x ; Nelle decisioni in materia di sanit? pubblica, l'attenzione degli amministratori ? spesso rivolta al modo in cui i risultati scientifici vengono rappresentati e al possibile impatto della loro rappresentazione, pi? che ai contenuti dell'evidenza scientifica. Oltre a descrivere i fenomeni e identificare le cause, l'epidemiologia ? pienamente investita dalla riflessione sul come incidere su fenomeni e cause, e sulle responsabilit? delle scelte (e delle omissioni). Nell'area 'ambiente e salute,' la relazione tra epidemiologia ed etica e l'interfaccia tra scienza e politica hanno uno spazio crescente, come testimoniato dalle linee guida etiche sviluppate da societ? scientifiche internazionali, sulle quali gli epidemiologi italiani dovrebbero confrontarsi. Tra gli elementi critici dell'epidemiologia, e delle altre discipline osservazionali, l'analisi dei limiti e delle potenzialit? del metodo scientifico ? cruciale sia per migliorare la comprensione della realt?, sia per improntarne il cambiamento. Quanto accade a Taranto permette di aggiornare l'analisi e la riflessione sulle posizioni che tipicamente si dispiegano in situazioni di crisi. Le evidenze epidemiologiche accumulate in un decennio, i disegni di studio adottati e i risultati conseguiti dovrebbero suscitare una discussione avanzata e aperta sul piano scientifico, che avrebbe un'influenza positiva anche sugli attesi contrasti sul piano peritale e controperitale. La perizia epidemiologica di elevata qualit?, firmata da ricercatori di considerevole statura scientifica sul piano internazionale, ha permesso ai magistrati di darne un'interpretazione sulla quale vale la pena soffermarsi. Tra gli elementi rilevanti vi sono i pregi della dimensione di popolazione degli studi, dei disegni di studio, della stabilit? delle stime degli indicatori epidemiologici, della restrittivit? delle assunzioni e dei dispositivi usati a favore dell'ipotesi nulla. Inoltre, si sottolinea che nessuna ipotesi alternativa credibile sia stata formulata per spiegare gli eccessi rilevati ascritti all'inquinamento. E' sperabile che il complesso di quanto finora fatto a Taranto abbia la forza di spostare il fulcro nella direzione di quello che c'? da fare (disinquinamento, opere di messa in sicurezza, bonifiche). Si rivolge l'attenzione al tema dell'incertezza, pi? volte e in forme diverse richiamato da chi, animato da ragioni diverse, ha interesse nell'indebolire le evidenze scientifiche maturate. Infine viene discusso il tema del rendere pubblico e del comunicare e il ruolo e la responsabilit? del ricercatore che opera per le istituzioni pubbliche. Il rendere pubblico ha molto a che fare con il dovere di dare conto, non disgiungibile dalla gravit? della situazione e dalla necessit? di partecipazione pubblica alle scelte. Il ruolo della comunicazione partecipata ? oggi largamente sottovalutato e sotto agito. Anche a Taranto, nonostante la ricchezza della societ? civile e la disponibilit? delle istituzioni, il tema della strategia di comunicazione pubblica ? stato trascurato, risultando in un aumento dell'entropia sociale, accentuando allarme e non contribuendo a migliorare la relazione di fiducia tra cittadinanza e amministrazioni pubbliche
Il progetto di ricerca indaga la relazione tra agire comunicativo e agency politica, che è caratteristica costitutiva delle pratiche dei media alternativi, nel caso di studio della Red Nacional de Medios Alternativos (RNMA) argentina. Lo studio analizza inoltre le possibilità aperte e i limiti rappresentati dalla forma socio-organizzativa reticolare della RNMA rispetto ai suoi obiettivi politico-comunicativi. Adottando un approccio socio-storico (Costa & Mozejko, 2009), tali pratiche sociali sono analizzate in relazione alle condizioni materiali in cui vengono prodotte e alla capacità d'azione degli agenti sociali che le producono, considerando in maniera processuale l'influenza reciproca tra l'azione degli attori sociali e i limiti imposti dalla struttura dentro la quale si collocano le loro scelte. La ricerca analizza dunque le pratiche politico-comunicative e caratterizza il soggetto sociale che le produce e le condizioni di produzione; l'intreccio tra questi tre ordini di problemi definisce la posizione di potere occupata dalla RNMA in relazione agli altri attori sociali che intervengono nella lotta politica e simbolica per il controllo delle regole di rappresentazione della realtà sociale. ; The research project investigates the relationship between communicative action and political agency, which is a constitutive characteristic of alternative media practices. The analysis focuses on an empirical case of study, the argentinian Red Nacional de Medios Alternativos (RNMA). The study also analyzes possibilities and limits linked to the RNMA reticular form of internal collective organization. By adopting a socio-historical approach (Costa & Mozejko, 2009), RNMA social practices are analyzed looking at the material conditions in which they are produced and to the agents' ability-to-act, considering the mutual influence between the actions of the social actors and the limits imposed by the social structure within which their choices are placed. The research then analyzes the RNMA political-communicative practices; characterizes the social subject who act these practices and the context of their production; the intertwining of these three orders of problems defines the position of power occupied by the RNMA in relation to the other social actors involved in the political and symbolic struggle for the control of the rules of representation of social reality
Da sempre le società crescono e si evolvono sotto la pressione dei nuovi rapporti di potere che de-costruiscono le proprie istituzioni per poi costruirne di nuove, affinché gli individui possano convivere nonostante valori e interessi contrastanti. Le società si possono dire tali nel momento in cui costituiscono uno spazio pubblico. Nella società industriale tale spazio pubblico era costruito intorno all'istituzione dello Stato-Nazione che sotto la spinta del sindacato e della lotta di classe, hanno dato vita ad uno spazio pubblico istituzionale basato sul legame con il sistema politico democratico, una magistratura indipendente e una società civile legata allo Stato. Con il passare del tempo e dopo i processi di globalizzazione e lo sviluppo delle nuove tecnologie è stato messo in discussione lo Stato-Nazione come espressione di spazio pubblico. Con ciò non si vuole affermare che lo Stato-Nazione sia scomparso ma che la sua legittimità è andata scemando mettendo in luce una governance globale, mentre i governi continuano a restare nazionali. Il risultato è una crisi della legittimità politica che vede il principio di cittadinanza entrare in conflitto con quello dell'auto-determinazione. Le società continuano a funzionare sotto il profilo sociale e politico, spostando il processo di formazione dell'opinione pubblica dalle istituzioni politiche all'universo della comunicazione, che è incentrato principalmente intorno ai mass-media. Si tratta di una prospettiva che è estesa anche alle dinamiche storiche di contro-potere, dato che emergono nuove forme di cambiamento sociale e una politica alternativa che utilizza le opportunità offerte dai mass-media. In conclusione lo spazio pubblico viene definito nello spazio della comunicazione. Quest'ambito è sempre più contrastato, in quanto apre una nuova era che vede il fiorire di un nuovo modello di società, dove i detentori del potere stanno cercando di riaffermare il proprio dominio, a seguito del riconoscimento della sempre minore capacità, da parte delle istituzioni di recepire progetti e istanze dei cittadini di tutto il mondo; si tratta di fissare nuove forme di dominio che utilizzano principalmente i media. In queste circostanze si assiste a una nuova fase di costruzione del potere nello spazio della comunicazione, dove i potenti sono sempre più spinti dall'esigenza di raccogliere la sfida lanciata dai network di comunicazione orizzontale. Lo spazio pubblico emergente, fondato sulla comunicazione rispetta l'esito di un episodio della più antica battaglia: quella per la nostra libertà di pensiero.
The aim of this work is to investigate some of the characteristics of graduates in the Faculty of Economics of the UNLP: completed by career, length of career, age of entry and exit, sex, etc. The first part explains the methodology used, the second section shows the most important results and then sets out the conclusions of the work. Finally, the Appendix compares the results obtained with those resulting from the use of the information provided by an alternative source: the O3 application based on the Siu-Guaraní system. Faculty of Economics (FCE) ; El objetivo de este trabajo es indagar sobre algunas de las características de los graduados en la Facultad de Ciencias Económicas de la UNLP: egresados por carrera, duración de la misma, edad de ingreso y egreso, sexo, etc. En la primera parte se explica la metodología utilizada, en la segunda sección se muestran los resultados más importantes y luego se exponen las conclusiones del trabajo. Finalmente en el apéndice se comparan los resultados obtenidos con los que surgen de la utilización de la información suministrada por una fuente alternativa: el aplicativo O3 sobre la base de datos del sistema Siu-Guaraní. Facultad de Ciencias Económicas (FCE)
La presente tesi ha come oggetto lo studio della pubblicità comparativa in Italia. Si tratta di una peculiare forma di comunicazione commerciale che consiste nella comparazione tra i beni e servizi offerti dall'impresa inserzionista e quelli offerti da un concorrente o in alternativa nel confronto con lo stesso concorrente. Il primo capitolo si apre con lo studio della letteratura economica: illustra i maggiori contributi teorici relativi alla pubblicità, delineando i generali meccanismi che ne stanno alla base, e successivamente fornisce un focus specifico sugli studi sviluppati in ordine alla pubblicità comparativa. Tale pratica pubblicitaria ha una particolare rilevanza nella politica concorrenziale, poiché per sua natura è lecita laddove abbia un contenuto chiaro ed oggettivo, e diviene illecita laddove non soddisfi una serie di condizioni di liceità, disciplinate specificatamente dalla normativa in materia. Segue, quindi, il secondo capitolo che fornisce la cornice giuridica entro cui si inserisce la fattispecie della pubblicità comparativa, sottolineando l'evoluzione della normativa italiana a partire dal D.lgs. 67/2000. A conclusione di questa sezione, viene fornita un'analisi del contenuto di alcuni procedimenti istruttori aperti dall'autorità antitrust su segnalazione esterna, dai quali è possibile valutare i profili applicativi della normativa. Infine, il terzo capitolo raccoglie tutte le fasi del progetto empirico sviluppato nell'ambito del tirocinio di ricerca. In particolare, lo studio è stato svolto su un sottoinsieme delle pratiche di pubblicità comparativa, costituito dalle segnalazioni di presunta pubblicità comparativa illecita trasmesse da concorrenti, consumatori o associazioni di consumatori all'autorità antitrust. Sono state sviluppate alcune previsioni empiriche, in seguito alla presenza di esigui contributi sul fenomeno in analisi; successiva raccolta, archiviazione ed elaborazione dei procedimenti dal sito istituzionale dell'autorità antitrust; analisi delle statistiche descrittive ed analisi econometrica.
Analisi della riorganizzazione strategica e del franchising del gruppo Benetton è un lavoro di ricerca che ha l'obiettivo di mettere in luce quali sono stati i fattori che hanno portato il gruppo Benetton al successo e quali al suo declino. Un successo che avviene durante gli anni '70-'80, il Gruppo nasce come un piccolo laboratorio di maglioni fino a formarsi come leader del "Made in Italy" nel settore dell'abbigliamento. L'espansione del Gruppo passa anche da acquisizioni di società di altri settori entrando anche la politica, fino a perdere di vista quello che era il suo core business. Uno fattori principali che ha portato il declino del gruppo è rappresentato dall'ingresso sul mercato di nuove e grandi catene di abbigliamento come Zara, Mango ed H&M, che oltre ad aver investito molte risorse in sviluppo e ricerca, soprattutto per quel che concerne il comportamento del consumatore, vengono reputati pionieri di un nuovo modello business: il fast fashion. Tramite questo nuovo modello, l'industria dell'abbigliamento si trasforma radicalmente a discapito del prêt-à-porter. La riorganizzazione di Benetton viene vista sia come una risposta reattiva al nuovo modo di vedere l'industria sia come un insieme di nuove strategie che coinvolgono la struttura organizzativa (passaggio da market driving a market driven), i processi di delocalizzazione, il modo di concepire gli store e i punti vendita. In passato i negozi Benetton hanno rappresentato una fonte di successo per il gruppo anche perché furono i primi punti vendita franchising in Italia. In questo elaborato viene dato largo spazio al franchising: cos'è, quali sono le sue origini e le varie tipologie di franchising, riponendo l'attenzione sul gruppo Benetton. La formula Benetton, viene reputata alternativa al puro franchising e la comunicazione tra franchisor e franchisee avviene tramite i rappresentati regionali della casa madre che hanno molteplici compiti, come si può anche testimoniare dall'intervista realizzata al titolare dei negozi Benetton di Lucca e Pisa. L'elaborato mette in risalto le strategie del passato e del presente del gruppo e il perché nonostante tutte le risorse impiegate l'azienda veneta non riesce a raccogliere i frutti sperati.
Il presente lavoro di tesi, da intendersi come preparatorio a futuri approfondimenti, nasce con l'obiettivo di indagare il processo di deindustrializzazione che ha precocemente colpito la città e la provincia di Pisa tra gli anni Settanta e Ottanta del Novecento. A un puntuale resoconto storico, che permette di chiarire le cause che hanno portato alla chiusura di importanti stabilimenti pisani (come quello dell'azienda Marzotto, della Richard Ginori e della Fiat a Marina di Pisa), viene affiancata una modalità alternativa di racconto dei fatti storici. Il processo di deindustrializzazione della zona pisana viene, infatti, ripercorso attraverso le biografie dei protagonisti di quegli anni, inserite in un quadro ampio e organico dal quale si possono ricavare valutazioni e osservazioni critiche. Il primo capitolo, sintesi derivata da un'ampia ricerca bibliografica e sitografica, ripercorre la storia dell'industria pisana (dall'inizio del '800 fino agli anni Settanta del Novecento), mettendo in luce alcuni elementi (peculiarità, ostacoli interni ed esterni e carenze endemiche) che preannunciano il verificarsi del processo di deindustrializzazione a Pisa ben prima che nel resto dell'Italia industriale. Intenzione della candidata, dopo aver disegnato una solida cornice storica che renda conto del cammino percorso dall'industria pisana, è quella di raccontare il processo di deindustrializzazione contemporaneo attraverso le parole di chi quel processo l'ha vissuto, o lo sta vivendo, sulla propria pelle. Per questo, dunque, è stato pensato un secondo capitolo della trattazione, frutto di un lungo e intenso lavoro di ricerca sul campo che ha portato l'autrice a condurre una serie di interviste atte a costruire un percorso che delinei la storia delle fabbriche pisane attraverso l'esperienza diretta degli operai che vi hanno lavorato. L'elaborato si presenta quindi non come un lavoro di storia orale o indagine sociologica (anche se sono tenute ben presenti le modalità di ricerca riconducibili a detti campi), ma un progetto di comunicazione più vicino alle modalità dell'inchiesta giornalistica. Il capitolo è esso stesso una sorta di "esperimento" di comunicazione: ogni paragrafo tematico è suddiviso in sotto paragrafi dedicati, ognuno, ad un protagonista diverso. Risultano pertanto, in sequenza, prospettive dello stesso argomento profondamente diverse, come sono profondamente diversi fra loro i protagonisti. Le "voci" raccolte (differenti per genere, età anagrafica, fabbrica di provenienza, appartenenza o meno alle organizzazioni sindacali) vanno a disegnare un mosaico della vita di fabbrica, partendo dal primo giorno di lavoro, passando per le criticità quotidiane, con un occhio rivolto alle problematiche di genere, attraverso la necessità di costruire una comunità capace di reagire nei momenti più delicati ed essere solidale in quelli quotidiani, arrivando alla tragedia dei licenziamenti o a quella della cassa integrazione. Le due parti della tesi dovrebbero, idealmente, essere accostate l'una all'altra, di modo che la storia dell'industria pisana, le sue origini, il suo sviluppo e i suoi momenti di crisi, fungano da lente attraverso la quale decodificare il processo contemporaneo di deindustrializzazione che, oltre al disagio economico, porta con se una serie di problematiche fin'ora trascurate dalla letteratura sul tema. Obiettivo del lavoro è verificare quali tipi di conseguenze emozionali e psicologiche, oltre che economiche, possono seguire al momento dell'uscita dalla fabbrica, tanto più quando questa non è volontaria. Per fare questo, per capire cosa succede quando una grande fabbrica chiude, è stato indispensabile andare a ricostruire il mondo che vi sta dietro, la comunità che si forma, fatta dei suoi codici, del suo linguaggio, bagaglio simbolico e regole. Il terzo e ultimo capitolo mette insieme i risultati raccolti, alcuni dei quali davvero inattesi, e si chiude con una domanda fondamentale: quale futuro per la città di Pisa?
Il MoVimento 5 Stelle si è imposto come un partito politico che ha trovato nello slogan della capacità della rete quale veicolo di democrazia uno dei punti fondamentali del proprio successo. Grazie al tema della democrazia diretta online si è affermata all'interno dell'ambiente politico italiano una realtà partitica che si dichiara di rottura rispetto al passato e che difficilmente raggiunge compromessi con i suoi avversari. Il successo elettorale che ha permesso l'accesso del partito nel Parlamento italiano fa sorgere una domanda relativa alle capacità e volontà degli esponenti del MoVimento di utilizzare la rete come strumento democratico di partecipazione politica dei cittadini. In particolare ci si interroga sulla concretezza del progetto di coinvolgimento dei cittadini in una e-democracy. Le possibilità che si affacciano sono date dalla presenza di un caso concreto di partecipazione politica online, o in alternativa si proporrebbe una situazione tale da ricondurre il comportamento del partito all'interno della variegata categoria dei populismi, in questa sede definibile come un "populismo digitale". A seguito di una ricostruzione del percorso che ha portato il MoVimento 5 Stelle dalle sue origini fino al Parlamento si è identificata la piattaforma più vicina all'obiettivo della democrazia digitale, tra le varie piattaforme utilizzate dal partito. Per verificare quale delle alternative tra populismo digitale e partecipazione politica online sia più corretta si è proceduto ad attuare un'analisi dei contenuti avente come oggetto i profili di tre parlamentari e le pagine istituzionali di Camera e Senato dei parlamentari 5 Stelle presenti all'interno del social network Facebook. Si è cercato inoltre di verificare che tipo di relazione si stabilisce eventualmente tra il blog di Beppe Grillo e le pagine Facebook analizzate. Il periodo di tempo preso in analisi è quello che va dal 14 febbraio 2014 fino al 14 marzo 2014. I risultati più significativi mostrano: l'esistenza di una debole dipendenza dei contenuti del blog di Grillo rispetto a quelli dei parlamentari che risultano autonomi rispetto al blog; la presenza di una comunicazione sporadica, broadcast e finalizzata a una funzione informativa dei contenuti dei messaggi analizzati; l'esclusione di una qualsiasi finalità controversiale e deliberativa dei messaggi data dall'assenza di repliche agli interventi dei propri contatti. Tali risultati escludono che fino ad ora per i soggetti analizzati si possa riferire una condotta coerente con l'obiettivo fondamentale del partito di creazione di una democrazia diretta digitale, rendendo più corretta per il caso di studio l'attribuzione di un'etichetta di populismo digitale.
INTRODUZIONE: Il presente lavoro ha come obiettivo quello di analizzare, da una prospettiva di tipo economico-manageriale, i processi di formulazione delle strategie di offerta turistica del territorio basandosi sull'esperienza di promozione attuata dalle Associazioni Turistiche Pro Loco diffuse su tutto il territorio nazionale e facendo riferimento, in particolare, al caso della Pro Loco di Seravezza, in provincia di Lucca. Il lavoro si compone di tre capitoli e si snoda, con un approccio di tipo storico e legislativo, a partire da un'analisi attuata dapprima a livello internazionale, poi nazionale e infine locale, giungendo, appunto, al modello applicato in ambito della Pro Loco di Seravezza. Nel primo capitolo, Gestione manageriale del turismo, forniamo una visione generale del "fenomeno turismo" e della sua evoluzione dal punto di vista manageriale partendo dalla definizione stessa di "turismo" e seguendone il processo di evoluzione e trasformazione nel corso del tempo. Attraverso un breve excursus vengono qui analizzati i più significativi modelli di 'fare turismo', dal turismo elitario del Grand tour a un turismo di massa fino ad arrivare al mondo contemporaneo in cui si registra una mobilità territoriale straordinariamente intensa, diffusa, crescente, nonché il sistema di interdipendenze ed interferenze che essa attiva sul territorio. Si procede dunque analizzando l'attuale "composizione a sistema" nell'ambito del territorio di riferimento dimostrando che, in linea con quanto accade a livello internazionale e nazionale, per poter valorizzare al meglio le risorse culturali di un territorio, anche ai fini dello sviluppo locale, è necessario innovare politiche e strategie di intervento, nelle quali la parola d'ordine sembra essere sempre più "fare sistema", cooperare per riuscire ad ottenere un vantaggio competitivo. Per essere capaci di affrontare la concorrenza bisogna dunque puntare sempre di più sul coordinamento e le sinergie tra i diversi attori coinvolti non solo operatori turistici, alberghi, strutture ricettive, ristoranti, ecc., ma anche Enti, Amministrazioni e Associazioni. In particolare analizzando succesivamente il ruolo fondamentale delle amministrazioni pubbliche attraverso funzioni, quali regolamentazione del territorio, supporto, promozione e partecipazione alla creazione dell'offerta turistica, rilevanti ai fini del fenomeno turismo e della realizzazione del prodotto turistico. Approfondiamo in seguito, le diverse forme di istituzione quali i Sistemi Turistici Locali, gli OTD (Osservatorio Turistico di Destinazione), reti e distretti che hanno obiettivi comuni di stabilire sinergie fra operatori, ospiti, turisti, clienti e produttori del territorio e difendere, promuovere e far crescere il territorio di riferimento. Andando nello specifico vediamo che per Sistemi Turistici Locali, definiti dalla legge 135 del marzo 2001, si intendono "forme di aggregazione di soggetti pubblici e privati attorno ad un progetto comune", per OTD si intendono strumenti per studiare e definire le politiche di sviluppo turistico di un territorio, mentre le reti e distretti turistici culturali si sono sviluppati sul modello industriale. Facendo un esempio, quello che appare molto complicato per il singolo albergo può essere alla portata di una coalizione di piccoli imprenditori turistici, localizzati nella stessa zona, capaci di aiutarsi nel raggiungere insieme obiettivi complessi. La cooperazione, soprattutto tra soggetti che competono nello stesso mercato, potrebbe essere molto fragile e instabile. Se per coordinarsi i singoli devono sostenere dei costi, vi possono essere incentivi a comportarsi da free rider ovvero diminuire unilateralmente i propri contributi individuali ed appropriarsi in ogni modo dei vantaggi derivanti dall'appartenenza alla collettività come quello di godere di pubblicità o accordi particolari sviluppati dal consorzio. I Sistemi Turistici Locali, OTD e reti e distretti rappresentano una particolare forma di organizzazione delle attività economiche attraverso la quale agenti pubblici o privati, che insistono sullo stesso territorio, riescono a raggiungere in aggregato performance economiche superiori. Unire e coordinare le molteplici realtà presenti in un sistema turistico è sicuramente un impresa complessa che necessita di strumenti di governance che permettono di gestire l'andamento del settore, ma a livello legislativo ci vengono incontro diverse norme per condurre uno sviluppo del turismo nel miglior modo possibile. Un peso rilevante per la legislazione italiana l'ha avuto l'UNESCO con le sue numerose delibere in materia di patrimonio culturale, che hanno implicato la predisposizione, anche a livello nazionale italiano di un piano di ampliamento del ventaglio di beni da aggiungere a quelli meritevoli di tutela. In particolare andiamo a tracciare il percorso di cambiamento nel tempo della collocazione delle Associazioni Pro Loco nella legislazione turistica. Nel secondo capitolo, Associazione Pro Loco, spieghiamo cosa sono le Pro Loco, dalla nascita alla loro evoluzione nel tempo sottolineando il ruolo da esse svolto nel settore turistico. Viene preso in esame l'UNPLI (Unione Nazionale delle Pro Loco Italiane) unico ente di riferimento a livello nazionale per queste associazioni, che rappresenta il supporto e l'intermediario tra Pro Loco e attori istituzionali e permette di accedere a progetti nazionali come il Servizio Civile e partecipare ad iniziative volte al recupero e alla tutela del patrimonio sia materiale che immateriale. Grazie ai progetti e ai risultati ottenuti sul campo, grazie alle numerose iniziative attuate per la salvaguardia e la tutela del patrimonio culturale immateriale italiano, l'UNPLI ha ottenuto un importante riconoscimento da parte dell'UNESCO: nel giugno 2012 è stata infatti accreditata come consulente del Comitato Intergovernativo previsto dalla Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale del 2003. Si tratta di un riconoscimento importante dato che in tutto il mondo sono soltanto 178 le organizzazioni accreditate e un altro significativo traguardo per l'UNPLI, visto l'impegno che è stato profuso in questi ultimi anni proprio nella sensibilizzazione delle Pro Loco e delle comunità locali sui temi legati alle potenzialità dei beni immateriali ma anche alla loro fragilità. (fonte UNPLI). Procediamo con lo studio dell'organigramma di Unpli e Pro Loco registrando, a livello nazionale, ben 6080 Pro Loco tesserate UNPLI, quindi siamo certi che disseminate sul territorio se ne trovino molte di più, costatando la presenza di un organizzazione UNPLI per ogni regione e dei Comitati UNPLI per ogni provincia. Al momento il censimento è stato possibile solamente a livello regionale toscano, mentre più ardua e complessa è apparsa la raccolta dei dati e la seguente mappatura a livello nazionale. Per quanto riguarda il contesto toscano sono stati rilevati 90 Uffici di Informazione e Accoglienza Turistica su 348 Associazioni Pro Loco presenti sul territorio regionale. Abbiamo, poi, preso a modello l'Associazione Turistica Pro Loco Seravezza che, con la gestione del proprio Ufficio Informazione Turistiche, ci offre un esempio concreto di sinergia tra Enti operanti su un territorio coordinati da un'Associazione capofila. Esso, infatti, grazie al lavoro dei volontari e la professionalità degli impiegati, svolge, oltre alle attività proprie dell'Associazione, anche attività di informazione e accoglienza visitatori offrendo numerosi servizi di front office e servizi di back office, basandosi sulle direttive indicate nelle Linee Guida della Regione "Toscana Turistica Sostenibile & Competitiva" che prevede lo sviluppo del sistema turistico regionale in armonia con la conservazione delle risorse naturali, del patrimonio storico, dell'identità culturale e in funzione del miglioramento della qualità della vita dei residenti. Si tratta di un progetto regionale che, a sua volta, segue le indicazioni europee per la gestione delle attività turistiche secondo un approccio sostenibile e competitivo, basato sul dialogo sociale e la misurazione dei fenomeni, frutto di un'attenta ed approfondita analisi delle nuove tendenze della domanda turistica nazionale ed internazionale dalla quali emergono due aspetti fondamentali: da un lato la necessità il potenziamento dell'impiego di quelli che sono i più moderni ed oramai irrinunciabili strumenti di comunicazione tecnologici che permettono l'interazione con l'utente, ovvero le risorse del web (il nuovo sito web, i social network, newsletter) in un'ottica di adeguamento al nuovo modo di fare turismo; dall'altro la promozione e la valorizzazione in loco con interventi legati alle tematiche dello sviluppo turistico sostenibile del territorio in modo da essere in grado di erogare una offerta turistica distintiva e non standardizzata. Infine, a chiudere questo Secondo Capitolo , affrontiamo il tema del Servizio Civile come risorsa per la promozione turistica: esso nasce gradualmente prima come alternativa alla leva militare obbligatoria poi con la sospensione di quest'ultima è diventata una scelta volontaria ed è stata introdotta la possibilità di eseguirlo anche per le ragazze; istituito con la legge 6 marzo 2001 n64 da la possibilità, messa a disposizione dei giovani di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico inteso come impegno per il bene di tutti e di ciascuno e quindi come valore della ricerca di pace. Il servizio civile può essere svolto a livello internazionale, nazionale o regionale, ognuno di questi livelli ha una sua regolamentazione. Per la Regione Toscana può essere svolto il servizio civile dai giovani in età compresa tra i 18 e i 29 anni compiuti, mentre per il nazionale e l'internazionale ci sono termini più ristretti. La Regione Toscana approva periodicamente i bandi finanziati con il POR FSE 2014/2020. I progetti sono presentati dai soggetti iscritti all'albo degli enti di Servizio Civile Regionale e ai giovani viene erogato un contributo mensile. (fonte: sito Giovanisì-Regione toscana) Le Pro Loco partecipano a bandi di servizio civile sia nazionale che regionale e i progetti sono improntati sulla conoscenza e la promozione del territorio dando la possibilità a giovani di imparare a operare a fianco delle pubbliche amministrazioni in termini di attenzione alle problematiche territoriali; catalogare e realizzare prodotti multimediali di beni presenti sul territorio; progettare, programmare eventi con il coinvolgimento delle strutture pubbliche e private presenti sul territorio;effettuare una ricerca, in una logica sistemica, di abitudini, folclore, tradizioni etc. legate al passato ed in prospettiva futura; imparare la gestione di un ufficio informazioni turistiche e gestire le comunicazioni formali in entrata e in uscita e la comunicazione di promozione del territorio attraverso metodi tradizionali o innovativi. Nel terzo capitolo , Attività concrete di promozione del territorio, approfondiamo l'aspetto della promozione turistica attraverso le nuove forme di comunicazione turistica ma anche quelle tradizionali: da un lato assistiamo alla diffusione esponenziale di blog, app, social network e l'impiego di nuove tecnologie come l'installazione di touch screen, dall'altro la necessità di non abbandonare le forme di comunicazione tradizionali come brochure, depliant, volantini, mappe, calendari degli eventi e cartellonistica posta sul territorio. Abbiamo, infatti, potuto constatare che la comunicazione relativa alla promozione turistica è notevolmente cambiata nel corso degli anni e con l'avvento di nuove tecnologie oggi è una comunicazione veloce che passa attraverso i social network, grazie a nuovi smartphone è possibile scaricare app di ogni tipo che aiutano il turista in tutto dalla ricerca di un albergo a quella di una strada, da dove mangiare ai luoghi principali di interesse fino anche ad avere una guida in città o in siti di interesse storico culturale. Il turista può avvalersi di touch screen diffusi su territorio che permettono di visualizzare in pochi istanti la descrizione del luogo dove sono ubicati i principali monumenti o le eccellenze eno-gastronomiche e gli eventi locali e dei paesi circostanti. Allo stesso tempo, però, ci siamo resi conto che questo nuovo modo di 'fare turismo' non ha del tutto soppiantato il modo tradizionale di 'essere turista' e che non si possono totalmente dimenticare le forme di comunicazione turistica tradizionale. L'accoglienza di un ufficio informazioni dove poter trovare un contatto umano, che porta dentro il territorio e che fa conoscere i prodotti, gli usi e i costumi locali, è un'esperienza a cui il turista non vuole rinunciare e tutto ciò rappresenta il valore aggiunto che può offrire l' Associazione Pro Loco che da sempre opera attraverso il binomio fondamentale e irrinunciabile della promozione del turistica legato alla salvaguardia e all'amore del territorio.
La tesi ha l'obiettivo di esporre e analizzare criticamente i temi più importanti del pensiero di Karl-Otto Apel. Nei tre capitoli in cui è suddivisa la tesi si presenta inizialmente la posizione di Apel su uno specifico argomento, e poi si compie un'analisi critica di essa facendo riferimento alla letteratura secondaria (in particolare tedesca) riguardante la filosofia apeliana. Lo scopo finale del lavoro è quello di evidenziare l'originalità, i punti di forza e i punti deboli della pragmatica trascendentale sviluppata da Apel, la quale si sostanzia nell'ambizioso tentativo di rinnovare la filosofia trascendentale partendo dalle irrinunciabili acquisizioni della svolta linguistica che ha caratterizzato il pensiero filosofico del XX secolo. Il primo capitolo ha come oggetto il concetto più peculiare della riflessione apeliana: quello di fondazione ultima (Letztbegründung). Tale concetto è centrale sia in riferimento alla filosofia teoretica sia in riferimento alla filosofia pratica, e per questa ragione la sua analisi precede la trattazione specifica della teoria della verità e dell'etica del discorso. Nella prima parte del capitolo si illustra l'evoluzione del concetto negli scritti apeliani, in particolare il significato che assume la nozione di "riflessione" negli anni Ottanta, in seguito all'influenza esercitata sulla filosofia di Apel dalle analisi di Wolfgang Kuhlmann in riferimento alla fondazione ultima. Apel riprende da Kuhlmann la problematica nozione di fondazione ultima strettamente riflessiva, con la quale i due autori tentano di superare le numerose obiezioni che sono state rivolte alla Letztbegründung. Dopo l'esposizione delle principali critiche a tale nozione e l'illustrazione di una possibile alternativa alla fondazione ultima strettamente riflessiva, nell'ultima parte del capitolo si analizza più nel dettaglio l'argomento trascendentale sviluppato da Apel e si chiariscono ulteriormente le ambiguità del concetto di riflessione che egli adopera. Infine, si propone una ridefinizione degli argomenti trascendentali e, a partire da ciò, si traggono le conseguenze per la filosofia apeliana. Nel secondo capitolo, dopo la disamina del fondamentale rapporto tra la questione circa la giustificazione di validità della conoscenza e la questione concernente la costituzione del senso dell'oggettività all'interno del pensiero di Apel, si entra nel dettaglio della sua concezione del linguaggio. La corrente filosofica dominante lungo l'intera storia del pensiero occidentale privilegia la funzione rappresentativa del linguaggio, relegando la dimensione comunicativa di esso a oggetto di studio di discipline esterne alla filosofia. Secondo il pensatore tedesco, invece, l'aspetto distintivo del linguaggio umano è costituito dalla sua doppia struttura performativo-proposizionale. Nel capitolo si ricostruisce la teoria del significato che emerge dalle riflessioni apeliane, la quale si fonda su una particolare interpretazione della teoria degli atti linguistici sviluppata da Austin e Searle, e da cui emerge un'ambiguità di fondo rispetto al rapporto tra semantica e pragmatica. Successivamente, di conseguenza, si approfondisce tale rapporto ricorrendo alle considerazioni di altri autori sul tema, in particolare Wilfrid Sellars e Robert Brandom. Nell'ultima parte del capitolo si analizza la teoria della verità e della realtà sviluppata da Apel, Più nello specifico, si affrontano le critiche che sono state rivolte all'identificazione di verità e consenso argomentativo nella comunità ideale della comunicazione, e alla concezione del consenso ideale come un'idea regolativa che è implicita nella pratica argomentativa e senza la quale le nostre asserzioni perderebbero il loro senso. L'aspetto maggiormente problematico riguarda il ruolo del consenso come criterio determinante di verità. Infine, si approfondisce la dicotomia nominalismo-realismo concettuale per comprendere pienamente il peculiare realismo apeliano, che egli riprende da Peirce. Nel terzo capitolo e ultimo capitolo si affronta il tema dell'etica del discorso. Nella prima parte, dopo aver illustrato la strategia di Apel volta alla fondazione post-metafisica di un'etica universale, si analizzano le obiezioni fondamentali che sono state mosse contro di essa, in particolare riguardo alla possibilità di fondare norme morali partendo dai presupposti del discorso argomentativo e circa il rapporto tra dimensione volitiva e dimensione cognitiva nella riflessione etica di Apel. Nella seconda parte del capitolo, dopo la disamina della distinzione tra la parte A dell'etica del discorso, riguardante la fondazione di norme morali fondamentali, e la parte B, concernente l'applicazione delle norme nelle situazioni storiche concrete, si approfondisce il rapporto tra morale, diritti umani e democrazia che caratterizza il pensiero apeliano. Da questo punto di vista il confronto con Habermas risulta illuminante. Nell'ultima parte del capitolo, infine, si mettono in luce le criticità della parte B dell'etica del discorso di Apel, in particolare del tentativo di fondare la parte B derivandola dalla parte A, e si propone una strategia alternativa che consenta di valorizzare la proposta etica apeliana evitando il pericolo di un eccesso di formalismo.
L'obiettivo delle comunicazioni è stato da sempre quello di permettere la trasmissione dell'informazione tra utenti posti in luoghi differenti. Attualmente il mezzo che offre le migliori prestazioni in termini di minor degradazione del segnale, di distanza di comunicazione e quantità di dati trasmessi nell'unità di tempo è la fibra ottica. Il presente elaborato si pone l'obiettivo di analizzare i componenti e le caratteristiche di collegamenti ottici realizzati mediante la tecnica denominata Radio over Fiber (RoF), una tecnologia che permette di trasportare le informazioni direttamente sulla fibra ottica, modulando la luce del laser con segnali radio: in altre parole i segnali radio viaggiano direttamente sulla fibra ottica e nessuna conversione di frequenza analogico-digitale è coinvolta. L'utilizzo di questa tecnica offre i seguenti vantaggi: bassa attenuazione, maggiore sicurezza per le intercettazioni, peso e dimensioni minori dei cavi coassiali standard ed enorme capacità d'informazione. Infatti questa tecnica potrebbe essere una valida alternativa all'impiego dei cavi coassiali a bordo delle Unità Navali della Marina Militare. Per quantificare i vantaggi e descrivere il sistema di trasmissione ottico realizzato mediante la tecnica RoF verranno utilizzati i seguenti parametri prestazionali: - il guadagno, che descrive il trasferimento RF-RF dei segnali dall'ingresso all'uscita del sistema; - la cifra di rumore (Noise Figure, NF), che indica i livelli di rumore nel collegamento; - lo Spurious Free Dynamic Range (SFDR), che descrive il range dinamico di potenza del segnale a RF che può essere accettato sul collegamento, tenendo conto degli effetti del rumore e delle distorsioni non lineari. In generale ci sono due modi per trasmettere i segnali su fibra ottica: la modulazione diretta e la modulazione tramite un dispositivo esterno. Nel primo caso, la corrente di iniezione del laser è modulata direttamente dal segnale a RF mentre nel secondo caso la luce è modulata da un laser ad onda continua (Continuos Wave, CW) mediante un dispositivo elettro-ottico esterno: il tipo più popolare è il modulatore Mach-Zehnder (Mach Zehnder Modulator, MZM). Rispetto alla modulazione diretta, usando il dispositivo MZM, se si aumenta la potenza ottica al modulatore aumenta anche il guadagno del collegamento, che cresce in modo quadratico con la potenza. A seconda del rumore dominante poi si riduce anche la cifra di rumore e di conseguenza lo SFDR. Dopo un attento studio ed analisi dei componenti e delle caratteristiche di questo tipo di collegamento, si passerà a fare una "Design Exploration" finalizzata a spiegare i motivi che spingono ad usare un particolare tipo di laser, una determinata modulazione (diretta o esterna) e un particolare fotorivelatore. Si analizzeranno successivamente i contributi di rumore (termico, RIN e shot) e le distorsioni, focalizzando l'attenzione in particolare sui prodotti di intermodulazione del terzo ordine. Seguiranno inoltre i risultati numerici che consentiranno di valutare le prestazioni della tecnica RoF in termini di guadagno, NF e SFDR al fine di dare al progettista delle linee guida per la scelta dei componenti del collegamento. In ultimo si confronteranno le prestazioni raggiunte grazie alla tecnica della RoF con quelle ottenibili utilizzando i cavi coassiali tradizionali per valutarne le opportunità di impiego su una piattaforma militare come ad esempio una unità navale della Marina Militare.
Alcuni studi e indagini nazionali condotti in strutture di ricovero, hanno portato alla luce la realtà di reparti psichiatrici che, sovente, continuano ad impiegare pratiche fortemente radicate a istanze custodialistiche, tipiche del modello manicomiale., La diffusione epidemiologica della contenzione rivela una forte contraddizione tra la pratica clinica e i principi che hanno ispirato la riforma della legislazione psichiatrica del 1978. L'assunto su cui la tesi oggetto dell'elaborato pone le sue basi è il seguente: se le evidenze scientifiche mostrano che la contenzione può essere evitata, allora essa deve essere vietata. La partita, dunque, non si gioca solo sul campo dell'interpretazione delle norme giuridiche, ma coinvolge conoscenze pertinenti alla psichiatria, la quale deve indicare i comportamenti da adottare per affrontare le problematiche che riguardano la cura del paziente. A partire dalle evidenze scientifiche, l'obiettivo del presente lavoro è quello di dimostrare che la contenzione, sia sotto forma di contenzione meccanica che di contenzione fisica, poiché illecita, deve essere abolita. L'originalità della ricerca che risiede nella scelta di costruire le basi del ragionamento giuridico sulle evidenze scientifiche, che dimostrano che la contenzione non ha alcuna valenza di atto medico-terapeutico e che esistono numerosi strumenti idonei a prevenire o contenere gli eventuali comportamenti violenti (aggressivi o clastici) del paziente e, allo stesso tempo, in grado di preservare la sua integrità e dignità e di fortificarne l'alleanza terapeutica con gli operatori sanitari. Questa scelta ha l'ambizione di proporre una alternativa alla tendenza, attualmente assai diffusa, di convertire la medicina evidence based in una medicina dell'obbedienza giurisprudenziale. Al contrario, il giurista deve impegnarsi a costruire un modello integrato di scienza penalistica che tenga in debita considerazione le evidenze emerse in ambito scientifico e le metta in comunicazione con la tecnica giuridica. ; Some national studies and surveys conducted in hospitality facilities have brought to light the reality of psychiatric wards that often continue to employ practices that are deeply rooted in custodial instances typical of the manicomial model. The epidemiological spread of the containment reveals a strong contradiction between clinical practice and the principles that inspired the 1978 psychiatric legislation reform. The assumption on which the thesis object of the elaboration puts its bases is as follows: If the scientific evidence shows that restraint can be avoided, then it must be banned. The game, therefore, does not only play on the interpretation of legal norms, but involves psychiatry evidences, which must indicate the behaviors to be taken to address the issues that concern the patient's care. From the scientific evidence, the aim of this paper is to demonstrate that restraint, both in the form of mechanical and physical restraint, since it is unlawful, must be abolished. The originality of the research that lies in choosing to build the basis of legal reasoning on scientific evidence demonstrates that the containment has no validity as therapeutic act and that there are numerous tools to prevent or contain any violent behaviors and at the same time able to preserve its integrity and dignity and to strengthen its therapeutic alliance with healthcare professionals. This choice has the ambition to propose an alternative to the currently widespread trend of converting evidence-based medicine into a medicine of law-abiding. On the contrary, the lawyer must build an integrated model of legal science that takes due account of the evidence emerging in the scientific sphere and puts them in communication with the legal technique.
Il senso dell'identità personale è forse il prodotto sociale più significativo del processo di modernizzazione/secolarizzazione che ha investito la società occidentale almeno a partire dal XV secolo. Il Soggetto moderno ha conosciuto più di un momento di crisi. Due di questi sembrano particolarmente cruciali: il primo, nel periodo di passaggio dal XIX secolo al XX, il secondo nel passaggio dal secondo al terzo millennio. La prima di queste crisi si verifica ad inizio Novecento; la seconda al volgere del millennio – quest'ultima con un significativo anticipo verso la fine degli anni Sessanta del XX secolo. Questi momenti di "catastrofe" del Soggetto sono in relazione a fasi in cui si agglutinano e precipitano gli effetti del mutamento sociale, negli ultimi cento anni grazie anche agli sviluppi e alle trasformazioni nelle tecnologie della comunicazione, e in cui si incrina la coerenza fra i sistemi di senso affermati socialmente e i significati percepiti individualmente; di questo ne danno prova e sintomo le produzioni estetiche, oltre che quelle critiche. Ci siamo rivolti alle une e alle altre per provare a tracciare una mappa del percorso del Soggetto, facendo particolarmente attenzione al ruolo che le tecnologie della comunicazione hanno avuto e continuano ad avere. In questa prospettiva gli anni a cavallo fra XIX e XX secolo sono stati il periodo in cui il romanzo come forma elettiva della narrazione moderna del Sé ha raggiunto i suoi apici e si è avviato verso al sua dissoluzione. Mettendo fra parentesi opere capitali come l'Ulisse di James Joyce o la Recherche di Marcel Proust è stata la cultura di lingua tedesca a produrre la maggiore quantità di opere significative. Opere che mettono – tutte, probabilmente per una serie di condizioni "privilegiate" – al centro la profonda crisi vissuta dalla società e dall'individuo dell'epoca. Alcuni scrittori, come Franz Werfel o Stefan Zweig, hanno scritto del crollo di un sistema politico e dell'intero universo simbolico di cui questo faceva parte. Altri, come Thomas Mann, Robert Musil, Hermann Broch, Franz Kafka, Robert Walser, si sono interrogati attraverso i personaggi messi in scena direttamente del destino dell'individuo loro contemporaneo. Di seguito, Elias Canetti, Gottfried Benn hanno esplorato percorsi che conducono ad esiti di incomunicabilità e di annullamento del Soggetto come approdo estremo della crisi del Sé moderno. La dissoluzione del romanzo borghese come forma specifica di espressione del Soggetto moderno – che riflette la crisi di questo – lascia il posto ed è generata dall'affermarsi di altri formati comunicativi, in particolare quelli audiovisivi: cinema, radio, fumetto, ma prima di tutto il cinema, poi quelli in cui si esprime la dimensione della serialità, anche se naturalmente la forma romanzo non sparisce. È in queste dimensioni, in parte "nuove", in parte rimediazioni di quelle classiche, che ritroviamo le riflessioni – più o meno consapevoli, esplicite – sulla condizione del Sé nel contemporaneo, un periodo che parte dagli anni immediatamente successivi alla II guerra mondiale per spingersi fino ad oggi. Abbiamo provato a trovare nella narrativa contemporanea di lingua tedesca, in autori come Friedrich Dürrenmatt e Max Frisch, nei romanzi della science fiction di Philip K. Dick e James G. Ballard e ancora, nella narrativa postmoderna di David Foster Wallace e in alcune pellicole la conferma dei possibili parallelismi, delle eventuali analogie nella percezione dell'identità e della sua relazione con la realtà sociale circostante fra i due periodi – o, in alternativa, eventuali differenze. Oggi, come all'inizio del XX secolo, si sommano per alcuni di noi, i nati dopo la II guerra mondiale, due accelerazioni del tempo, quella sociale e quella personale, che si traducono però in una compressione dello stesso, e quindi nel rischio di percepire una stasi assoluta, cieca. Una palude temporale stagnante, sterile, terminale. Perso – insieme alle "grandi narrazioni" della tradizione sopravvissuta (la religione) e dell'utopia modernista (la rivoluzione, il progresso), se vogliamo proprio offrirci una sponda al malessere che viviamo – il senso del "vivere in prospettiva", privi di direzione, percepiamo una crisi radicale, insanabile. Ci rendiamo conto che questa condizione è – anche – il riflesso di una perdita, quella della prospettiva di un mondo più egualitario, "giusto", "libero". Che la propria "visione del mondo" provenga da una prospettiva religiosa o laica, liberale o marxista, si percepisce comunque il fallimento delle promesse implicite nelle "grandi narrazioni". Dal modello dell'uomo nato dall'Umanesimo, Amleto, al campione della tarda modernità descritto in tanti romanzi e film, intravediamo un unico filo di un lungo crepuscolo, ormai diventato tramonto, che marca il fallimento dell'illusione della libertà e della potenza dei moderni, sul piano individuale quanto su quello collettivo. Umanesimo, illuminismo, liberalismo, marxismo come forme di emancipazione collettiva ed individuale si ribaltano e si abbattono sulla considerazione di sé dei rappresentanti delle élite intellettuali, inermi e rassegnati di fronte al disastro delle loro aspettative e illusioni. Possiamo considerare questo aspetto come un'ulteriore articolazione del senso di alienazione che provano gli intellettuali, anche in questo separati da un ruolo che hanno sentito a lungo come proprio: l'impossibilità ad agire nei confronti della sofferenza, del dolore, dell'ingiustizia – di cui il proprio disagio esistenziale è una declinazione, forse anche imbarazzante di fronte all'abisso dell'oppressione, dello sfruttamento, della schiavitù. L'essenza della condizione umana rimanda comunque alla parabola del soggetto moderno e ai suoi esiti terminali, così come sono stati espressi attraverso la saggistica e la letteratura del Novecento, di cui noi abbiamo preso a prestito alcuni protagonisti come idealtipi, come casi paragonabili a individui reali da interrogare sulla propria vita, sulla curva discendente percorsa dal soggetto moderno, sulla sua caduta. Assistiamo quindi a come il senso di questa caduta si rappresenta nella consapevolezza di coloro che la descrivono attraverso i personaggi che mettono sulla scena dei loro romanzi e dei loro film. Sfumato l'orizzonte del sacro, partecipando della condizione del dolore e dello sterminio che sembra di tutto l'umano, rimane ben poco cui far riferimento, cui ancorarsi. Di qui la possibile tentazione di "sparire a se stessi", di risolvere l'enigma della morte con un rilancio sulla posta in gioco, attraverso la trasformazione in qualcos'altro. Da qui, forse, arrivati al traguardo di un pressoché completo di dissipazione dell'individualità e di "disincantamento del mondo", sembra di leggere gli indizi di un suo "reincanto": attraverso le declinazioni triviali, superficiali, certo, delle varie articolazioni della galassia New Age, o la dimensione decisamente più profonda delle interazioni con il mondo digitale, la Rete e gli universi sintetici che questi alimentano e propongono; ma, ancor di più, attraverso il ritorno del tutto laicizzato, "disincantato", all'uso di categorie arcaiche, primordiali, come il caso, il destino, la necessità, ma rese impersonali, astratte, aliene, per spiegarsi e giustificare gli eventi percepiti come significativi nelle biografie individuali. Forze cieche, prive di intenzioni e di scopo – e per questo a maggior ragione incontrollabili, imprevedibili, fatali. Ma utili a imbastire una plausibile, forse rassicurante, "narrazione del Sé" che ridia "senso" a posteriori agli eventi di cui è stata costellata la nostra vicenda personale e allontanino l'incombere della morte, che rimane comunque inesorabile sullo sfondo della nostra consapevolezza, irriducibile, indecifrabile, eterna.
Il 29 ottobre 2019 Internet ha compiuto cinquanta anni. Cinquanta anni densi di profondi cambiamenti, tecnologici, economici, sociali, nell'arco dei quali molti muri, reali o metaforici, sono stati abbattuti. La società interconnessa è oggi stimolata da una maggiore opportunità di partecipazione su più fronti della vita sociale, nel momento in cui ogni individuo può curare le proprie identità e relazioni anche all'interno di spazi virtuali. Le pratiche di acquisto e di consumo continuano a inscriversi tra le dimensioni dell'espressione simbolica, divenendo ancor più veicolo di comunicazione delle diversità e del-le appartenenze. Lungo questi cinquanta anni si è assistito alla nascita di una nuova consapevolezza insinuatasi nella coscienza di un consumatore sempre più empowered. La centralità che assume il prosumer nell'era digitale dell'intelligenza collettiva è stata annunciata a gran voce in molteplici circostanze, talvolta a ragion veduta, talaltra con qualche riserva di interpretazione. Un'occasione fra le più emblematiche è stata senza dubbio quella in cui la copertina del Time del 2006 ha decretato "You" persona dell'anno, aggiungendo: «Yes, you. You control the Information Age. Welcome to your world». La proliferazione di innumerevoli forme di produzione "dal basso" non ha fatto altro che accelerare un processo di progressiva ricalibratura degli equilibri di potere informazionale e comunicazionale, invitando le imprese ad aprire le porte delle proprie "stanze dei bottoni", e ad avviare e coltivare un dialogo continuo con i consumatori fondato sui princìpi lungimiranti dell'apprendimento collaborativo e della co-creazione di valore. Se i mercati possono oggi es-sere considerati a buon diritto delle conversazioni, come recita la prima tesi del Cluetrain Manifesto, lo si deve indubbiamente anche a Internet e allo sviluppo del Web 2.0. La capacità di aggregazione sociale sviluppatasi per mezzo di queste tecnologie risulta, infatti, una valida alternativa ai modi tradizionali con cui si contrasta una minacciosa deriva individualistica. I social network, le community online, le tribù di consumo, i sistemi di recensioni, sono solo alcuni esempi che dimostrano quanto la Rete sia terreno fertile per la predisposizione di scambi di valore tra persone, non soltanto di natura transazionale. Rispetto a ciò, l'impresa ha il compito di rimodulare le proprie politiche e strategie di (inter)azione, ponendo una volta per tutte il fattore umano al centro della propria visione. La ricerca proattiva di nuove opportunità di crescita tramite la ridefinizione di modelli di business superati è alla base di una concezione dinamica del fare impresa, una concezione riformista che, se perseguita, può condurre l'imprenditore verso il successo di domani. Lo stesso Schumpeter ne esaltava in questi termini la potenza creatrice, sottolineando il ruolo attivo-interpretativo dell'uomo d'impresa visionario (che quando smette di rincorrere l'innovazione diventa mero gestore). L'odierna partita tra miopia e lungimiranza si gioca principalmente sull'abilità delle imprese di promuovere e assecondare la co-evoluzione di domanda e offerta, nonché sulla capacità di scorgere gli innumerevoli vantaggi di una più evidente prossimità di intenti fra le parti. Partendo da queste premesse, nel presente lavoro ci si chiede quanto sia matura questa concezione inclusiva dello scambio volta alla mutua soddisfazione delle parti, e quali siano i segnali evidenti di questa consapevolezza reciproca. Ancora, come può il consumatore attivo in-scriversi puntualmente nelle dinamiche di partecipazione e co-creazione di valore e beneficiare di accurati processi di decision-making facilitati dalla "saggezza della folla"? Come cambia il customer journey di fronte alle molteplici rotte dell'omnicanalità? Come può l'impresa avvalersi di una nuova sintonia con il consumatore per accrescere la sua capacità di innovazione e di fine tuning? In quali casi si riesce a giungere alla capitalizzazione di strategie win-win? Quali sono i principali ostacoli e le sfide manageriali che le imprese devono affronta-re per collocarsi sapientemente nei fiorenti mercati dell'e-commerce? Quali sono i possibili re-troscena di un cyberspazio che si vuole democratico? La maturità dei tempi di rilevazione e la rilevanza dei fenomeni in parola sono giustificate dall'interpretazione di fonti secondarie che restituiscono una condizione di particolare fermento sociale nel processo di crescente appropriazione (consapevole) di quegli spazi virtuali che oggigiorno arricchiscono la dieta mediale del fruitore (oggi creatore e consumatore) medio. In-fatti, stando ad alcuni fra gli ultimi dati disponibili, tra nuove pratiche d'uso e una ridefinizione di vecchi concetti legati al digital divide, gli utenti della Rete sono oggi oltre 4,3 miliardi, con un tasso di penetrazione del 56% (dato che si attesta attorno al 90% nelle regioni occidentali) e un tasso di crescita annuale pari all'8,2%. Ulteriori trend particolarmente significativi riguardano l'utilizzo di connessioni da mobile e la diffusione dei social media latamente intesi. Gli scambi di natura commerciale in ambito globale costituiscono un giro d'affari pari a 3,5 migliaia di miliardi di dollari (2019), destinati a diventare circa 4,9 entro il 2021. Focalizzando l'attenzione sul contesto italiano, si parla di 54,8 milioni di netizen (pari al 92% della popolazione), con una crescita annuale del 27%. Il 75% di loro ha acquistato prodotti o servizi online, un dato che lievita a circa il 90% se si considerano anche coloro i quali si sono serviti della Rete anche solo come supporto alla scelta e alla raccolta di informazioni. Nel complesso, il volume d'affari generato dagli utenti italiani è pari a 41,5 miliardi di euro (2018, +18% rispetto al 2017). Per approfondire alcuni aspetti legati all'influenza del framing della Rete nell'orientamento di atteggiamenti e comportamenti, si è scelto di avviare una web survey sulle «pratiche di acquisto online e sistemi di recensioni». La somministrazione del questionario ha permesso di raggiungere un campione di 1.157 intervistati. Tra questi, il 90,7% ha dichiarato di effettuare acquisti online ogni mese (con le dovute differenze che intercorrono in un continuum tra utenti sporadici e frequentatori assidui). Dopo uno sguardo più analitico alle specifiche settoriali che animano con diversa intensità la dimensione legata alle abitudini di acquisto e consumo nazionali, si è proceduto a raccoglie-re le dichiarazioni attorno al mondo dei sistemi di recensioni, alla loro utilità, al loro peso nelle scelte individuali, ecc. Infine, con un maggior grado di sintesi rispetto ai singoli aspetti indagati, attraverso una cluster analysis su base fattoriale è stato possibile identificare cinque differenti profili: tecno-entusiasti della fisica sociale (35,3%), eterodiretti per tradizione (21%), autodiretti (18,2%), pragmatici del risparmio (15,8%) ed esclusi (9,7%). Un ulteriore livello di analisi è stato predisposto per l'osservazione diretta (non mediata da dichiarazioni soggettive, passibili di «desiderabilità sociale» e/o altre distorsioni tipiche di al-cune tecniche e strumenti metodologici) delle principali dinamiche soggiacenti l'aggregazione di comportamenti individuali nei sistemi di recensioni. Il fine ultimo è stato verificare l'ipotesi di un "comportamento vettoriale" specifico, potendo individuare una direzione, un'intensità e un verso di tale aggregazione. Nel fare ciò si è scelto di registrare la variazione (ai tempi t0, t1 e t2, relativi rispettivamente al 10 dicembre 2018, al 10 febbraio 2019 e al 10 aprile 2019) del punteggio medio e del numero di recensioni di 444 annunci di prodotti/servizi afferenti ai tre casi studio Amazon, Airbnb e TheFork. Tra i risultati emersi vi è la constatazione di un effetto San Matteo (Matthew effect), qui interpretato come una spirale del consenso, che presenta un moto inerziale specifico, in grado di riprodurre e mantenere costanti con una certa dose di fedeltà le proprietà che regolano l'andamento del fenomeno aggregativo nel tempo. Ciò sembra confermare la rilevanza dei circuiti comunicativo-informazionali peer-to-peer dell'intelligenza collettiva (una rilevanza assolutamente valida anche per il mondo della produzione), creando al contempo nuovi interrogativi sulla natura e sulla "bontà" dei processi decisionali degli individui (e delle imprese), in una prospettiva ancora più evidente di co-costruzione del senso comune.
Introduzione Quando il desiderio di sentirsi utili diventa un'aspirazione incontenibile e quando questa si condivide con altri, avviene che le risposte ai bisogni generino vere e proprie opere, associazioni, organizzazioni di volontariato, dei tipi più vari e nei luoghi più disparati del mondo, ma avendo all'origine una simile esperienza di gratuità. E tuttavia, la gratuità non è solo al principio di un'opera ma è ciò che continuamente la genera. Guardando i volontari, ciò che continua a sorprendere non è solo ciò che fanno – soccorrere i poveri, assistere i malati, rivendicare i diritti civili, valorizzare il patrimonio culturale e artistico di un territorio, ecc. – ma l'ideale che comunicano in ciò che fanno. Non si vuol dire che sono indifferenti le azioni che compiono, ma che da queste traspare la possibilità di un bene più grande di quelle stesse azioni, tanto per chi aiuta quanto per chi è aiutato, tanto per chi difende quanto per chi è difeso. Le risposte sono inevitabilmente limitate – è un'evidenza feroce nei tempi di crisi economica e nei paesi in via di sviluppo – eppure accade che, attraverso di esse, la comunicazione di quel bene permetta a uomini, donne, ragazzi, bambini in stato di bisogno di accorgersi di qualcosa di illimitato, vale a dire del loro valore, dato dal solo fatto che ci sono. Quando una persona si accorge di essere un tale valore, pur non eliminando la fatica della vita, non c'è crisi che tenga. È per questo che, vivendo pubblicamente la gratuità, i volontari incidono profondamente nella storia, nella cultura e nello sviluppo sociale ed economico di un paese. Eppure, l'evidenza di questo fatto, vale a dire di questa incidenza del volontariato, è oggi una grande novità. Non sono certo una novità le opere – la nostra civiltà sarebbe impensabile senza le opere di gratuità che l'hanno costruita – ma lo è il fatto che a queste bisogna guardare, che queste bisogna sostenere, se si vuole, innanzitutto, accettare la sfida di un nuovo welfare e in generale non restare bloccati nei meccanismi della crisi economica. La decadenza del tradizionale sistema di welfare è irreversibile e non riguarda solo l'Italia ma tocca anche i paesi dell'Europa che vantano gli Stati assistenziali più avanzati. Il Terzo settore è un cantiere di idee innovative. Indica uno spazio alternativo di risposta ai bisogni e di costruzione del bene comune che si colloca tra i due ambiti tradizionali, Stato e mercato, ed anzi segna più di ogni altra realtà la rottura di quella che si è creduta essere una simmetria esatta. Ci sono numerosi esempi di un miglioramento dei servizi pubblici in realtà che non appartengono ad una delle due alternative e che hanno al loro interno una forte, se non totale, componente volontaria. Nelle realtà come quelle del volontariato in cui è forte la motivazione ideale, il servizio prestato diviene più di una semplice risposta al bisogno. Diviene l'occasione dell'instaurarsi di relazioni attente e appassionate tra le persone. Si potrebbe dire, anzi, che in questo modo i servizi prestati cominciano ad adombrare la vera risposta di cui i "destinatari" hanno bisogno. In Italia vi è una gran quantità di casi in cui servizi pubblici offerti da associazioni del Terzo settore si sono qualificati al punto da raggiungere livelli che il pubblico non ha mai conosciuto. Lavorando gratuitamente al servizio di una organizzazione ormai da tre anni ho maturato la consapevolezza che la capacità di proposta culturale, sociale e anche politica delle associazioni è tutta racchiusa nell'esperienza di gratuità che queste vivono, nelle relazioni che sono in grado di stabilire prima al loro interno, poi con altre associazioni, con enti pubblici e privati e la cittadinanza tutta. Una consapevolezza che è il frutto dell'osservazione attenta e disincantata del territorio che ogni organizzazione serve, sostenendo il volontariato. Un territorio (il mio preso ad esempio, ma che vale per tutta l'Italia) pieno di contraddizioni ma che porta i segni, dove c'è un'esperienza di gratuità vissuta, di un cambiamento, nel senso di una rinascita di persone e di pezzi di realtà che sembravano dimenticati o perduti. Ma, se il volontariato comincia e permane con, e grazie, a delle persone. La ricerca che presento nasce dal desiderio di scoprire l'identità del volontario, di tracciarne il profilo. Quali bisogni incontra sul territorio, a quali di essi preferisce rispondere, in che modo si organizza per farlo, quali opere realizza; ma anche quanti anni ha, se è uomo o donna, giovane, maturo o anziano, se lavora, e se il suo desiderio di vivere l'esperienza associativa dura nel tempo o decade. Il volontariato e in particolare il mondo del Servizio Civile sta cambiando, perché sono cambiate le sfide che gli vengono poste. Si è già detto della sua capacità di rispondere ai bisogni, vecchi e nuovi, in maniera sempre più qualificata. La domanda che attraversa la ricerca è se si può cambiare senza perdere la propria identità; se il volontariato può cambiare senza perdere il suo principio culturale, cioè senza perdere la dimensione gratuita dell'esperienza che genera solidarietà e se il lavoro prestato può essere l'imput giusto al cambiamento di una società in crisi, sia a livello nazionale che internazionale. Da qui, è nata per me l'esigenza di legare la riflessione sul volontariato locale ad una più ampia riflessione sulle esperienze di volontariato sia nazionali che europee. La ricerca è diventata così un percorso di scoperta di tali esperienze, da un punto di vista storico, culturale, ma anche statistico. L'idea di questa tesi è nata quasi per caso, ADOC (Associazione Difesa e Ortientamento Consumatori) mi ha offerto la possibilità di seguire il corso da Progettista per il Servizio Civile in collaborazione con AMESCI nell'aprile scorso, pochi giorni dopo aver sostenuto gli esami del "Ciclo di Progetto" e "Legislazione del Terzo Settore". Un'esperienza che mi ha dato la possibilità di mettere in pratica quello che avevo appena studiato. Durante il corso, vedendo le persone e gli enti coinvolti mi sono meravigliata di quanto lavoro ci fosse alle spalle di un bando come quello per l'accreditamento di un Ente per il Servizio Civile. Così, unendo anche la mia esperienza da giornalista, maturata alla triennale nell'Ateneo parmense, ho voluto indagare sulle motivazioni che spingono i ragazzi al Servizio Civile, attraverso un questionario che ho distribuito a diversi volontari partecipanti a progetti già avviati nel mio territorio e ad altri che hanno scelto di prestare Servizio Civile in alternativa alla leva militare. La tesi è dunque suddivisa in otto capitoli secondo un'analisi che parte da una visione del volontariato a livello macro (Europa nel complesso) fino a giungere ad una visione micro (un caso personale). Nel secondo capitolo illustro il volontariato attivo a livello internazionale con particolare riferimento a quello organizzato in Europa, riportando come esempi l'esperienza dello SVE (Servizio Volontario Europeo) istituito dal Parlamento Europeo nel 2006 all'interno del Programma Gioventù in Azione; dello SCI (Servizio Civile Internazionale), un'organizzazione di volontariato fondata nel 1920 da Pierre Ceresole ed il progetto "EUROPEAN CIVIC SERVICE: A COMMON AMICUS" approvato dalla Commissione Europea e dall'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile italiano nel 2008 quale tentativo per la creazione di un unico modello di Servizio Civile europeo. Nel terzo capitolo, rimanendo sempre in ambito europeo, ho messo a confronto diverse tipologie di Servizio Civile scegliendo a campione cinque nazioni quali: Armenia, Grecia, Lussemburgo,Repubblica Ceca e Svizzera. La scelta di questi Stati non è casuale: risponde all'esigenza di mostrare come le differenti storie politico-sociali di essi hanno dato origine anche a diversi approcci e metodi di interpretazione del volontariato, in particolare del concetto di Servizio Civile. Ho dunque optato per analizzare stati di antica, media e nuova appartenenza europea ed altresì uno Stato neutrale come la Svizzera che viene comunemente considerata come modello da seguire. Nel capitolo seguente ho proseguito con un'analisi storica degli aspetti sociali, politici e culturali che hanno portato all'istituzione, nel nostro Paese, del Servizio Civile Nazionale, soffermandomi soprattutto sulle questioni legislative degli ultimi decenni. Negli ultimi due capitoli, la tesi ha preso poi un risvolto "pratico", nel quinto paragrafo racconto l'indagine svolta fra un campione di 93 candidati ai quali ho somministrato un questionario incentrato principalmente sull'attività in svolgimento e sulle reali motivazioni che hanno portato a tale scelta; un test che mi permesso, quindi, di capire il perché si vuole fare del volontariato e quali sono i limiti, ma anche i pregi, di tale attività. Nell'ultimo capitolo infine, ho raccontato, attraverso un'esperienza personale, l'altra faccia del volontariato, dalla parte cioè di chi si adopera ( nel caso specifico del Servizio Civile) per rendere possibile queste attività, ovvero i progettisti. Ho descritto pertanto passo passo come è avvenuta la realizzazione del progetto "RUMORE ROSA" per l'attivazione di uno sportello presso la sede nazionale dell'ADOC (Associazione Difesa e Orientamento Consumatori) rivolto alle donne vittime di violenza nel quale inserire cinque volontari che si dovranno occupare: dell'accoglienza delle vittime ed essere per loro un punto di ascolto; dei rapporti con altre realtà associative che operano nel solito contesto; contatto con le Istituzioni e partecipazione ai tavoli rotondi per la redazione di materiale informativo e la programmazione di eventi specifici. Traendo le conclusioni, nonostante l'estrema eterogeneità riscontrata non solo in un ampio spettro come quello europeo, ma anche a livello locale (all'interno magari della stessa realtà cittadina), il filo conduttore che unisce i differenti modi di interpretare il concetto di "fare volontariato" rimane l'opportunità di sentirsi utile verso gli altri, riscoprendo i valori di solidarietà sociale, i quali i più delle volte, emergono in fase di svolgimento dell'attività stessa. E' dunque un arricchimento del proprio bagaglio culturale, un passepartout verso nuovi orizzonti che non conoscono crisi ma anzi generano un vero e proprio arricchimento personale.