati. È di primaria importanza la verifica igienica del personale impiegato nelle varie fasi di preparazione e distribuzione pasti, oltre che sulle modalità di conservazione degli alimenti. Tutto il personale infatti deve essere fornito di guanti camice e mascherina oltre che di aver lavato accuratamente le mani prima di poter toccare ogni alimento. Naturalmente importante è anche il coinvolgimento attivo dei richiedenti asilo per i quali è necessaria una rigorosa igiene personale, una pulizia giornaliera della tenda e disinfezione settimanale di lenzuola e federe. L' obbiettivo è infatti quello di rendere gli abitanti del campo non solo dei beneficiari passivi ma dei protagonisti attivi dell' aiuto e del supporto della loro comunità. La profilassi specifica è invece basata su : - Le vaccinazioni: principalmente i bambini per poliomelite e morbillo; - La sieroprofilassi passiva: per fornire anticorpi già attivi atti a contrastare il proliferarsi dell' infezione; - La chemioprofilassi: per esempio antimalarici o pasticche contro vermi intestinali a persone esposte a un rischio di contagio con lo scopo di bloccare lo sviluppo del processo infettivo; - La profilassi comportamentale: con cui si attuano determinati comportamenti atti a prevenire l' esposizione al vettore, per esempio gli spray anti -zanzara contro la malaria. Tutto questo è finalizzato a diminuire il rischio epidemie. Diffuse sono colera, poliomelite e morbillo insieme a epatite, malaria, tifo e tubercolosi che colpiscono i soggetti più vulnerabili quali donne e bambini e per i quali vengono attuate grandi campagne di vaccinazione per evitare gravi degenerazioni sanitarie di una popolazione già molto provata dalla sofferenza. Importante è anche in questi contesti il supporto psicologico. L' ospite può arrivare al servizio psicologico da solo già consapevole del significato che questo servizio può avere o attraverso un invio effettuato da un' infermiera del campo. Il primo colloquio viene fatto con lo psicologo quindi ed è molto importante. Si cerca di ricostruire le loro storie traumatiche, si valuta la presenza di disagi psichici per i quali se necessario viene richiesta la consulenza psichiatrica e le eventuali cure farmacologiche. Attualmente però esiste un dibattito in corso rispetto alle diagnosi classiche per descrivere i quadri psichici riscontrati nelle popolazioni rifugiate perché rischiano di applicare un' etichetta psicopatologica a dei vissuti che sono solo un adeguata risposta a eventi traumatici e violenti. È possibile infatti considerare affetto da un disturbo paranoide una persona che proviene da un' etnia che da secoli è vittima di persecuzioni e che continua a sentirsi minacciato anche se queste minacce non sono presenti? Le reazioni maggiormente riscontrate sono le seguenti: - Reazioni di adattamento: avviene durante i primi mesi di soggiorno, reazioni di spaesamento con ansietà, depressione, difficoltà a orientarsi nelle scelte; - Reazioni psicosomatiche: le emozioni negative come il risentimento e il rimpianto possono mantenere il sistema nervoso autonomo simpatico in uno stato sempre attivo e il corpo in uno stato di eccitazione e di emergenza continuo che può provocare danni agli organi più deboli. Si può manifestare nell' apparato gastroenterico, cardiaco e respiratorio con: gastriti, tachicardie, aritmie, asma bronchiale; può colpire anche l' apparato urogenitale con: dolori mestruali, impotenza ed eiaculazione precoce; il sistema cutaneo e muscolo scheletrico con: psoriasi, prurito, acne, orticaria, cefalea, mialgie e artralgie; - Quadri psicotici: deliri a sfondo persecutorio, allucinazioni o forme maniacali; - Disturbo post – traumatico da stress: entità che ha implicato morte o minaccia di morte, o gravi lesioni, o minaccia all' integrità fisica propria o di altri. Tale disagio può produrre una vera e propria menomazione dal punto di vista sociale per questo bisogna intervenire rapidamente associando alla psicoterapia cure farmacologiche. Il Centro di Accoglienza che ho seguito qui a Pisa in via Pietrasantina è nato 2 anni fa quando 30 mila persone in fuga dal nord africa presentarono domanda di protezione internazionale sul territorio italiano. L' allora governo italiano decretò lo stato di emergenza dichiarando l' EMERGENZA NORD AFRICA. Il centro è stato gestito per due anni dalla Croce Rossa, il 28 febbraio del 2013 lo stato non ha più concesso finanziamenti e la Croce Rossa stava per chiudere il centro quando i ragazzi hanno occupato e autogestito. Era abitato da 44 ragazzi provenienti dal Ciad, Mali, Sudan ed Etiopia, attualmente sono in 10 principalmente del Ciad e del Mali. Io faccio la volontaria nel centro e aiuto nella gestione sanitaria. I ragazzi principalmente presentano disturbi psicosomatici: principalmente colpiscono l' apparato gastro- enterico con gastriti e coliti; l' apparato muscolo scheletrico con cefalee, per le quali prendono spesso antinfiammatori; l' apparato urogenitale con impotenza e eiaculazione precoce e il sistema cutanea, importante è un caso di prurito sine materia senza segni obbiettivi rilevanti era semplicemente la manifestazione del conflitto che il corpo aveva segnalando l' estraneità rispetto al contesto. La pelle diventa sede del conflitto di adattarsi alla nuova realtà e il timore di perdere se stessi , la propria identità di partenza ed il rassicurarsi restando se stessi con il conseguente timore di restare sempre emarginati rispetto al contesto. Un caso molto difficile è stato un caso di un sudanese che aveva problemi di alcolismo e che spesso creava scompiglio all' interno del centro probabilmente nell' alcol riversava tutta la sua sofferenza legata all' abbandono della propria terra e dei propri familiari. Importante anche il caso di G. di etnia somala di depressione conclusasi con un suicidio. Si è infatti lanciato dal quarto piano dell' edificio in cui abitava a Firenze in quanto dopo il 28 Febbraio la comunità somala si era spostata li a causa della sospensione delle cure mediche che non aveva più ricevuto dopo la chiusura del centro. In realtà G. è morto di disamore è indifferenza. Schiacciato dai traumi di un passato violento e sofferente e svuotato dall' arroganza e dall' ignoranza di un paese che discrimina sfrutta e respinge piuttosto che integrare ed accogliere le vite di coloro che cercano protezione e aiuto.
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